Speciale tribunale ecclesiastico per la repressione dell’eresia.
Le origini dell’I. vanno collocate tra la fine del 12° sec. e gli inizi del 13°, quando la Santa Sede – ritenendo insufficienti alla repressione dell’eresia (soprattutto catara e valdese) i mezzi ordinari e l’autorità vescovile – nominò propri delegati inquisitori (inquisitores) con l’incarico di ricercare e giudicare gli eretici.
Tribunali dell’I. presieduti da inquisitori permanenti furono istituiti nel 1231-35 in varie parti d’Europa da Gregorio IX, che nel 1235 affidò definitivamente l’I. ai domenicani; il privilegio fu esteso da Innocenzo IV ai frati minori (1246). Almeno fino al 14° sec. l’azione dell’I. fu rivolta a colpire l’eresia non sul piano della discussione teologica, ma nel suo pratico e pubblico manifestarsi. L’invito a rinunciare alla haeretica pravitas, rivolto dagli inquisitori ai colpevoli, mirava soprattutto a far rientrare l’eretico in armonia con la legalità, che aveva violato con i suoi atti esterni. Questa legalità era l’ordine costituito, di carattere religioso, ma anche sociale e politico.
Secondo Raimondo di Pennaforte (Decretali di Gregorio IX, 1234) le categorie di imputabili presso l’I. sono 8: haeretici, coloro che persistono nel loro errore; suspecti, coloro che hanno udito prediche o discorsi di eretici, o hanno partecipato alle loro preghiere, distinti in ‘leggermente’ e ‘veementemente’ sospetti; celatores, occultatores, receptatores, defensores, tutti coloro cioè che conobbero, nascosero o difesero eretici; fautores; relapsi, i recidivi. Inizialmente l’I. ebbe il diritto di perseguire le pratiche di stregoneria e magia quando queste manifestassero un chiaro aspetto di eresia. Presto questa limitazione cadde, per risorgere soltanto all’inizio del Seicento.
La procedura dell’I. medievale, non fissata in alcun testo ufficiale, presenta nelle varie epoche difformità spesso notevoli. Nello stadio finale di tale evoluzione, l’inquisitore era coadiuvato da un vicario, alcuni commissari, alcuni probi viri, ufficiali subalterni (in parte forniti dal signore laico), guardiani della prigione (se l’I. ne aveva una propria), notai ecc. A fianco dell’inquisitore o del suo vicario sedeva il vescovo o il suo delegato. Prima di procedere venivano emanati due editti: uno di fede, che imponeva a tutti di denunciare gli eretici e i loro complici; l’altro di grazia, che stabiliva un termine (un mese) durante il quale l’eretico che si fosse presentato spontaneamente avrebbe ottenuto il perdono. Tutti coloro che la voce pubblica, l’inchiesta segreta d’ufficio, una denuncia, la deposizione di testimoni ecc. designavano come eretici erano citati a comparire davanti all’inquisitore. Interrogato, il convenuto poteva confessare subito e in tal caso la causa era già istruita. Se negava, si ricercava la confessione con mezzi vari, dalla prigione alla tortura, usata in alcuni processi dell’I. già nella prima metà del 13° sec. e definitivamente autorizzata da Innocenzo IV (bolla Ad extirpanda del 15 maggio 1252); l’uso ne fu confermato da Alessandro IV (1259) e Clemente IV (1265). Se l’imputato, reiteratamente torturato, non confessava, era in generale assolto, almeno dalle accuse più gravi. Le condanne variavano dalla semplice imposizione di una formula di abiura, all’imposizione di croci (l’eretico doveva cucirsi delle croci colorate sul vestito), all’obbligo di pellegrinaggi o servizi militari in Terrasanta, alla prigionia, fino al carcere perpetuo o alla consegna secolare (per gli eretici recidivi). Molto spesso alle penitenze elencate si aggiungevano pene pecuniarie sino alla confisca totale dei beni, il che fu causa di gravi abusi. La sentenza era di regola pronunciata pubblicamente e solennemente durante una cerimonia detta sermo generalis, ma più nota come autodafé. La consegna al braccio secolare era accompagnata dalla preghiera che la sua sentenza fosse formulata «senza effusione di sangue e pericolo di morte». In realtà non si ha un solo esempio di eretico consegnato al braccio secolare che abbia scampato la morte. In generale erano bruciati vivi gli eretici impenitenti (il pentimento poteva avvenire anche ai piedi del rogo), i pentiti erano uccisi per impiccagione o taglio della testa e arsi morti.
Già nel 13° sec. l’I. fu stabilita in quasi tutti i paesi d’Europa, a eccezione dell’Inghilterra. Fra la seconda metà del 14° sec. e la prima metà del 15° la sua attività andò gradatamente diminuendo. Sussisteva ancora, pur avendo cessato di esercitare un’azione di rilievo, quando verso la metà del 16° sec. fu organizzata l’I. romana.
Il tribunale inquisitoriale ecclesiastico, in qualche modo prosecuzione di quello medievale, fu ripristinato in Spagna alla fine del 15° sec., concluso il processo di unificazione territoriale della Penisola Iberica. Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, che intendevano eliminare le minoranze etniche e religiose ebraiche e arabe al fine di favorire il processo di coesione nazionale anche attraverso una salda unità religiosa del paese, furono autorizzati da Sisto IV nel 1478 a nominare inquisitori di loro fiducia; nel 1483 fu autorizzata la nomina a inquisitore generale di un prelato spagnolo. Con le Istruzioni emanate dal primo inquisitore generale T. de Torquemada, l’I. spagnola (definita correntemente come el Santo Oficio) può considerarsi definitivamente stabilita. La lotta contro ebrei e arabi fu assolta con estrema durezza: agli ebrei, numerosissimi in Spagna, già dal 1492 era stata imposta l’alternativa tra l’espulsione dal paese e la conversione forzata, e l’azione dell’I. si rivolse principalmente contro i convertiti (marrani), che si riteneva continuassero a praticare segretamente il loro culto simulando esteriormente l’adesione al cattolicesimo; furono ugualmente perseguitati i moriscos, musulmani convertiti soprattutto dopo la conquista di Granata che, intimamente fedeli all’Islam, si sottomettevano apparentemente ai precetti cattolici. Nel 16° sec. l’I. si rivolse anche contro gli Alumbrados e la diffusione della Riforma. Nel 17° e 18° sec. la sua azione divenne molto più mite. Soppressa da Napoleone nel 1808, fu restaurata da Ferdinando VII nel 1814, soppressa di nuovo dalla rivoluzione del 1820, ristabilita nel 1823 e definitivamente soppressa nel 1834.
L’I. spagnola estese la sua azione anche nei domini spagnoli dell’America, specialmente nel Messico e nel Perù. Fallirono invece i tentativi dei sovrani spagnoli d’introdurla a Milano e a Napoli; in Sicilia fu introdotta nel 1518. Nel 1522 Carlo V istituì un tribunale per reprimere il protestantesimo nei Paesi Bassi: due agostiniani bruciati a Bruxelles il 1° luglio 1523 in seguito a una sua sentenza sono considerati come i protomartiri della Riforma.
Un tribunale assai simile a quello dell’I. spagnola fu fondato nel 1531 in Portogallo su richiesta del re Giovanni III per procedere contro gli ebrei portoghesi. Fu soppresso durante il regno di Giovanni VI (1818-26).
La Sacra congregatio Romanae et universalis inquisitionis seu Sancti officii (poi denominata Congregazione del Sant’Offizio), composta di sei cardinali inquisitori, competente in materia di fede e con giurisdizione su tutto il mondo cristiano, fu istituita da Paolo III (bolla Licet ab initio del 21 luglio 1542). La genesi della istituzione va posta nel quadro generale della Controriforma e quindi della repressione dell’eresia, ma va cercata anche nel desiderio di opporre un antagonista all’I. spagnola, che operava indipendentemente dalla Santa Sede.
Sisto V, nella bolla Immensa aeterni (22 gennaio 1588), pose la congregazione dell’I. come prima delle 15 congregazioni romane. I suoi successori, in particolare Paolo IV e, dopo la parentesi di Pio IV, Pio V, si servirono dell’I. come di uno strumento di ferreo controllo della vita e della cultura del tempo, per perseguitare gli eretici e gli ebrei e intensificare la repressione della magia e della stregoneria. Alla fine del 16° sec., durante i pontificati di Gregorio XIII, Sisto V e Clemente VIII, l’I. rallentò l’intensità della sua azione: solo una cinquantina di eretici, fra i quali Giordano Bruno (condannato al rogo nel 1600), furono abbandonati al braccio secolare. A partire da Paolo V, la tendenza alla mitezza si fece via via più netta: l’attività del tribunale si esercitò prevalentemente contro la stampa, attraverso una stretta vigilanza sui testi anche indirettamente pericolosi per la dottrina cattolica. Con il tempo l’I. si ridusse a una istituzione d’ordinaria amministrazione per la tutela del buon ordine, della fede e dei costumi nella vita interna della Chiesa.
Il 7 dicembre 1965, giorno precedente la conclusione del Concilio Vaticano II, la congregazione del Sant’Offizio è stata trasformata in Congregazione per la dottrina della fede, con compiti più connessi alla promozione della ricerca teologica che alla repressione degli errori.