comunismo
La costruzione di una società di eguali
Il comunismo è la dottrina che teorizza la necessità di porre fine alla proprietà privata dei mezzi di produzione e di introdurre la proprietà collettiva, al fine di costituire una società di eguali, liberata dai conflitti politici e sociali e dalle guerre tra gli Stati. Il comunismo è anche il movimento internazionale che si è posto, finora senza successo, l'obiettivo di attuare questo tipo di società. Nel corso del Novecento, dopo la Rivoluzione russa nel 1917, i comunisti sono andati al potere in una serie di paesi
Tracce di comunismo nell'antichità si trovano in Cina, con l'idealizzazione di una mitica età dell'oro, in cui tutto era in comune e l'umanità felice; e nella Grecia classica, dove Platone (4° secolo a.C.) nella Repubblica auspicò una società in cui i governanti e i guerrieri, per poter essere liberi da interessi privati, avessero in comune i beni e le donne. Anche la setta ebraica degli Esseni (2° secolo a.C.-1° secolo d.C.) patrocinava la comunione dei beni.
Nel cristianesimo delle origini vi era una corrente radicale, la quale affermava che l'unione dei credenti richiedeva la condivisione paritaria della ricchezza prodotta. Sant'Ambrogio sostenne che la proprietà era usurpazione.
Nella tarda antichità e nel Medioevo fecero periodicamente la loro comparsa movimenti popolari ed esponenti religiosi, i quali predicavano l'avvento di un 'millennio' (millenarismo) che avrebbe visto il trionfo del bene sul male generato dalla divisione tra ricchi e poveri.
Nella prima metà del 15° secolo i taboriti fondarono nella Boemia settentrionale, in una città da essi denominata Tabor da un monte della Galilea, una 'nuova Gerusalemme' su base comunista. Nel corso della Riforma protestante nella prima metà del Cinquecento correnti del protestantesimo presero a predicare che il vero cristianesimo comportava il possesso collettivo dei beni. Tali furono quella guidata da Thomas Münzer in Germania nel corso della guerra dei contadini (1524-26) e il movimento degli anabattisti (così chiamati perché sostenevano il battesimo degli adulti), i quali crearono nel 1534 una repubblica teocratica comunista a Münster.
Nel Seicento in Paraguay i gesuiti, desiderosi di sottrarre alla schiavitù gli Indios, diedero vita a uno Stato comunista. Tutte queste comunità furono distrutte con la violenza.
I primi grandi teorici comunisti furono l'inglese Tommaso Moro (vissuto tra la fine del 15° secolo e i primi decenni del 16°) e il calabrese Tommaso Campanella (vissuto un secolo dopo). Moro, reagendo alla dilagante miseria, delineò nel saggio del 1516 Utopia (che significa "senza luogo") una società quale non si era ancora mai vista, organizzata sulla base di un progetto teso ad assicurare la pubblica felicità mediante l'uso dei beni in comune. Nell'isola di Utopia tutti lavorano e dividono con equità i prodotti della terra, consumando insieme i loro pasti.
E Campanella in La città del sole (1602) immaginò una società teocratica, dove non esisteva la proprietà privata, guidata da una minoranza di sapienti.
Nel corso della Rivoluzione inglese, intorno alla metà del 17° secolo, emerse un movimento i cui componenti rivendicavano il diritto dei poveri di impadronirsi della terra e di zapparla in comune (di qui il nome di "zappatori").
In Francia, durante la Rivoluzione, il comunismo trovò espressione nelle teorie e nell'azione di François-Noël Babeuf, soprannominato Gracchus (18° secolo), il quale propagandò l'introduzione del comunismo nelle campagne e nell'industria artigianale. Babeuf e i suoi seguaci sostennero nel Manifesto degli eguali la necessità di fare, dopo la rivoluzione del Terzo stato (la borghesia), quella del Quarto stato, formato dai lavoratori e dai poveri, il quale, per vincere le resistenze delle classi privilegiate, avrebbe dovuto stabilire la propria dittatura.
Nella prima metà del 19° secolo la diffusione della rivoluzione industriale, con la formazione delle grandi masse operaie, diede impulso al socialismo, il quale si pose il compito di farsi carico della questione sociale e di fondare una società liberata dal dominio dei capitalisti, e al comunismo, che ne era la corrente più radicale. Personalità come Claude-Henri de Saint-Simon, Robert Owen, Charles Fourier, Louis Blanc elaborarono vari progetti di riforma sociale pacifica, mentre Louis-Auguste Blanqui sostenne che bisognasse seguire la via della cospirazione e della dittatura del proletariato.
Il comunismo contemporaneo ha avuto inizio con il pensiero dei tedeschi Karl Marx e Friedrich Engels (nato nel 1820 e morto nel 1895), dai quali derivò il marxismo. I maggiori testi marxisti sono Il Manifesto dei comunisti (1848), scritto da entrambi, e Il capitale (1867), di cui fu autore Marx. Essi, che consideravano i loro predecessori degli utopisti e loro stessi dei comunisti scientifici, sostennero che lo sviluppo del capitalismo avrebbe portato inevitabilmente al trionfo del comunismo in tutto il mondo, passando attraverso una rivoluzione fatta dagli operai (e guidata dai comunisti) e la dittatura del proletariato.
Marx ed Engels avevano pensato che la rivoluzione comunista sarebbe partita dai paesi capitalistici avanzati. Invece essa ebbe successo la prima volta nell'ottobre 1917 nella arretrata Russia, sotto la guida di Vladimir Il´ič Ul´janov, detto Lenin, il capo del partito bolscevico. Giunti al potere, i bolscevichi stabilirono la dittatura non già della classe proletaria, ma del loro partito. Essi, dopo aver invano sperato che la rivoluzione si diffondesse in Europa, consolidarono il nuovo Stato, l'Unione Sovietica, schiacciando i loro nemici.
Morto Lenin, salì al potere Iosif V. Džugašvili, detto Stalin, che, posta l'intera economia nelle mani dello Stato, nel corso degli anni Trenta rafforzò il paese creando un forte apparato industriale. La proprietà privata era stata abolita, ma quella sovietica non era affatto una società di eguali, bensì un sistema dominato dal solo partito comunista e da Stalin, un dittatore che usò la violenza terroristica per imporre il suo potere assoluto. I più grandi successi di Stalin furono la vittoria contro la Germania nazista nella Seconda guerra mondiale (1941-45), l'ascesa dell'Unione Sovietica al rango di superpotenza e l'estensione del comunismo nell'Europa orientale. Dopo la sua morte nel 1953, il sistema da lui creato non subì modifiche sostanziali, anche dopo che Nikita S. Chruščëv ebbe denunciato i crimini del dittatore. Nel periodo del dominio di Leonid I. Brežnev l'Unione Sovietica raggiunse la massima potenza militare, ma iniziò il declino della sua economia, incapace di ulteriori sviluppi.
Nel 1985 divenne segretario generale del Partito comunista Michail S. Gorbačëv, che tentò vanamente di rinnovare il sistema, il quale però subì una crescente crisi che infine determinò nel 1989 il crollo dei regimi dell'Europa orientale e nel 1991 la dissoluzione della stessa Unione Sovietica.
Dopo il 1945 i comunisti salirono al potere anche in Cina, nella Corea del Nord, in Vietnam, in Cambogia e a Cuba, paese dove dal 1959 è al potere Fidel Castro.
La Rivoluzione cinese fu guidata da Mao Zedong, che, conquistato il potere nel 1949, iniziò la modernizzazione del paese attraverso periodiche ondate di violenza, l'ultima delle quali fu la 'rivoluzione culturale' (1966-73), volta a sradicare le influenze della vecchia mentalità. Morto Mao, salì al potere nel 1978 Deng Xiaoping, il quale iniziò un corso di riforme, che ha avuto quale esito di porre fine all'estremismo e di inserire la Cina nel mercato internazionale.
Nel 1919 i bolscevichi avevano dato vita alla Terza internazionale, l'organizzazione che raccoglieva i partiti comunisti del mondo, con l'intento primario di favorire la presa del potere nei paesi capitalistici; ma in nessun paese dell'Occidente essi hanno conseguito il loro scopo.