ETIOPIA
Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Bibliografia. Webgrafia. Architettura
Demografia e geografia economica di Matteo Marconi. – Stato interno dell’Africa orientale. La popolazione stimata, secondo UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs), ammonta a 96.506.031 ab. (2014), in netto aumento rispetto ai censimenti ufficiali del 2007 (73.918.505 ab.) e del 1994 (53.477.265 ab.). La crescita esponenziale è motivata da un altissimo tasso di fertilità, pari a 5,23 figli per donna. L’età media è bassissima (17,6 anni) dato che il 90% della popolazione è compreso tra 0 e 54 anni e ben il 44,2% non ha più di 14 anni. L’aumento degli investimenti nella sanità (dal 3% del 2005 al 5,1% nel 2013) ha permesso di diminuire la mortalità infantile, tanto che la speranza di vita è cresciuta da 49 anni del 2006 a 63,6 del 2013. Molto bassa la percentuale di etiopi che vive in città, circa il 17%. Addis Abeba è di gran lunga la città più popolata (3.194.999 ab.). L’accesso all’acqua è nettamente differenziato, sulla base del contesto geografico: in città la disponibilità è praticamente universale, mentre nelle campagne il 60% della popolazione ha notevoli difficoltà a usufruirne. L’accesso alle cure di base, invece, è difficile su tutto il territorio, con ben il 76,4% degli etiopi scarsamente o per nulla coperto. Molto diffuso è il virus dell’HIV (Human Immunodeficiency Virus), che colpisce circa 758.600 etiopi e pone il Paese tra i primi 15 al mondo per numero di infetti. La sottoalimentazione colpisce il 29,2% dei bambini fino a cinque anni, mentre è diffusissimo l’analfabetismo, con appena il 39% della popolazione in grado di leggere e scrivere.
Condizioni economiche. – Tra il 2006 e il 2014 il PIL etiope è più che raddoppiato, però il reddito disponibile pro capite rimane comunque ridottissimo, 543 dollari. La maggior parte della forza lavoro è impiegata nel settore primario e si dedica principalmente a un’agricoltura di sussistenza. Lo sforzo del governo nel primo decennio del 21° sec. è stato volto a uno sviluppo industriale dell’agricoltura, anche affittando vaste proprietà a società straniere. Il risultato è stato positivo in termini di produzione, che è aumentata del 50% per i principali cereali destinati all’alimentazione interna, come frumento, sorgo, mais e miglio e di circa il 20% per l’allevamento dei bovini. Stabile è la produzione del caffè, che rappresenta la principale voce dell’export e pone l’E. tra i primi dieci produttori al mondo, anche se non ai primi posti. Risultano ancora poco sfruttate le risorse minerarie. Le principali esportazioni sono quasi tutte riferite al settore primario e compongono una bilancia commerciale con saldo negativo, oltretutto calmierato dalle rimesse degli emigrati. Il 26% delle transazioni economiche si svolge con la Cina, che è il principale partner commerciale dell’Etiopia. Il rapporto preferenziale sviluppato con la Cina è uno dei segnali più forti della penetrazione cinese in Africa. I cinesi stanno fornendo la tecnologia e finanziando la costruzione di una grande diga sul Nilo Azzurro, che ha creato tensioni con l’Egitto per la prevista diminuzione della portata del fiume. A lavori completati la diga permetterà di alimentare la più potente centrale idroelettrica del continente, con una capacità di 6000 megawatt.
Storia di Emma Ansovini. – Dopo le elezioni politiche del 2005, il cui svolgimento era stato contestato dalle opposizioni e da diversi organismi internazionali, il crescente controllo sull’apparato statale e sulla società da parte del partito al potere finì per delineare un sistema che, al di là del decentramento federalista e delle consultazioni elettorali, aveva i caratteri dello Stato a partito unico senza alcuna reale apertura al multipartitismo. Non a caso nelle elezioni politiche del 2010 il Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiopico (FDRPE), guidato da Meles Zenawi, ottenne 499 seggi su 547. Il modello federalista, nell’ampliare le basi di consenso attraverso la cooptazione di nuove élites locali, non aveva alterato una politica di governo autoritaria e repressiva. La pressoché totale occupazione dello spazio pubblico da parte del FDRPE era resa possibile da una capillare presenza sul territorio, attuata soprattutto grazie al sistema delle kebele, cellule base delle amministrazioni locali, unità amministrative molto piccole, attraverso le quali venivano erogati i servizi sociali e assicurato l’accesso alla scuola, alla sanità o all’usufrutto della terra. Un potente strumento di controllo e di costruzione del consenso che non prevedeva né partecipazione né livelli effettivi di autonomia. Le tensioni sociali e soprattutto etniche, in particolare la questione degli Oromo, non riuscirono a trovare espressione politica e spesso si tradussero in scoppi di violenza o in azioni armate. Zenawi si servì di questa centralizzazione autocratica per avviare una profonda trasformazione del Paese anche dal punto di vista economico, facendo dell’intervento pubblico il volano dello sviluppo e ottenendo notevoli tassi di crescita. La Cina divenne il principale investitore nei grandi progetti infrastrutturali ed energetici, ma cominciò ad avviare in E. anche produzioni a basso costo, sfruttando livelli salariali inferiori a quelli cinesi. Ai buoni rapporti con la Cina si affiancarono rapporti altrettanto buoni con gli Stati Uniti, che videro nell’E. un fondamentale punto di riferimento della strategia contro il terrorismo. A questo obiettivo si legò l’intervento in Somalia dell’esercito etiope, nel dicembre 2006 (la missione terminò nel gennaio 2009), contro il nascente governo dell’Unione delle corti islamiche di Mogadiscio e di nuovo, nel 2011, contro le milizie degli al-Shabaab. La politica estera, con un attivo impegno nelle vicende regionali, apparve come uno dei successi più importanti della strategia complessiva di Zenawi e finì per oscurare le gravi accuse di violazione dei diritti umani e delle libertà civili. Sempre critici rimasero invece i rapporti con l’Eritrea, soprattutto dopo la conclusione fallimentare della missione internazionale (2008), e si moltiplicarono le accuse reciproche di violazione dei confini (2012, 2013). La morte di Zenawi (ag. 2012), dopo una breve malattia, privò il Paese del leader che lo aveva guidato dal 1991, ma non sembrò aprire una difficile transizione, sia pure in assenza di una figura di riferimento altrettanto forte. Il vice primo ministro e ministro degli Esteri, Hailemariam Desalegn, divenne premier. La linea del nuovo governo si pose in continuità con quella del governo che l’aveva preceduto sia per la gestione del potere – manifestazioni studentesche in difesa dell’etnia Oromo furono duramente represse nel maggio 2014 – sia per il ruolo di riferimento regionale nella lotta contro il terrorismo islamico (nel febbraio 2014 vennero stipulati accordi di cooperazione logistico-militare con il governo somalo). Le elezioni parlamentari del maggio 2015 confermavano l’egemonia politica del FDRPE nel Paese.
Bibliografia: «Africa e affari», 2014, 7, nr. monografico: Orgoglio etiopico.
Webgrafia: M. Guglielmo, La nuova Etiopia e l’eredità di Zenawi, 2012, http://www.limesonline.com/rubrica/la-nuovaetiopia-e-leredita-di-zenawi (15 dic. 2014); Amnesty International, ‘Because I am Oromo’: sweeping repression in the Oromia region of Ethiopia, 2014, http://www.amnesty.org/en/library/info /AFR25/006/2014/en (15 dic. 2014).
Architettura. – Sensibilmente in crescita anche dal punto di vista architettonico e urbano, nei primi anni Duemila l’E. si è dotata di una serie di importanti infrastrutture. Ad Addis Abeba è in fase di realizzazione il Cargo terminal dell’aeroporto di Bole, uno dei principali scali africani, mentre una linea tramviaria metropolitana in parte sopraelevata, la cosiddetta Addis Ababa Light rail transit, è stata inaugurata nel 2015. Significativo è il rinnovato interesse per il patrimonio architettonico storico, in particolare quello risalente all’ultimo periodo imperiale: di qui i restauri del complesso di Yohannes IV (2010-14) a Macallé, costruito dall’italiano Giacomo Naretti alla fine del 19° sec. e dell’eclettico complesso imperiale di Menelìk II (201215) ad Addis Abeba. Quest’ultimo, che risale ai primi decenni del 20° sec., è ospitato all’interno di un grande parco ed è composto di circa 12 padiglioni diversi, alcuni dei quali di notevole interesse storico e architettonico. Entrambi gli interventi, ridestinati a museo, sono stati progettati da Livio Sacchi e Sandro Annibali con STAGI srl e la consulenza strutturale dello studio etiope MH Engineering. Analoghi progetti di restauro sono previsti per altre residenze imperiali ancora ad Addis Abeba, a Dire Daua e in altre località. Lo stesso studio MH Engineering si è poi di recente aggiudicato il concorso di progettazione per il nuovo stadio della capitale, in grado di ospitare 60.000 spettatori.