Nato nel 2012 presso gli ex stabilimenti Fiorucci di Via Prenestina 913 a Roma, già dal 2009 occupati come sedi abitative da famiglie di differente etnia a costituire la comunità di Metropoliz o “la città meticcia”. Oggi, il M. è uno dei principali luoghi dell’arte contemporanea indipendente a Roma, premiato ed ampiamente riconosciuto, anche all’estero, come centro innovativo di cultura. Ideatore e curatore artistico del progetto è l’antropologo, artista e regista G. De Finis, che assieme al collega film maker F. Boni nel 2012 realizza il documentario Space Metropoliz, dedicato alla vicenda dell’occupazione e soprattutto al sogno della conquista dello spazio e della luna, metaforicamente simboli di ambizioni possibili e realmente territori non appartenenti a nessuno verso i quali fondare un nuovo patto del vivere sociale. Da questa esperienza, che coinvolge tutta una serie di attività, azioni e figure – tra cui molti artisti – prende vita l’idea di creare un museo totalmente autogestito, indipendente, nelle forme di una grande opera unica, da porre in relazione alla vita quotidiana, alle speranze e in difesa delle numerose famiglie ospitate in quegli spazi. Il museo, che con “Altro” si riferisce ai suoi stessi abitanti e con “Altrove” al valore della diversità delle distinte culture, viene definito dal suo curatore quale una grande “cattedrale d’arte laica” e si propone, sin dall’acronimo con cui è identificato, come un’alternativa periferica alle istituzioni canoniche dell’arte. Delle oltre quattrocento opere che animano le sue stanze e i suoi muri molte sono riconducibili alla sfera della street art, la quale, sin da prima dell’esordio del M. – una delle prime opere in assoluto è stata concepita da Hitnes nella sala delle vasche di scolo – ha trovato nelle pareti di Metropoliz uno degli scenari di espressione più graditi, oltre che più funzionali, di tutta la capitale. Numerosi sono gli artisti romani, italiani e internazionali che si alternano nella costituzione di un immenso affresco in continuo accrescimento e trasformazione, in una dinamica di fusione e contaminazione con la vita e la storia dei luoghi. I muri esterni della facciata ospitano alcune delle opere più grandi e significative, a partire da Piedad (2013), dipinta dallo spagnolo Borondo, a fianco del quale si staglia il murale dedicato alla giovane attivista pakistana e premio Nobel Malala Yousafzai, dipinto nel suo policromatico stile dall’artista brasiliano E. Kobra. La sequenza si chiude con il duo Sten&Lex e il ritratto di un uomo che guarda all’insù realizzato con la tecnica dello stencil-poster. Visibile da distanza è anche l’opera di Hogre, dipinta nel 2011 sulla torre della struttura, con l’omino del segnale d’uscita e la freccia direzionata al cielo a rafforzare, in cima, il significato dell’installazione di G.M. Tosatti, un telescopio realizzato con barili vuoti di petrolio. Tra le altre opere presenti, comprese quelle nelle stanze interne, si ricordano quelle di A. Pasquini, Mr. Klevra, Guerrilla Spam, Diamond, Solo, Hopnn, Cancelletto, Lucamaleonte, Mr. Fijodor, Gojo, Nemo's, Omino71, G. Vesprini, N. Alessandrini e G. Pistone.