fenomeno
Ciò che appare e che deve essere spiegato
Una cosa che appare o si manifesta è detta fenomeno, dal greco phainòmenon, "ciò che appare", ma nel linguaggio corrente la parola ha assunto significati molto vari. Può indicare un evento naturale come un arcobaleno, un miraggio nel deserto, un fulmine, un'eclisse di Sole: in questi casi siamo spettatori passivi; ma ciò non significa che all'immagine che percepiamo corrisponda qualcosa di oggettivo. Già gli antichi Greci distinguevano ciò che gli occhi vedono dalle possibili cause o dalla realtà che nasconde. Questa distinzione è stata il punto di partenza di ricerche, esperimenti e teorie scientifiche e ha suscitato le sottili riflessioni dei filosofi
Non ci sono soltanto i fenomeni del mondo esterno classificabili, a seconda delle discipline che li studiano, in chimici, fisici, astronomici, sismici, evolutivi, clinici o patologici, e via dicendo; esistono anche i fenomeni interiori, le emozioni, i sentimenti, gli stati d'animo che si esprimono nei gesti, nel linguaggio delle parole e delle arti.
La ricerca sperimentale osserva, classifica, confronta tra loro i fenomeni fisici per spiegarli con leggi generali. Nella maggior parte dei casi li riproduce artificialmente in laboratorio con sofisticate apparecchiature ‒ dalla coltivazione di embrioni in vitro alle grandi macchine acceleratrici di particelle elementari ‒ per poterli misurare, analizzare e per studiarne le cause. Gli scienziati esaminano i fenomeni che accadono nello spazio e nel tempo, controllano se sono in accordo con le leggi già note, o formulano nuove teorie per spiegarli.
Il metodo sperimentale (esperimento) adottato dagli scienziati si è esteso anche ad alcuni fenomeni mentali. La psicologia analizza i fenomeni psicofisici; le neuroscienze studiano il cervello umano con le sue funzioni fisiologiche, chimiche, percettive e il loro rapporto con le nostre emozioni e sensazioni; la psicoanalisi presuppone che da fenomeni come i sogni o gli errori involontari del linguaggio (lapsus) o certi comportamenti morbosi si possa risalire alle malattie della psiche e risolverle.
La parola fenomeno serve anche per indicare una tendenza collettiva o storica che ci coinvolge e di cui cerchiamo di capire le ragioni: per esempio l'immigrazione dai paesi poveri verso i paesi ricchi è un fenomeno sociale; la crescita dei prezzi è un fenomeno economico; la diffusione dell'inglese o dei computer è infine un fenomeno culturale.
La coscienza umana percepisce i fenomeni naturali, e interpreta le proprie emozioni, attraverso il filtro delle credenze e in base allo sviluppo culturale raggiunto. Le popolazioni primitive a noi contemporanee interpretano tuttora i fenomeni naturali come manifestazioni di forze diffuse nella natura, anime o entità sovrannaturali nelle quali proiettano le loro emozioni (animismo). Nelle società primitive la dipendenza della vita umana dall'alternanza del giorno e della notte, dalle stagioni, dalle piogge, dalla siccità, dalle catastrofi naturali è così immediata da suscitare terrore, venerazione, culti e sacrifici per placare gli dei. Nelle religioni animistiche i riti della vegetazione, il culto del Sole, della Luna e delle costellazioni presuppongono una profonda unità tra esseri umani e natura. Di questa visione unitaria resta una traccia evidente nel folclore, nei calendari, negli oroscopi astrologici che molti consultano sulle riviste o alla televisione. Eppure le credenze astrologiche si sono fondate per secoli su precisi calcoli e tecniche di osservazione: già gli antichi astrologi egizi, cinesi e precolombiani sapevano prevedere le congiunzioni e le opposizioni dei pianeti, del Sole o della Luna sullo sfondo della fascia dello Zodiaco. Erano così in grado di fissare il calendario, anche se univano alle previsioni astronomiche la credenza superstiziosa che i fenomeni celesti fossero soggetti alle volontà benevole o malevole di dei e demoni, e così influissero direttamente sugli eventi e sul destino di ciascun uomo.
Nell'antichità un gruppo di pensatori definiti atomisti ‒ Leucippo, Democrito, Epicuro, Lucrezio ‒ si propose di eliminare le emozioni dall'osservazione dei fenomeni naturali. Essi costruirono un'immagine del mondo priva di passioni, di finalità e di potenze superiori per dissipare i terrori e acquistare la serenità dell'animo. Frantumando mentalmente le solide realtà che ci circondano, immaginarono due soli principi astratti: il vuoto e gli atomi, le più piccole particelle indivisibili di materia, di forma e peso diversi. La caduta nello spazio e gli incontri fortuiti tra le particelle danno luogo a "vortici" dai quali si sono formati i mondi, e che rappresentano le sole cause del continuo mutare dei fenomeni, da quelli astronomici, fisici, luminosi, atmosferici, fino a quelli della materia vivente e perfino al nostro pensiero. Grazie a questa ipotesi scientifica rudimentale, gli atomisti si distaccarono dalle impressioni immediate ricevute dai sensi; individuarono nei fenomeni i dati oggettivi che si manifestano al tatto e alla vista (qualità primarie), come il peso, l'estensione spaziale, la forma, e definirono invece convenzionali o soggettive (qualità secondarie) le sensazioni di colori, sapori, odori. Epicuro, nei pochi scritti rimasti, e soprattutto il suo seguace Lucrezio, nel poema Sulla natura, tentarono di spiegare tutti i fenomeni facendo ricorso agli urti degli atomi, ipotizzando cause e principi puramente meccanici. L'ipotesi apparve tanto lontana dal senso comune che il tentativo di spiegazione atomistica dei fenomeni fu messo al bando come 'empio' e assurdo.
Le teorie di Epicuro e dei suoi seguaci non ebbero fortuna. Per molti secoli, in opposizione all'atomismo, prevalse la visione di Aristotele sul mondo fisico. Per certi aspetti le sue teorie conservavano alcuni tratti della mentalità primitiva in quanto 'umanizzavano' la natura, attribuendo ai fenomeni una causa materiale, come i mattoni con cui l'architetto costruisce una casa, e una causa finale, ossia il progetto nella mente dell'artefice; la sostanza e la forma; la potenza e l'atto; diverse specie di moto. I principi della fisica di Aristotele andavano ben oltre i fenomeni percepibili; dietro a essi, il filosofo immaginava esistesse ovunque una "sostanza", e perciò la 'scienza prima' si chiamava metafisica (che significa in greco "oltre la fisica"). Nella visione di Aristotele il mondo risultava per così dire sdoppiato in sostanze vere e accidenti effimeri, o fenomeni, che Aristotele non trascurò di inserire nei suoi schemi logici. Tuttavia Aristotele si occupò ampiamente di fenomeni: studiò l'embriologia e l'anatomia comparata e classificò le specie animali. I moti apparenti della Luna, del Sole, delle costellazioni attorno all'osservatore terrestre trovarono una spiegazione plausibile nel suo sistema cosmologico, che 'salvava le apparenze' dei moti celesti supponendo la Terra ferma al centro di un Universo chiuso, limitato, eterno, e modellato a misura della mente umana.
La rivoluzione astronomica del Seicento capovolse l'assetto della macchina celeste, e impose una nuova immagine del mondo fisico. Keplero, Galilei e Newton diedero una coerenza crescente alla spiegazione dei fenomeni celesti grazie alle nuove teorie in cui considerarono la Terra in moto attorno al Sole e non ferma al centro dell'Universo come per Aristotele, riprendendo un'idea già anticipata dagli antichi pitagorici e messa a punto da Copernico.
Anche l'ipotesi atomistica sulla struttura corpuscolare della materia fu ripresa e rielaborata, e permise di interpretare in modo unitario i moti celesti e terrestri, che erano stati radicalmente distinti in categorie diverse da Aristotele. Contro il senso comune, la teoria del moto fu unificata in poche leggi, fondate sul principio d'inerzia. Secondo questo principio un corpo su cui non agiscono forze (oppure sul quale le forze agenti si equilibrano tra loro) resta fermo o continua a muoversi a velocità costante su una traiettoria rettilinea (moto rettilineo uniforme). Sebbene nessuno avesse mai visto un corpo muoversi di moto rettilineo uniforme nel vuoto, questo primo assioma del moto fu scelto da Newton come fondamento della meccanica celeste.
Anche la parola fenomeno mutò significato e incorporò le nuove teorie. Newton definì senz'altro fenomeni la caduta dei gravi, l'oscillazione dei pendoli, l'attrazione tra i corpi del sistema solare, le loro traiettorie e i moti delle comete, tutti interpretati in base all'unica legge della gravitazione universale. Così il termine, contro le apparenze e il senso comune, si caricò di significati teorici, anticipando formule, calcoli e controlli sperimentali molto complessi; e i nuovi fenomeni si imposero gradualmente, fino a creare un nuovo senso comune.
Il principio d'inerzia e la spiegazione dei fenomeni del moto secondo la fisica classica sono entrati in crisi all'inizio del Novecento. Risulta tuttora molto difficile, per il senso comune, adattarsi alla teoria della relatività di Einstein, che ha introdotto una nuova concezione dello spazio e del tempo, previsto 'deformazioni' dei corpi che si muovono a velocità prossime a quelle della luce, unificato i concetti di massa e di energia. I fenomeni relativistici, che si verificano nello spazio cosmico come tra le particelle elementari, non sono visibili né percepibili per i nostri sensi, ma si possono simulare in macchine ad altissima energia, indagare con i mezzi della radioastronomia, e se ne può variare l'interpretazione mediante modelli matematici computerizzati.
Neppure il più fantasioso dei miti primitivi, che immaginavano i fenomeni originari della creazione, è paragonabile alle ipotesi cosmologiche relativistiche che si spingono fino agli eventi più remoti dell'Universo, per ritrovare le tracce fisiche del fenomeno originario, il Big bang, la nascita dell'Universo, e studiare l'espansione continua del cosmo; oppure per formulare modelli di Universo statici, o fluttuanti, che spiegano i fenomeni secondo teorie alternative.
L'esempio della cosmologia ci insegna fino a che punto i sensi possono ingannarci, come dicevano i filosofi scettici, e conferma come la nostra percezione dei fenomeni si trasforma insieme con lo svilupparsi delle teorie che inventiamo per interpretarli.
Negli ultimi tre secoli l'analisi economica ha messo a fuoco i modi nei quali gli individui e le società soddisfano i propri bisogni materiali, tenendo conto anzitutto della 'scarsità' dei beni, dei prodotti e dei servizi più essenziali per la conservazione della vita. Produrre un bene significa disporre di risorse naturali, investirvi denaro e lavoro, che concorrono al suo prezzo; ma anche l'aria e l'acqua, risorse naturali inesauribili e non costose, tendono a diventare scarse a causa dei fenomeni di inquinamento e di crescita dei consumi. La distribuzione delle risorse naturali, il costo delle materie prime e del lavoro necessario per trasformarle, la domanda e l'offerta dei beni e dei servizi sono i fenomeni complessi sui quali gli economisti formulano teorie, ipotesi e leggi. Il prezzo del pane dipende non soltanto dalla quantità del raccolto disponibile, ma anche dalla offerta e dalla domanda del mercato, e dal gusto mutevole dei consumatori.
Domanda, offerta, prezzo, tendenze del gusto sono i dati che entrano a far parte di una curva econometrica. Questa curva mostra che i fenomeni economici tendono all'equilibrio, ma che sono soggetti a mutare nel tempo: la statica e la dinamica economiche si occupano di queste variazioni, usando gli strumenti offerti dall'osservazione empirica, dalla matematica e dalla statistica.
I filosofi hanno rinunciato alla loro antica pretesa di fabbricare fantasiose teorie sulla natura, ma non si sono rassegnati. Alla fine del Settecento Kant oppose all'empirismo matematico di Newton la sua filosofia trascendentale: relegò nelle forme spazio-temporali pure della nostra sensibilità i fenomeni della natura, li distinse dai noumeni, e tentò così di restaurare una metafisica della natura fondata sul primato della mente. All'inizio dell'Ottocento Hegel, nella Fenomenologia dello spirito, compose un grande affresco dedicato allo sviluppo della coscienza umana. Nel Novecento la fenomenologia di Husserl e dei suoi seguaci ha reagito al predominio della ricerca sperimentale, tentando di cogliere per intuizione immediata il "mondo della vita" e ponendosi il compito di una descrizione pura dei contenuti della psiche, capace di "mettere tra parentesi" l'esistenza reale delle apparenze sensibili e i loro inganni.