Titolo accademico che si acquisisce con la laurea ovvero dopo la frequenza di corsi superiori, o post-laurea, di formazione scientifica. In questo secondo caso assume la denominazione di d. di ricerca in Italia (doctorat d’état in Francia, doctor of philosophy in Inghilterra ecc.). Di norma, il d. non abilita all’esercizio delle professioni.
Il d. di ricerca è stato introdotto dalla l. 28/21 febbraio 1980. Il regolamento sull’autonomia didattica degli atenei (emanato dal ministro della Università e Ricerca scientifica e tecnologica, con d.m. 509/3 novembre 1999) prevede che per essere ammesso a un corso di d. di ricerca occorra essere in possesso della laurea specialistica (LS). Il d.p.r. 387/3 ottobre 1997 disciplina le procedure per il conseguimento del titolo, così come la l. 210/3 luglio 1998. Secondo tali previsioni normative le università, con proprio regolamento, disciplinano l’istituzione dei corsi di d., le modalità di accesso e di conseguimento del titolo, gli obiettivi formativi e il relativo programma di studi, la durata, il contributo per l’accesso e la frequenza, le modalità di conferimento e l’importo delle borse di studio. I corsi si propongono l’obiettivo di fornire le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione, anche in convenzione con soggetti pubblici e privati in possesso di requisiti di elevata qualificazione scientifica e di strutture idonee. Le università, da parte loro, possono affidare ai dottorandi una limitata attività didattica sussidiaria o integrativa che, in ogni caso, non deve compromettere l’attività di formazione alla ricerca dei dottorandi stessi. Detta collaborazione didattica è facoltativa, senza oneri per il bilancio dello Stato e non dà luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli delle università.