Alessandro Farnese (Canino 1468 - Roma 1549). Papa dal 1534, il suo pontificato fu segnato soprattutto dalla reazione contro il protestantesimo. Approvò l'ordine dei gesuiti, costituì la Congregazione del Sant'uffizio (Inquisizione romana, 1542) e infine, nel dicembre 1545, convocò il concilio di Trento. Fu inoltre grande mecenate e incline al nepotismo.
Da principio pensava di avviarsi alla carriera diplomatica e andò a Firenze per istruirsi nella corte del Magnifico, ma per volere della madre abbracciò invece la carriera ecclesiastica e fu successivamente protonotario apostolico (1491), tesoriere generale (1492), cardinal diacono (1493), legato del Patrimonio (1494), vescovo di Corneto e Montefiascone (1499), legato nella Marca d'Ancona (1502), vescovo di Parma (1509), di Tuscolo (1513), di Benevento (1514), di Ostia (1524); papa dal 1534. Uomo di vivo ingegno e di larga cultura, attinta in massima parte nella Firenze del Rinascimento, dovette l'elezione alla sua indipendenza rispetto alle due potenze che allora si contendevano il predominio, Francia e Impero, che poi come pontefice si sforzò di conciliare; ai suoi seri sforzi di riforma fin dal vescovado di Parma, alla grande influenza goduta durante il pontificato di Clemente VII. Il primo frutto della sua politica di neutralità tra Francia e Impero fu la conclusione della tregua di Nizza (1538); opera sua, benché fosse escluso dalla conclusione, fu la successiva pace di Crépy (1544). I rapporti con gli altri stati europei e italiani furono in funzione della politica generale di pacificazione e neutralità e dell'indirizzo di riforma e di reazione contro il protestantesimo impresso al pontificato. Per la politica nepotistica (in favore dei quattro figli: Costanza, Pier Luigi, Paolo, Ranuccio, avuti prima dell'imposizione degli ordini sacri), fu in contrasto con i Della Rovere per Camerino e compì la famosa infeudazione a Pier Luigi di Parma e Piacenza, oltre le nomine a cardinali dei giovanissimi nipoti, Alessandro e Ranuccio Farnese, e Guido Ascanio Sforza. Per molto tempo l'essere stato il papa forse più gravemente incline al nepotismo mise in ombra le sue qualità politiche, di mecenate, di iniziatore della Controriforma alla quale dedicò gran parte della sua attività. Fin dai primi giorni del pontificato risolse di convocare un concilio generale (1534), che però fu rimandato per la difficile situazione in Germania e in Italia; fu poi convocato a Mantova per il maggio 1537, quindi a Vicenza (dapprima per il novembre 1537, poi per il maggio 1538, quindi per la Pasqua del 1539 e da ultimo sospeso) e infine, dopo i tentativi di accordo fra cattolici e protestanti attraverso i «colloqui» di Worms (1540-41) e di Ratisbona (1541), tutti falliti nonostante le grandi speranze, a Trento per il novembre 1542; di nuovo sospeso e riconvocato per il marzo 1545, fu finalmente aperto il 13 dic. di quell'anno in quest'ultima città, ormai con carattere non più conciliativo, ma di aperta azione antiprotestante. Questa azione fu accompagnata dall'organizzazione dell'Inquisizione romana, rafforzata e resa indipendente dalle autorità locali tanto laiche quanto ecclesiastiche, con la bolla Licet ab initio (1542), che segna l'inizio della Controriforma. Degno di menzione è, inoltre, il riconoscimento d'un nuovo ordine religioso, quale fu quello dei gesuiti (27 settembre 1540). Di pari passo con il concilio doveva procedere la riforma interna della Chiesa, che Paolo III agevolò creando cardinali a essa favorevoli, come G. Contarini, G. P. Carafa, R. Pole, G. Morone, I. Sadoleto. Dal 1534 aveva nominato due commissioni triunvirali, poi una quadrunvirale per la riforma generale e una duodecinvirale per la riforma degli uffici, i cui progetti e i cui studi servirono di base alle riforme ulteriori. Fu gran mecenate, dette grandioso impulso all'edilizia di Roma, e protesse eruditi e letterati; a lui si deve la nomina di P. Bembo a cardinale.