Componimento poetico di argomento religioso e di carattere popolare, proprio della letteratura italiana medievale. Nacque probabilmente fra l’Umbria e la Toscana (Iacopone, Guittone), si diffuse largamente in relazione al movimento dei disciplinati o flagellanti (1260) e fiorì sino alla fine del 15° secolo. La primitiva forma era una semplice cantilena in lasse monorime contenente la lode di Dio, della Vergine e dei santi, ma ben presto comparve la l. dialogata, che privilegiò i temi riguardanti fatti del Vecchio e Nuovo Testamento e le leggende sacre, adatti a una rudimentale azione scenica. Quest’azione, limitata dapprima a pochissimi personaggi e senza apparato scenico, si venne più tardi ampliando e si recitò su una scena preparata. Di qui nacquero le sacre rappresentazioni. Sia la l. lirica sia la drammatica dall’Umbria si diffusero un po’ dappertutto, dal Piemonte all’Abruzzo, ma specialmente nell’Italia centrale. In origine semplice cantilena in lasse monorime, la l. assunse una forma metrica peculiare nel corso del Duecento, soprattutto ad opera di Iacopone da Todi.
Le l. erano spesso musicate, specie quando avevano forma lirica o lirico-narrativa. Tra i molti laudari pervenutici, alcuni (per es., il ms. 51 dell’Accademia di Cortona, fine 13° sec.) conservano le melodie, che si evolsero dalla primitiva iterazione d’un unico segmento melodico (su modello delle litanie) fino alla forma tripartita (A-B-A) che rispondeva alla stessa struttura del testo poetico. La melodia si potrebbe ricollegare a esempi liturgici (canti alleluiatici, sequenze), ma differisce dal gregoriano per il contorno della frase, la ritmica binaria suggerita dal metro poetico, la tendenza tonale verso il maggiore-minore moderno. La composizione rimane però ancora monodica (di laude armonizzate a 3 o 4 voci non se ne hanno che dalla fine del 14° al 15° sec.). L’accompagnamento strumentale (a quel che appare dalle miniature dei codici) era affidato a viole, liuti, salteri e trombe.