Polonia
Nessun ricordo diretto della P., della sua storia, delle sue città, delle sue tradizioni politiche, anche in rapporto alle vicende dell'Impero, è da annoverare nell'opera di D., se non la citazione, in Pg VII 101, di Venceslao IV (v.), re di Boemia dal 1278, e di P. dal 1300 sino alla morte, avvenuta il 21 giugno del 1305 (ma l'occasione per cui è rammentato: la presenza nella valletta dell'Antipurgatorio di suo padre Ottocaro II, e il confronto tra questi e suo figlio / barbuto, cui lussuria e ozio pasce, inserisce la citazione in un mero contesto di storia boema). Infatti D. non aveva che notizie vaghissime della nazione polacca; sapeva ch'essa confinava con gli Ungheresi da B. Latini, Tresor, ediz. Chabaille p. 165, e forse il polacco è tra i popoli designati genericamente dopo alcuni citati con esattezza (Sclavones, Ungaros, Teutonicos, Saxones, Anglicos, et alias nationes) tra i vari parlanti la lingua dell'jo, in VE I VIII 4. Opportunamente il Marigo ricorda (De vulg. Eloq. 52 n.) che gli studenti polacchi facevano parte di una corporazione di " ultramontani " nello Studio di Bologna, e costituivano una natio molto popolosa, ma non tanto quanto la teutonica, tant'è vero che non costituivano una corporazione a sé, ma con altri popoli formavano un raggruppamento che eleggeva un rettore a ogni triennio.
Fortuna DI D. In Polonia. - Tutto quello che è possibile riportare a D. nella letteratura polacca anteriore all'Ottocento, può esser ridotto a un arido elenco bibliografico. Così per esempio, nell'anno 1321, la notizia della morte del poeta nella cronaca quattrocentesca di Dlugosz, oppure qualche ricordo posteriore del suo nome. Nel secolo dei lumi il tentativo del vescovo Krasicki di tradurre un piccolo brano del Paradiso doveva servire unicamente a illustrare un suo trattato enciclopedico. Proprio alla soglia del secolo successivo, nel 1795, l'anno della terza e definitiva spartizione della Polonia, Adamo Giorgio Czartoryski scrive il suo Bardo polacco (pubblicato però solo nel 1840). Per la prima volta assistiamo a un pellegrinaggio attraverso l'Inferno, che però non è da cercare nel leggendario abisso, ma si trova sulla terra: un vate venerabile guida il suo giovane compagno per il paese natio terribilmente devastato. In seguito il mondo contemporaneo svelerà non di rado agli scrittori polacchi le sue atroci affinità con le Malebolge dantesche, e il motivo del pellegrinaggio attraverso il regno doloroso diventerà quasi una convenzione letteraria.
Anche in P. fu il Romanticismo ad annoverare D. fra i suoi massimi ispiratori. L'ammirazione per il poeta trovò appoggio nella compassione per l'esule, vivamente sentita soprattutto dagli emigrati polacchi dopo la disfatta della rivoluzione, del 1831.
La poesia dei grandi romantici polacchi presenta un caso unico di assorbimento dei motivi danteschi in opere originali, di altissimo valore, che per parecchie generazioni prive dell'indipendenza politica, dovevano racchiudere la parte più imperitura del patrimonio nazionale. La commedia non divina di Krasinski (1835) già nel titolo riconosce la sua parentela dantesca, trasparente nel drammatico urto che mette in opposizione l'aristocratico difensore del passato e l'infernale folla rivoluzionaria, condotta dall'ardente tribuno. Slowacki nell'Anhelli (1838) ha trasposto la rappresentazione infernale nella Siberia, dove la crudeltà del destino incombente sugli esiliati sembra attenuata dal paesaggio niveo. Ma accanto a queste opere particolarmente significative se ne possono citare molte altre, così tutto un ciclo dantesco dello stesso Slowacki, senza dimenticare gli Avi del Mickiewicz, anche traduttore di qualche frammento dell'Inferno.
Nelle generazioni seguenti continua la fila dei fedeli di D.: C. Norwid (1821-83), artista novatore, tardi riconosciuto, ma oggi fra i più ammirati, traduttore efficace di qualche canto della Commedia; A. Asnyk, autore del Sogno delle tombe (1865); T. Lenartowicz (1822-1893) che contempla l'oltretomba con gli occhi dell'ingenua popolana, o il parnassiano Falenski (m. 1910). J.I. Kraszewski, inesauribile inventore del romanzo polacco, dedicò al grande fiorentino un attento studio letterario (1869), pubblicato in tedesco nel 1870, cimentandosi pure nella traduzione della Commedia. Tuttavia fra gli scrittori polacchi dell'Ottocento che hanno parlato di D. non incidentalmente il primo posto spetta senza dubbio a J. Klaczko .(v.).
Cinque versioni complete della Commedia hanno visto la luce negli ultimi cento anni, a cominciare da quella a rime baciate e alternate di J. Korsak nel 1860, senza tener conto di molte traduzioni di singoli episodi, qualche volta di gran pregio, e tralasciando vari tentativi rimasti manoscritti o perduti. A. Stanislawski ha raggiunto un buon livello adoperando l'endecasillabo sciolto (1870). Classica rimane la traduzione di E. Porębowicz pubblicata negli anni 1899-1906 e ristampata varie volte, ultimamente per celebrare l'anniversario del 1965, con incisioni di 34 fra i migliori artisti polacchi contemporanei. Nel 1947 uscì la versione di A. Swiderska, terminata venti anni prima.
Il Porębowicz nei momenti migliori manifesta più slancio e vigore, sebbene non abbia saputo preservarsi dalle stravaganze della lingua e dalle costruzioni contorte, anche non giustificate dalla parola di D. stesso. La versione della Swiderska, fedele anch'essa alla terza rima, più piana e più semplice, senza offendere l'arte di D., ne favorisce l'accesso al lettore comune. Come curiosità può essere notata la traduzione dovuta al capo della setta religiosa dei Mariaviti, M. Kowalski (1933).
Delle opere minori La Vita Nuova ha trovato cinque traduttori, all'ultimo dei quali - è lo stesso Porębowicz - spetta il primato (bella anche la veste tipografica del volume, stampato da S. Tyszkiewicz a Firenze nel 1934). A J. Feldhorn si deve una scelta del Canzoniere (Cracovia 1926, ma stampata a Roma: 30 poesie); un livello superiore però fu raggiunto da Falenski, Lange, Porębowicz o Jastrun nelle versioni di qualche sonetto o canzone isolata. Il Porębowicz - accanto agli studi sparsi - ha dato alle stampe un libro su D. (1906, 1922²) che fa rivivere l'epoca e l'ambiente, presenta la vita e l'opera del poeta e assume un accento personale quando ne mette in risalto la potenza immaginativa.
Il centenario del 1921 ha lasciato una messe notevole di studi, saggi e articoli che concernono anzitutto la fortuna di D. in Polonia. La maggior parte cerca di rintracciare l'influsso del poeta italiano, percepibile in opere particolari, specialmente dei grandi romantici. Non mancano saggi dispersi nelle riviste, solo in parte riprodotti poi o riuniti in volume; tuttavia si aspetta sempre una sintesi capace di definire il posto di D. nello sviluppo della cultura polacca.
Un'attenzione particolare, nel ventennio fra le due guerre, hanno destato i lavori di Konstanty Michalski, professore e rettore dell'università Jagellonica. Notissimo storico del pensiero medievale, col tempo egli si avvicinava sempre più all'opera di D., cercando di precisarne i vari aspetti filosofici e la profonda unità del messaggio, culminante nell'idea dell'amore. La più completa esposizione delle indagini del Michalski è da cercare nel saggio Eros i Logos u Dantego (Cracovia 1936). Appare in esso non solo lo storico delle correnti spirituali del tardo Medioevo, ma lo studioso molto attento allo sviluppo del pensiero contemporaneo, capace di trovare, senza troppo ingegnosi espedienti, punti di contatto fra Adler, Freud, Spranger o Ingarden e i lontani pensatori del Due e Trecento. Non fu concesso al dotto commentatore di spiegare definitivamente le sue opinioni nell'ultimo studio interrotto dalla morte e pubblicato in francese (La gnoséologie de D., Cracovia 1950), dove un capitolo intiero racchiude l'esame della nozione dantesca dell'opera di poesia.
L'ampio libro di Kalikst Morawski, D.A. (Varsavia 1961), tira giudiziosamente le somme dell'ingente mole delle ricerche e delle discussioni sostanziali, offrendo indicazioni esatte a chi vuol accedere al mondo dantesco.
Senza pretendere un posto eminente nella dantologia mondiale, anche gli scritti di occasione oppure le spontanee impressioni servono a continuare una tradizione, mai indebolita in P., della cultura umanistica, e non di rado offrono un aspetto personale degno di nota. Più dei contributi, destinati a un gruppo ristretto di eruditi, sono i richiami nelle opere letterarie degli scrittori del Novecento che segnano l'estensione della fortuna di D. in Polonia.
L'Inferno dei romantici, indissolubile dalla tragedia nazionale, è ormai passato alla storia, e la poesia dell'esule fiorentino può esser risentita senza mescolanza di elementi accidentali, seppur importantissimi all'epoca. Se nei celebri romanzi storici, come Le ceneri di Zeromski o Pietre viventi di Berent, gli accenni a D. servono a rilevare il colorito locale e l'aria del passato, le allusioni che si presentano ai poeti della generazione seguente - Tuwim, Lechon o Jastrun - attestano un legame più personale e intimo.
Bibl. - S.P. Koczorowski, Bibliografia dantesca in Polonia. D. w Polsce, Cracovia 1921; W. Preisner, D. i jego dziela w Polsce. Bibliografia krytyczna z historycznym wstępem. (D. e le sue opere in Polonia. Bibliografia critica con una introduzione storica), Torun 1957. Sulla fortuna di D. in P. cfr. poi Z. Szmydtowa, D. and Polish Romanticism, in " Slavonic Review " VIII (1929-1930); M. Brahmer, D., le grand emigré, et le romantisme polonais, in Comparative Literature, Proceedings of the OCLA Congress in Chapel Hill, University of North Carolina 1959, 617-624; ID., D. in P., in D. nel mondo, Firenze 1965, 357-364; P. Cazin, D. et la Pologne, in " Bulletin de la Societe d'Étudès Dant. du C. U. M. " VI (1957) 27-31.