Poeta (n. Todi - m. Collazzone 1306). È il mistico che diede alla poesia italiana le note più acute di un'esperienza religiosa vissuta nelle sue accese esaltazioni, nei suoi prorompenti entusiasmi e nelle sue tormentose nostalgie del divino. Le sue laudi, tra cui il Pianto della Madonna costituisce uno dei suoi capolavori, documentano la storia di un'anima che dal ricordo e dalla meditazione del peccato attinge le vette della sua essenza spirituale, operando secondo la volontà di Dio: ne scaturisce una poesia didascalica e morale le cui forme sono il crudo realismo che, negato spiritualmente, si afferma in rappresentazioni concrete, scabre e discordanti. Tra i suoi componimenti occorre segnalare anche la preghiera in latino Stabat mater.
Incerta la sua biografia, mista di elementi leggendari. Nato nel quarto decennio del sec. 13º, pare esercitasse la professione legale, e fosse amante dei piaceri mondani. La morte della moglie (secondo la leggenda, Vanna, figlia di Bernardino di Guidone dei conti di Coldimezzo), avvenuta durante una festa, per il crollo di una volta (1268), determinò l'improvvisa conversione del marito, che vestì l'abito dei terziarî francescani, si diede per dieci anni alla penitenza, ed entrò infine nell'ordine dei frati minori (1278). Nel contrasto tra gli spirituali e i conventuali fu coi primi, e perciò avverso a Bonifacio VIII. Fu infatti tra i firmatarî del manifesto di Lunghezza con cui si deponeva Bonifacio e si chiedeva la convocazione del concilio (10 maggio 1297). Quando il papa occupò Palestrina, fortezza dei Colonna che proteggevano gli spirituali, I., che era lì, patì la prigione a Castel S. Pietro sino alla morte di Bonifacio, da lui invano supplicato perché gli togliesse la scomunica. Benedetto XI lo liberò da questa e dalla prigionia; egli allora si ritirò nel convento di S. Lorenzo a Collazzone: dal Quattrocento è sepolto e venerato in San Fortunato a Todi.
È autore di circa 90 "laude" di argomento in vario modo religioso; di altre l'attribuzione a lui è controversa. Esse sono caratterizzate dalla violenza del sentimento, sia che egli imprechi contro la corruzione del mondo e del pontificato, sia che si auguri i più ripugnanti mali a sua mortificazione e a lode di Dio, sia che canti la vanità dei beni mondani o l'amore ardente di Gesù. In questa violenza sono i pregi e i limiti della sua poesia che raggiunge spesso risultati altissimi. I suoi capolavori sono la lauda del Pianto della Madonna, potente per semplicità di linee e profondità di affetti, e lo Stabat Mater, in latino, che par certo doversi a lui attribuire. In latino è anche l'epistola a fra Giovanni della Verna, come anche i Detti e il Trattato sull'unione mistica, la cui attribuzione è discussa.