Perdita spontanea o sottrazione forzata di acqua da un corpo. Se l’acqua contenuta nel corpo è di impregnamento la d. non altera la struttura molecolare del corpo: più propriamente si dovrebbe parlare in questo caso di essiccamento , ma i due termini sono spesso usati come sinonimi. Se l’acqua è di costituzione, la molecola del corpo subisce una trasformazione (per es., dal solfato di rame pentaidrato si ottiene per d. quello triidrato, da un alcol si ottiene una olefina ecc.). Se l’eliminazione dell’acqua avviene da solventi liquidi, la d. è detta anche anidrificazione. La d. è spontanea (e in tal caso il corpo si dice efflorescente) quando il composto ha alla temperatura ambiente una tensione di vapore superiore alla pressione parziale del vapor d’acqua contenuto nell’aria circostante.
In chimica organica, la d. è l’eliminazione da un composto degli elementi di una molecola d’acqua, utilizzata per preparare composti insaturi o ciclici: dalla d. degli alcoli si ottengono gli alcheni, da quella degli aldoli i composti carbonilici insaturi; dalla d. dei γ-ossiacidi si preparano i lattoni, dagli α-ossiacidi i lattidi ecc. La reazione è largamente applicata nell’industria chimica: così, per d. dell’acido acetico si ottiene chetene e anidride acetica, dalla cianidrina etilenica l’acrilonitrile ecc.
Condizione morbosa in cui l’introduzione di liquidi è inferiore alla perdita di acqua. Di rilievo sono la d. provocata da vomito e diarrea e la d. del lattante. Quest’ultima si osserva nel decorso dei gravi disturbi gastro-enterici e si manifesta con secchezza della cute, aridità delle mucose, depressione della grande fontanella, stato tossico. Il trattamento è basato, tra l’altro, sulla somministrazione di soluzioni di cloruro di sodio (per via orale o fleboclisi).
La d. forzata si effettua con procedimenti diversi: per semplice riscaldamento, per evaporazione sotto vuoto, o per trattamento con disidratanti in appositi disidratatori. Nell’industria i disidratatori sono per lo più costituiti da torri verticali contenenti un agente disidratante, insolubile in acqua, in forma granulare; le torri vengono fatte attraversare dal fluido, il quale, cedendo al disidratante l’umidità che contiene, esce anidro o quasi anidro dalla torre. Il disidratante, quando non è più in grado di trattenere altra acqua, può essere rigenerato, per es. facendo attraversare la torre da gas caldi che asportano l’acqua trattenuta dal disidratante. Nelle operazioni di d. è necessario tenere conto delle caratteristiche chimiche del disidratante e del materiale da disidratare: così un disidratante acido non è compatibile con un materiale dotato di proprietà basiche, analogamente occorre tener conto della possibilità di formazione di composti.
Nell’industria agroalimentare, i disidratatori sono impiegati per eliminare l’acqua dai vegetali o dai sottoprodotti con elevato contenuto iniziale di umidità (70-90%) in tempi brevi (talvolta pochi secondi). Sono in genere costituiti da cilindri rotanti ove il prodotto viene mantenuto in letto fluido con aria molto calda (anche 700-800 °C).