(gr. Γαλάται) Nome attribuito dai Greci ai Galli, poi usato dai Romani per indicare i Celti migrati in Asia Minore sul principio del 3° sec. a.C. Invasa la penisola balcanica, respinti da Delfi nel 279, l’anno seguente, chiamati da Nicomede I di Bitinia, i G. passarono l’Ellesponto: divisi nelle tre stirpi dei Tolistobogi, Trocmi, Tettosagi, si stanziarono nella zona del medio Sangario e dell’Hàlys (Galazia). Li combatterono i sovrani ellenistici Antioco I, nella ‘battaglia degli elefanti’ del 277, Attalo I e in seguito Eumene II di Pergamo (184 e 168). I Romani, per l’appoggio fornito nella prima guerra mitridatica, riconobbero l’indipendenza dei G. (85) che si dimostrarono fedeli a Roma, specie al tempo di Deiotaro, proclamato re, per la sua lealtà, da Pompeo (63). Alla morte del successore Aminta (25 a.C.), il regno costituì la provincia Galatia, che comprendeva anche Pisidia, Isauria e Licaonia.
Con l’aggiunta di altri territori (Paflagonia, Ponto Polemoniaco, Cappadocia, Armenia minore), la Galazia al tempo di Vespasiano si estendeva a quasi tutta l’Asia Minore orientale. Ridotta nei confini sotto Diocleziano, fu poi divisa in due province, la Galatia Prima con Ancira a oriente, la Galatia Salutaris con Pessinunte a occidente. Malgrado la deduzione di colonie di veterani, la romanizzazione si realizzò solo in parte: ancora nel 4° sec. d.C. i G. parlavano insieme al greco la lingua celtica e i costumi civili erano quelli originari. I G., fedeli a Roma, costituirono durante l’impero valide truppe ausiliarie. Nel 7° sec., quando all’ordinamento provinciale l’imperatore Eraclio sostituì l’organizzazione territoriale dei temi, la Galazia fu aggregata al tema degli Armeniaci.