materie prime
Le basi del nostro benessere
Le materie prime possono essere biologiche o minerali. Le prime sono rinnovabili, le seconde no. Lo sfruttamento delle materie prime ha segnato il corso dello sviluppo sociale ed economico dell’umanità. La crescita notevole dei consumi a partire dalla seconda metà del Novecento ha posto prepotentemente in primo piano il problema della gestione sostenibile delle risorse naturali: ciò significa che la qualità della vita degli uomini continuerà a migliorare a patto che siano usate opportune strategie per uno sfruttamento non indiscriminato delle materie prime. Salvaguardia dell’ambiente e conservazione delle risorse, questa è la grande
I prodotti che utilizziamo derivano quasi sempre dalla trasformazione di una o più materie prime. Esse possono essere di natura biologica, se provengono dal regno animale o vegetale, oppure appartenere al regno minerale, come per esempio i combustibili fossili (idrocarburi; carbone) e i minerali che contengono i metalli.
Le materie prime biologiche sono rinnovabili e si rigenerano con i cicli degli organismi viventi. Questo non accade per le materie prime minerali: in natura ce n’è solo una data quantità che non può essere rinnovata in tempi confrontabili con le attività umane. Grano e mais si possono raccogliere per il consumo e poi seminare di nuovo. Stagno e piombo invece si possono soltanto estrarre da giacimenti formatisi durante le ere geologiche. Per garantire la disponibilità di risorse naturali alle generazioni future è importante che siano gestite nel modo migliore.
Per conservare le materie prime biologiche è necessaria l’applicazione dei migliori metodi di coltivazione agricola e boschiva, e di allevamento del bestiame: solo così si potrà confermare il diritto delle popolazioni dei paesi a economia avanzata a una alimentazione equilibrata e sana, ma anche debellare la piaga della fame nei paesi poveri.
Per le materie prime minerali i problemi sono diversi, ma non per questo meno urgenti. Il livello di benessere raggiunto nelle società avanzate dipende dallo sviluppo tecnologico e industriale, il quale a sua volta corrisponde al progresso scientifico e alla possibilità di utilizzare energia (risorse) e materie prime minerali. Se però non ci sono limiti al progresso scientifico, sia le fonti energetiche sia le risorse minerarie appaiono invece limitate. Inoltre, l’uso indiscriminato delle risorse naturali minerali si associa al rischio di inquinamento. Per questi motivi bisogna prevedere l’applicazione di tecniche di recupero e di riciclaggio dei materiali.
Gli elementi chimici di interesse economico si trovano nella crosta terrestre con un’abbondanza media variabile: alcuni metalli pregiati hanno valori di abbondanza media molto bassi (0,0000002% per l’oro, per esempio: in pratica si trovano 2 g di oro ogni 1.000 t di terra). Conoscere i processi naturali attraverso cui si formano le rocce aiuta l’attività di ricerca: infatti è proprio durante la formazione delle rocce (ciclo litogenetico) che si realizzano concentrazioni di minerali utili, i giacimenti minerari.
Le caratteristiche geologiche dei giacimenti dipendono dai processi minerogenetici, cioè dalle azioni chimiche, fisiche e organiche che determinano la segregazione in forma concentrata di specifici minerali. Dalla conoscenza di questi processi prende origine l’attività di ricerca mineraria (prospezione). Per esempio, i diamanti si formano nella crosta terrestre a profondità superiori ai 150 km e poi sono portati in superficie da eruzioni vulcaniche di specifiche lave (kimberliti); la conoscenza di questi dati permette di circoscrivere l’area di ricerca e di avere una maggiore probabilità di successo nell’estrazione.
Le attività di prospezione mineraria si avvalgono di tecniche e metodologie diverse. Alcune di queste consentono di ottenere informazioni sulle caratteristiche minerarie di vaste zone: la prospezione aeromagnetica si effettua sorvolando le aree di interesse con un magnetometro, che consente di rilevare la presenza sul terreno di minerali magnetici, come quelli che contengono ferro, nichel o cobalto (magnetismo). Il telerilevamento da satellite fornisce immagini in cui la posizione di minerali specifici di interesse commerciale è rivelata da radiazioni elettromagnetiche, specifiche dei vari minerali, visualizzate attraverso l’uso di colori diversi. Altre tecniche sono adatte per scandagliare territori più ristretti: la prospezione geochimica, per esempio, utilizza analisi di laboratorio su campioni di suolo o di roccia; per localizzare un giacimento, si applica lo studio della distribuzione in superficie di elementi chimici caratteristici dispersi dai processi di alterazione che degradano i minerali primari del giacimento stesso.
Lo sfruttamento delle risorse minerarie ha segnato la storia dell’umanità. A partire dal Paleolitico, i periodi corrispondenti ai primi grandi progressi della tecnica hanno una denominazione che richiama la risorsa mineraria di uso prevalente in quella fase: Età del Bronzo, Età del Ferro. Vale la pena evidenziare una curiosa, ma forse non casuale, circostanza: oggi, nell’era dei computer, la materia prima che alimenta l’industria dell’elettronica è il silicio, cioè lo stesso elemento degli strumenti di selce utilizzati dall’uomo preistorico.
I minerali che soddisfano le esigenze dell’industria moderna sono circa ottanta. Praticamente tutti i settori industriali dipendono dall’approvvigionamento di materie prime minerali. Per esempio, oltre a quello dell’elettronica, l’industria della carta, particolarmente da stampa e da scrittura, fa abbondante uso di caolino, talco, carbonato di calcio e bentonite per migliorare l’efficienza e la velocità dei processi e la qualità (per esempio, la bianchezza) del prodotto cartaceo; le fonderie utilizzano in modo massiccio minerali di ferro (ematite, magnetite, siderite, pirite), il carbon coke e la silice per i getti di fusione; nelle opere di ingegneria civile, calcare e argilla sono le basi del cemento; un minerale, la bentonite, per le sue capacità impermeabilizzanti trova largo impiego nella realizzazione di scavi e gallerie.
Vari minerali giocano un ruolo determinante nella produzione di plastiche e polimeri di uso quotidiano: basta pensare al carbonato di calcio e al talco che rinforzano le resine degli oggetti di arredamento domestico, o alla silice da cui si parte per ottenere il silicone, ampiamente usato come materiale sigillante.
Molti altri fondamentali processi industriali non sarebbero possibili senza il decisivo apporto delle materie prime minerali. L’uomo moderno dipende dalla ‘pietra’ più del suo antenato cavernicolo, che dalla pietra ha preso il nome.
Lo sviluppo industriale e l’incremento della popolazione avvenuti su scala mondiale a partire dalla seconda metà del Novecento hanno determinato un notevole aumento del consumo di materie prime minerali. Conseguentemente ha avuto impulso l’attività di ricerca di nuovi giacimenti, che ha permesso di ottenere una più chiara visione della distribuzione geografica delle risorse minerarie di interesse commerciale. Tuttavia, benché sia possibile quantificare la presenza nella crosta terrestre di una certa risorsa, non è sempre detto che la si possa effettivamente sfruttare. La capacità di utilizzare una risorsa è legata alle potenzialità tecnologiche dell’industria estrattiva e ai costi di estrazione: una risorsa si può considerare come una riserva di materia utilizzabile quando il suo recupero è conveniente dal punto di vista economico.
Un progresso in campo tecnologico può favorire lo sfruttamento di un giacimento precedentemente non conveniente o non raggiungibile; oppure, un aumento dei prezzi di vendita può far sì che diventi vantaggioso sfruttare anche una risorsa presente in piccole quantità. Al contrario, attività prima redditizie sono a un certo punto abbandonate, come è accaduto, per esempio, per le miniere d’argento in Sardegna.
Le potenzialità della crosta terrestre non sono state ancora completamente verificate. Esistono regioni remote in Asia, Africa, America Meridionale, Australia e Antartide in cui si potrebbero trovare ricchi giacimenti: in queste zone, gli strati rocciosi più promettenti sono coperti da spesse coltri di sedimenti recenti o di ghiaccio. In prospettiva, le immense distese dei fondali oceanici sono forse ancora più interessanti per le notevoli quantità di minerali metallici presenti (oceano). È anche ipotizzabile che, in un futuro non così lontano, lo sfruttamento delle risorse minerarie si spinga oltre i confini del nostro pianeta: già oggi i programmi spaziali della Cina prevedono la realizzazione sul suolo lunare di una base attrezzata a tale scopo.
La richiesta crescente di materie prime ha messo in evidenza i rischi di un loro progressivo esaurimento. Ciò è vero in particolare per i minerali, nel caso dei quali l’aumento del ritmo dei consumi intacca in maniera consistente il valore delle riserve. Tali riserve sono comunque esauribili, anche considerando di poterle allargare attraverso il ritrovamento di nuovi giacimenti oppure rivalutando quelli vecchi alla luce di migliori tecnologie. In queste circostanze è necessario gestire la risorsa applicando metodologie che ne allunghino il più possibile la disponibilità nel tempo.
Circa venti tra i minerali più utilizzati nelle attività industriali hanno riserve considerate critiche. Il ferro, per esempio, conta riserve mondiali accertate per 216 miliardi di tonnellate e una produzione annua di 1,2 miliardi di tonnellate, incrementata di oltre il 20% negli ultimi dieci anni. Se però il fabbisogno dell’industria siderurgica (quella che maggiormente utilizza questa materia prima) dovesse essere soddisfatto solo dal ferro estratto dai minerali, il decremento delle riserve sarebbe sicuramente molto più rapido. Ciò non accade, in quanto già oggi circa il 50% della produzione di nuovo acciaio avviene alimentando i forni con rottami di acciaio riciclato.
La pratica del riciclaggio si sta affermando nella gestione di tutte quelle risorse minerarie per le quali si prefigurano scenari di scarsità. Tale pratica non offre soltanto benefici di conservazione, ma garantisce risultati anche riguardo all’impatto ambientale, un altro grave problema che affligge il settore minerario.
Durante un viaggio attraverso il nostro paese, è un’esperienza molto comune imbattersi in profondi scavi che incidono le montagne. Sono le cave da cui si estraggono le materie prime per l’edilizia, imponenti scavi a cielo aperto che spesso deturpano il territorio e ne alterano l’equilibrio.
L’impatto ambientale delle attività per lo sfruttamento delle risorse minerarie può essere senza dubbio notevole e non ha effetti negativi solo sul paesaggio. L’azione più grave è soprattutto quella dell’erosione esercitata sulla superficie terrestre: le operazioni di scavo per lo sfruttamento delle miniere amplificano l’erosione naturale del territorio con gravi rischi di frane e desertificazione. Le attività di raffinazione dei minerali estratti e gli accumuli degli scarti della lavorazione possono provocare poi un significativo inquinamento del suolo e delle acque.
È quindi necessario prestare la massima attenzione nella pianificazione di tutte le fasi del ciclo di vita di una miniera: progettazione, esercizio e dismissione. Oggi, nei paesi più avanzati, tutte queste operazioni sono sottoposte a rigorose valutazioni prima che vengano rilasciate le indispensabili autorizzazioni; spesso, però, nei paesi in via di sviluppo non vengono applicate norme analoghe.
Le cosiddette valutazioni di impatto ambientale sono effettuate per stabilire se l’ambiente è in grado di sostenere un progetto di sfruttamento minerario, considerandone tutti gli effetti, negativi e positivi. Il rame è un metallo la cui produzione mondiale è ottenuta in eguale quantità da miniera e da riciclaggio. Nei processi di estrazione si devono stimare i rischi relativi al rilascio non controllato nelle falde idriche delle soluzioni acide utilizzate per l’estrazione, ma è opportuno anche soppesare i vantaggi ambientali ottenuti attraverso l’impiego di questo metallo: per esempio, con il rame si realizzano sistemi di riscaldamento a bassa temperatura che consentono un notevole risparmio di energia e conseguentemente la netta riduzione di gas a effetto serra.
Quando una miniera si esaurisce occorre prevedere operazioni di ripristino del territorio. Anche questo recupero costituisce una parte fondamentale in un progetto minerario sostenibile: con queste attività si restituisce un manto vegetale protettivo alla superficie rocciosa precedentemente denudata, e si attua il controllo dei materiali di scarto, spesso ricchi di metalli potenzialmente inquinanti.
La distribuzione geografica delle risorse non è casuale. I processi di formazione delle rocce, da cui si originano i giacimenti minerari, trovano una precisa collocazione nel quadro della tettonica delle placche. Le associazioni metallifere corrispondono di conseguenza allo stile tettonico degli ambienti di provenienza. Si possono così distinguere i depositi minerari di dorsale oceanica da quelli di fossa oceanica; negli ammassi rocciosi degli archi magmatici tipici delle zone di subduzione, dove una placca scivola sotto un’altra, si individuano fasce di giacimenti con caratteristiche mineralogiche specifiche, dovute al diverso stadio evolutivo dei processi di fusione che coinvolgono la crosta oceanica sottostante.
Di solito immaginiamo la borsa come il luogo in cui si comprano e vendono le azioni delle società: analoghi meccanismi di mercato interessano le materie prime più largamente utilizzate nell’industria. Cacao, caffè, zucchero, cereali, cotone, gomma naturale, legname, metalli, petrolio e altre materie prime sono commerciate quotidianamente nelle borse merci di tutto il mondo. Si formano così i prezzi delle materie prime fondamentali che condizionano quelli di tutti i prodotti a noi familiari. A dispetto dell’importanza che hanno assunto le borse merci inglesi e americane, quelle nate in Italia sono di qualche anno precedenti. Nel 1855, infatti, cominciarono a operare a Trieste e a Genova borse in cui si trattavano rispettivamente zucchero e caffè e granaglie e caffè.
La realizzazione del Colosseo richiese una quantità impressionante di travertino per il rivestimento della facciata esterna. Il materiale fu estratto dalla cava del Barco, nei pressi di Tivoli, un imponente scavo su un’area di circa 500.000 m2 (circa 50 ettari), da cui furono complessivamente ricavati, in epoca imperiale, più di 5 milioni e mezzo di m3 di travertino. Successivamente ai secoli dell’abbandono e dell’oblio, il superbo anfiteatro divenne a sua volta, proprio per l’ingente concentrazione di materia prima, una cava di travertino tanto ricca da alimentare la rinascente edilizia monumentale romana: dal 15° al 18° secolo palazzi nobiliari, piazze, fontane e porti fluviali furono costruiti facendo ricorso al materiale proveniente da questa ‘miniera eccellente’.