Delitto previsto e disciplinato dagli artt. 314 e 316 del codice penale, e modificato dalla l. n. 97/2001. Si configura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, avendo per ragione del proprio ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o altra cosa mobile altrui, se ne appropria. La pena è diminuita quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare un uso momentaneo della cosa e l’ha poi effettivamente restituita (cosiddetto peculato d’uso). L’elemento soggettivo è il dolo generico per la prima ipotesi e il dolo specifico (Dolo. Diritto penale) per la seconda. In entrambi i casi il reato è istantaneo e si consuma quando l’agente inizia a comportarsi, nei confronti della cosa o del denaro, uti dominus, cioè come se ne fosse il proprietario, a prescindere dal verificarsi di un danno per la pubblica amministrazione. La nuova formulazione dell’art. 314 non esige più che il denaro o la cosa mobile appartengano alla pubblica amministrazione, ma soltanto che siano nella disponibilità del soggetto attivo.
Il peculato mediante profitto dell’errore altrui. - Si contraddistingue per il fatto che il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio riceve o ritiene indebitamente per sé o per un terzo, denaro o altra utilità giovandosi dell’errore altrui. Tale reato sussiste solo se posto in essere dai soggetti sopra indicati. Per tale ragione appartiene alla categoria dei reati propri. Gli interessi protetti dalla norma sono il buon andamento, l’imparzialità della pubblica amministrazione e, in via secondaria, l’integrità patrimoniale e l’interesse (non necessariamente patrimoniale) del privato. L’elemento soggettivo è il dolo generico e consiste nella coscienza e volontà di ricevere o ritenere la cosa con la consapevolezza dell’errore altrui e dopo aver scoperto l’errore stesso. Il reato si consuma con la ricezione da parte dell’agente del denaro o dell’altra utilità non dovuti o, nell’ipotesi di ritenzione, allorché sia consapevole dell’errore altrui e non provveda a restituire ciò che non gli era dovuto.