In biologia cellulare, recettore di superficie coinvolto nel collegamento fra citoscheletro e matrice extracellulare e nell’adesione fra le cellule. Studi effettuati a partire dalla seconda metà degli anni 1980 hanno permesso di comprendere il loro ruolo fondamentale nei processi di adesione fra le cellule e la matrice extracellulare. Le i. fungono da adattatori, determinando soprattutto le interazioni fra le cellule e gli elementi di collegamento della matrice, quali le fibronectine e le laminine. Differiscono dagli altri recettori (come quelli degli ormoni), perché si legano al ligande con una bassa affinità e sono presenti sulla superficie cellulare con una concentrazione 10-100 volte più alta.
Le integrine sono costituite da due polipeptidi, le subunità α e β, che attraversano la membrana cellulare (fig.). Il recettore della fibronectina dei Mammiferi, illustrato in fig., costituisce un tipico esempio di i. che collega la cellula alla matrice. Esso presenta un sito mediante il quale è in grado di legare la fibronectina, la quale, a sua volta, si lega a vari elementi della matrice extracellulare: sul versante interno della membrana cellulare, l’i. si collega mediante proteine adattatrici, quali la paxillina, la talina e la vinculina, ai microfilamenti di actina che fanno parte del citoscheletro della cellula. Le interazioni fra le cellule sono invece mediate da i. che contengono subunità β. Per es., l’i. LFA (molecola associata alle funzioni leucocitarie) permette il legame fra i linfociti T citotossici e le cellule bersaglio da distruggere, quali quelle infettate da un virus. Una mutazione del gene che codifica l’i. LFA determina la malattia che prende il nome di deficienza da adesione leucocitaria ed è spesso causa di infezioni fatali in età infantile. Si può curare mediante trapianti di midollo osseo che forniscono linfociti T, sulla superficie dei quali sono presenti le i. funzionanti.
Un altro esempio è costituito dalle integrine β3 che sono localizzate sulle piastrine e si legano al fibrinogeno durante la coagulazione del sangue. Così gli individui affetti da malattia di Glanzmann, caratterizzata da frequenti emorragie, sono portatori di una mutazione nel gene che codifica β3. Mentre le i. che legano le cellule alla matrice sono continuamente in uno stato funzionale, quelle delle cellule ematiche devono essere attivate da uno stimolo adeguato: per es., le i. delle piastrine sono attivate dal contatto con un vaso sanguigno danneggiato.