La vasta azione svolta dalla Chiesa cattolica nel 16° sec. e in parte del 17° per restaurare una più intensa, viva, sincera e disciplinata vita religiosa, realizzando quella «riforma nel capo e nelle membra», già discussa nei concili del 15° sec. e resa ancor più urgente dal dilagare della Riforma protestante nel 16° sec. (v. .).
La C. operò nel campo del dogma e in quello della disciplina ecclesiastica, tra il clero e il laicato, con mezzi religiosi, politici, giudiziari, sul terreno culturale e su quello delle armi; agì con particolare intensità tra il quinto e il nono decennio del 16° sec., ma la sua opera si protrasse sino a che, con la pace di Vestfalia (1648), apparvero ormai decise le sorti religiose d’Europa e tracciati i confini territoriali fra le confessioni.
Sul terreno dogmatico, l’opera della C. si concentra particolarmente nell’attività del Concilio di Trento (1545-63) volta a fissare il dogma cattolico nei punti in cui il protestantesimo aveva rinnegato principi tradizionali, o interpretato in modo nuovo la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa. In particolare il Concilio di Trento fissò il dogma del peccato originale e quello della giustificazione per la fede e per le opere, condannando il principio luterano della giustificazione per la sola fede, indipendentemente dalle opere, e affermando il valore del libero arbitrio persistente anche dopo il peccato originale. Anche nel campo della riforma disciplinare il concilio svolse opera essenziale, dando norme per la scelta e l’azione dei cardinali e dei vescovi e condannando il nepotismo. Fuori dal concilio, i papi diedero infinite disposizioni volte a evitare il continuarsi di mali, per lo più da lunghissimo tempo deplorati, ma ai quali non si era mai riusciti a porre riparo. Ai papi si affiancarono ecclesiastici eminenti come s. Carlo Borromeo, s. Alessandro Sauli, i beati Paolo Burali d’Arezzo e Giovanni Giovenale Ancina, il cardinale Gabriele Paleotti e altri. Grandi artefici dell’intera opera riformatrice furono i nuovi ordini religiosi, principalmente la Compagnia di Gesù, e poi teatini, somaschi, barnabiti, ospedalieri di s. Giovanni di Dio, ministri degli infermi, chierici regolari della Madre di Dio, chierici regolari minori, scolopi. A questa fioritura di nuovi ordini religiosi si accompagnò la riforma degli antichi: sorsero così i cappuccini, i carmelitani scalzi, i romitani scalzi di s. Agostino. Nel complesso con la Controriforma, i diritti della gerarchia diedero luogo a un’organizzazione sempre più forte e disciplinata; il primato papale affermò con sempre maggiore fermezza i suoi attributi.
Caratteristica della religiosità della C. fu, nel campo morale, una maggiore benignità, un senso più vivo e una valutazione più estesa di tutte le condizioni psicologiche degli atti umani. Lo spirito di mortificazione della carne rimase parte essenziale della pietà cattolica, ma scomparvero o si attenuarono certe forme di aspra e pubblica penitenza. Aumentò anche grandemente la cura per il miglioramento del costume degli ecclesiastici, l’attività sociale e benefica del clero: l’importanza del sacerdozio, che era stato elemento vitale sin dagli inizi della Chiesa cattolica, ne risultò ancora accresciuta, anche se qualche laico assurse a figura di primo rango nella vita della Chiesa, così come molti ecclesiastici i quali ebbero in essa un’importanza senza alcun rapporto con la loro posizione gerarchica.
La C. lottò contro l’eresia, non soltanto attraverso un’opera polemica in difesa dei principi cattolici, ma soffocando con mezzi repressivi ogni focolaio di eresia nei paesi cattolici. Quest’opera fu in particolare modo affidata all’Inquisizione (➔). Connessa all’operato di questa, fu l’attività di prevenzione, che si esplicò soprattutto nel campo librario con la censura preventiva (sottoposizione all’imprimatur) e repressiva (istituzione dell’Indice dei libri proibiti).
A tutte le attività in cui si concretizzò la C. va aggiunta quella politica e militare, che la Chiesa non poté realizzare da sola, ma che non cessò fin dall’inizio di raccomandare agli Stati, incoraggiando le imprese volte a vincere sui campi di battaglia gli eretici e a sgominarne le coalizioni. La storia della Controriforma comprende pertanto quella delle guerre di religione. La Germania fu il loro campo principale, dalla formazione della lega di Smalcalda alla pace di Vestfalia. Infine, è da menzionare l’opera delle missioni, specialmente gesuitiche, che portarono il cattolicesimo non solo fra gli indigeni dell’America Meridionale, ma in Etiopia, in India, in Cina, in Giappone. Nella stessa direzione di riconquista ed espansione della Chiesa cattolica si accentuarono gli sforzi verso l’unione delle chiese e il ‘recupero’ dei cristiani ortodossi, con conseguente impegno, religioso e militare, per l’allontanamento dei Turchi dall’Europa centrale e dai Balcani.
Nell’ambito dell’arte il concilio di Trento si pronunciò in maniera piuttosto generica: riallacciandosi alle decisioni del Secondo Concilio di Nicea, ribadì la liceità e validità delle immagini sacre e ne affidò agli ecclesiastici la disciplina e il controllo. La politica figurativa della C. si volse, perciò, soprattutto a combattere le licenze e gli abusi nel campo iconografico, insistendo sull’esatta aderenza ai fatti della storia cristiana e alle verità teologiche, sfrondati da ogni elemento proveniente da tradizioni apocrife o popolari, e spinse a evidenziarne i valori edificanti. Questo rigido atteggiamento comportava anche l’eliminazione di elementi profani e un particolare controllo sulla decenza delle immagini: esemplari, a questo proposito, possono essere il processo intentato nel 1573 dal tribunale dell’Inquisizione a Paolo Veronese che nella Cena in casa Levi (Venezia, Gallerie dell’Accademia) aveva introdotto cani, nani, buffoni non menzionati dal testo biblico e sconvenienti a un episodio sacro, e ancor più gli aspri attacchi cui fu sottoposto il Giudizio universale di Michelangelo nella cappella Sistina per l’indecenza dei nudi, per l’introduzione di figure come quella di Caronte, per la raffigurazione degli angeli senza ali ecc. Ma accanto a questa rigida posizione, che trova espressione in uno dei due dialoghi pubblicati nel 1564 da G.A. Gilio (Degli errori e degli abusi de’ pittori circa l’historie) e, in maniera più profonda e sistematica, nell’opera di G. Paleotti (Discorso intorno alle immagini sacre e profane, 1582), e all’analogo atteggiamento nei confronti della musica (il contrappunto, gli improvvisi o il diminuendo, che rendevano incomprensibili le parole, furono eliminati, come anche furono epurati i motivi popolari sui quali spesso si cantavano le parole della messa), nel panorama artistico e religioso della C. trovarono spazio movimenti e personalità di carattere completamente diverso: grazie all’opera dei gesuiti e soprattutto a tipi di organizzazione quale quella degli oratori, si coltivarono nel campo delle arti figurative, della musica e del teatro, espressioni che facendo leva sul sentimento risultarono più efficaci e coinvolgenti strumenti di propaganda. Nell’ambito della politica della C. va ancora ricordato l’unico testo che con scrupolosa meticolosità affronti il problema dell’architettura sacra: le Instructiones fabricae et supellectilis ecclesiasticae che s. Carlo Borromeo pubblicò nel 1577.