Elemento chimico di numero atomico 46, peso atomico 106,7, simbolo Pd, di cui sono noti diversi isotopi (di peso atomico 102, 104, 105, 106, 108, 110); fu isolato da W.H. Wollaston nel 1803 da residui dell’estrazione del platino. È un metallo del gruppo del platino, tenero, duttile, lucente; si trova quasi sempre associato con il platino e con gli altri elementi del suo gruppo, nei minerali auriferi e cupronicheliferi. In natura si trova in piccoli cristalli monometrici o in granuli, talvolta a struttura fibroraggiata, di colore grigio acciaio con lucentezza metallica; molto raro, si rinviene quasi sempre in lega con platino e iridio.
L’estrazione industriale del p. e degli altri elementi del gruppo del platino viene effettuata per lo più a partire dai loro concentrati che, come sottoprodotti, si ottengono dalla raffinazione, o comunque dai processi estrattivi, di importanti metalli non ferrosi, quali il rame, il piombo, il nichel. Solo per particolari minerali, reperibili nella Repubblica Sudafricana e in Canada, si procede direttamente alla loro estrazione. In tutti i casi è, però, necessario separare in una delle fasi intermedie del processo il p. dagli altri metalli del gruppo; tale operazione è di norma realizzata facendo sciogliere la miscela in acqua regia e separando come residuo insolubile, o per precipitazione con reattivi diversi, gli altri metalli fino a pervenire a una soluzione, più o meno pura, contenente il solo palladio. Da questa, con aggiunta di ammoniaca e di acido cloridrico, si precipita il complesso Pd(NH3)2Cl2, dal quale si può riottenere il metallo in forma di polvere o di massa spugnosa per riscaldamento al calor rosso. L’attuale produzione di p. si valuta intorno a 215 t l’anno.
Il p. ha densità 12,02 g/cm3, fonde a 1554 °C, è buon conduttore del calore e dell’elettricità; è attaccato dal cloro e dal bromo a temperatura ambiente, si ossida debolmente all’aria a temperature inferiori a 350 °C, presenta la proprietà caratteristica di assorbire notevoli volumi di idrogeno (fino a 900 volte il proprio volume), che diffondono rapidamente nel metallo. Nei suoi composti si comporta come bivalente (composti palladosi), trivalente e tetravalente (composti palladici).
Il p. viene usato come catalizzatore in reazioni di idrogenazione, deidrogenazione, ossidazione (per es., produzione di acetilaldeide da etilene e O2, di acido acrilico da etilene, O2 e CO ecc.). Ha trovato utilizzazione, insieme con il platino, nelle marmitte catalitiche, dove si dimostra, rispetto a quest’ultimo, miglior controllore delle emissioni di idrocarburi incombusti nelle auto all’atto della loro messa in marcia e nei climi freddi; però il p. è più sensibile all’azione di impurezze contenute nella benzina, in particolare composti solforati e del piombo, perciò è utilizzabile nei paesi dove si dispone di benzina più ‘pura’ e dove le norme antinquinamento sono più restrittive. L’industria elettrica impiega il p. nella preparazione di condensatori ceramici, multistrato (anche in lega con l’argento); in elettronica, oltre che nei condensatori, si usa nei circuiti integrati ibridi per la produzione di tracce conduttrici, e per rivestire le estremità di conduttori onde ridurne l’ossidazione nei dispositivi di collegamento.
Le leghe di p. trovano importanti applicazioni: in gioielleria sono particolarmente apprezzate quelle con il platino, note sotto la denominazione commerciale di oro bianco; in odontotecnica, il p. e le sue leghe sono preferiti per il più basso costo rispetto a oro e platino.
La palladiatura è l’operazione di ricoprimento di superfici metalliche per deposizione di uno strato sottilissimo di p., usata, tra l’altro, per la protezione di contatti elettrici dalla corrosione.