Elemento chimico, simbolo Pt, numero atomico 78, peso atomico 195,09, di cui sono noti 6 isotopi stabili (numero di massa 190, 192, 194, 195, 196, 198); densità 21,45 g/cm3, punto di fusione 1772 °C.
Il p. è un metallo bianco, lucente, duttile e malleabile. In natura è generalmente associato ad altri metalli del suo gruppo (rutenio, rodio, palladio, osmio e iridio), al ferro e al rame e, qualche volta, a piccole quantità di oro, nichel, manganese, piombo, mercurio. Cristallizza nel sistema monometrico per lo più in cubi, ma non si trova quasi mai in cristalli, di solito è in granuli o pagliuzze; è magnetico se notevolmente ricco di ferro. È legato geneticamente a rocce basiche o ultrabasiche, specialmente a duniti, ma i più importanti giacimenti sono quelli secondari, alluvionali. Caratterizzato da una quasi totale inerzia chimica, resiste all’attacco di acidi, basi, sali ecc.; si scioglie in acqua regia; gli alogeni lo attaccano specie a caldo, si lega con molti metalli.
Il p. allo stato nativo, descritto da viaggiatori addentratisi nella Colombia, era noto da molto tempo agli indigeni dell’America Meridionale e da loro utilizzato per realizzare manufatti. Il p. fu studiato da C. Wood, da W. Watson e da molti altri, che ne misero in evidenza l’individualità e ne indicarono la proprietà; W.H. Wollaston fu uno dei primi a ottenere oggetti di p. praticamente puro pressando e sintetizzando il metallo.
Il p. è un metallo nobile a elevato potenziale di ionizzazione; ne risulta che i suoi composti principali non sono quelli dove compare come ione libero ma i composti di coordinazione. Tra i composti del p. bivalente (platinosi) vanno ricordati il cianuro di p., Pt(CN)2, polvere gialla, insolubile in acqua, che si scioglie nei cianuri alcalini dando i platino-cianuri complessi; l’ossido idrato di p., PtO•2H2O, polvere bruna che può essere facilmente ridotta a nero di p.; il solfuro di p., PtS, massa nera che si trova in natura nel minerale cooperite. Tra i composti del p. tetravalente (platinici) sono da citare il cloruro di p., PtCl4, massa rosso-bruna solubile in acqua che con acido cloridrico dà l’acido cloroplatinico; il diossido di p., PtO2, polvere nera che si prepara fondendo l’acido cloroplatinico con nitrato di sodio: è piuttosto instabile e si utilizza come catalizzatore trasformandolo in situ in nero di p.; il disolfuro di p., PtS2, polvere da grigia a nera, insolubile in acqua. Più importanti sono i composti di coordinazione, nei quali il p. assume tutti i numeri di ossidazione da 0 a 6, anche se i valori più frequenti sono 4 e 6; i leganti sono in genere specie non molto elettronegative e facilmente polarizzabili. I complessi del p. sono stati tra i primi a essere studiati svolgendo un ruolo importante nello sviluppo della teoria della coordinazione e della stereochimica dei composti inorganici. Tra i complessi più interessanti del p. tetracoordinato vi sono i cloroplatinati (➔ cloroplatinico, acido); i platinocianuri, con anione complesso [Pt(CN)4]–2, formano cristalli colorati e fluorescenti (quello di bario è utilizzato nella preparazione degli schermi fluorescenti per i raggi X); i tetramminoplatinati, [Pt(NH3)4]–2, il più noto dei quali è il sale di Magnus ([Pt(NH3)4]PtCl4); tra quelli con leganti misti, i più semplici da preparare e i più studiati per la loro stereochimica cis-trans sono il diidrossodiamminoplatino [Pt(NH3)2(OH)2] e il diamminodinitroplatino [Pt(NH3)2(NO2)2]. Tra i complessi del p. a numero di coordinazione 6, quelli studiati da più lungo tempo sono i complessi con l’ammoniaca e lo ione cloro che sono noti sotto tutte le combinazioni.
Il p. fu anticamente adoperato in Russia per uso monetario. Con una lega di p. e iridio (contenuto in iridio del 10%), e perciò più dura e resistente del p. puro, si sono costruiti, a cura della Commissione internazionale dei pesi e misure, il metro e il kilogrammo campione conservati a Parigi. I principali settori d’impiego del p. sono: la preparazione di marmitte catalitiche, l’oreficeria, l’uso come catalizzatore nell’industria chimica (nella produzione di acido nitrico, nella preparazione di isobutilene, di alchilbenzene lineare, di siliconi ecc.). Il p. trova anche numerosi altri impieghi: con il p. si formano crogiuoli, filiere per la filatura di fibre tessili, elettrodi, contatti elettrici, resistenze per forni ecc.; termometri a resistenza di p. e termocoppie a p. e p.-rodio sono usati come termometri elettrici in campo scientifico e industriale; in lega con l’oro il p. si usa in odontoiatria.
La produzione mondiale di p., dopo una flessione negli anni 1980, ha ripreso a salire nel corso degli anni 1990 fino a raggiungere le 230 t annue (2007). Principale paese produttore è, di gran lunga, il Sudafrica (183 t nel 2007), seguito da Russia, Canada, Zimbabwe e Stati Uniti.
I giacimenti si distinguono in primari, con scarsi minerali di p., e secondari, dove i minerali si concentrano nelle alluvioni mediante processi erosivi. Per estrarre il p. da sabbie alluvionali si separa in corrente di acqua l’argilla dal minerale, trattato poi con mercurio per estrarre oro e attaccato a caldo con acqua regia; in soluzione sono presenti anche rodio, iridio e palladio. Il filtrato si porta a secco con aggiunta di acido cloridrico, e il residuo si scalda a 125 °C per ridurre i cloruri d’iridio e palladio a IrCl3 e PdCl2 e impedire la precipitazione per aggiunta di cloruri alcalini. Dalla massa ridisciolta in acido cloridrico diluito, si ottiene, grazie a cloruro d’ammonio, il cloroplatinato ammonico; esso dà per calcinazione la spugna di p. da cui per fusione si ha il p. compatto. Per un prodotto più puro (fino al 99,9%), il trattamento si ripete con acqua regia diluita (che scioglie il p. senza attaccare l’iridio) e la spugna ottenuta è rifusa in blocco di calce viva. Il p. fuso si cola in lingottiere di ghisa o in forme di argilla calcarea e si sottopone a lavorazione meccanica.
Da alcuni giacimenti si estrae p. insieme a rame e nichel (come sottoprodotti). Poiché il p. è in parte allo stato nativo come ferro-platino e in parte come arseniuro, solfuro, sulfoarseniuro associato a solfuri di ferro, rame, nichel, il minerale estratto è macinato in mulini a palle e sottoposto a trattamento di concentrazione per gravità per separare il p. allo stato nativo, direttamente raffinato. Il residuo, ulteriormente macinato, è sottoposto a flottazione per avere un concentrato ricco di solfuri di rame, nichel, ferro e contenente la restante parte del p.; il concentrato è fuso in forni a tino e il prodotto affinato in convertitori, per dare metallina di rame-nichel (45% nichel, 30% rame, 0,15% p., oltre a ferro e altri elementi). La metallina fonde con solfuro di sodio per dare due fasi immiscibili, una più leggera, di solfuro di rame, sodio, oro, argento e poco p., l’altra più pesante, di solfuro di nichel e metalli del gruppo del p.; quest’ultima è arrostita per dare ossido, ridotto a metallo e raffinato elettroliticamente: si ottiene nichel puro al catodo e p. nei fanghi anodici, insieme a impurezze in parte allontanate lisciviando i fanghi essiccati ed arrostiti con acido solforico. La metallina può essere anche attaccata con acido solforico a caldo, sotto pressione, che solubilizza rame e nichel, recuperati elettroliticamente (ottenendo un residuo abbastanza ricco di platino).
In entrambi i processi si ha residuo al 60-70% di p., attaccato con acqua regia che consente di recuperare selettivamente tutti i metalli. Per tale recupero si effettua anche un’estrazione liquido-liquido in cui una sequenza di solventi liquidi organici, insolubili in acqua, estrae selettivamente dalla soluzione i metalli presenti. Ciò comporta minori quantità di effluenti liquidi da smaltire, maggiore flessibilità, rese più elevate, automatizzazione del sistema più facile. È in crescita la percentuale di p. recuperata dopo l’uso; il recupero non è agevole poiché il p. è accompagnato da materiali usati come supporti e da prodotti di alterazione o materiali estranei trattenuti durante l’impiego. Per i catalizzatori usati nell’industria petrolifera, la rigenerazione dei materiali catalitici ricoperti con sostanze organiche può avvenire per combustione, evitando le alte temperature che favoriscono perdite di metallo. Molto importante è il recupero di p., palladio e rodio dalle marmitte catalitiche, basato su solubilizzazione dei metalli nobili con acidi concentrati e da estrazione con solventi organici specifici per i singoli metalli.
Il rivestimento in p. di superfici metalliche o di altro genere (platinatura) può essere compiuto per evaporazione nel vuoto oppure per immersione nel metallo fuso o per via elettrolitica: si preferisce il sistema a immersione per oggetti di zinco, piombo e stagno, il sistema elettrolitico per il rame e le sue leghe. Importante è la platinatura dei vetri per fabbricare specchi usati per strumenti ottici. Si ottiene versando sulla lastra di vetro, o stendendo su di essa con un pennello, un’adatta soluzione di un sale di p.; la lastra così preparata viene portata in una muffola e riscaldata fino all’incandescenza e poi lasciata raffreddare lentamente.