Vedi Polonia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Nella sua storia plurisecolare, la Polonia è stata al centro delle dinamiche geopolitiche e delle contese dei grandi imperi europei. Strategicamente collocato nel cuore del Vecchio continente, il territorio polacco fu oggetto, nel 18° secolo, di successive partizioni da parte dei tre grandi imperi confinanti: prussiano, austriaco e russo. Per effetto di tali partizioni, nel 1795 il paese scomparve dalla carta geografica dell’Europa, per tornare a essere uno stato indipendente solo nel 1918, all’indomani della Prima guerra mondiale. Divenne così di fatto uno stato cuscinetto tra Germania e Russia. Nel 1939, l’invasione della Polonia a opera della Germania nazista – e la successiva spartizione del paese tra Berlino e Mosca – scatenò la Seconda guerra mondiale, al termine della quale il territorio polacco, ancora rimodellato, assunse i confini odierni.
Durante il periodo della Guerra fredda il paese fu governato da un regime di ispirazione socialista e vicino all’Urss, alla pari degli altri paesi dell’Europa centro-orientale. Negli anni Ottanta fu principalmente dalla Polonia che partì quell’ondata di manifestazioni per le riforme, che alla lunga portarono all’implosione del blocco socialista prima e dopo dell’Unione Sovietica. L’attivismo della società civile polacca fu possibile grazie all’operato del sindacato Solidarność, guidato da Lech Wałęsa. Nel 1990 Wałęsa divenne il primo presidente della Polonia post-comunista. Nel corso degli anni Novanta Varsavia si è impegnata in un profondo processo di riforme politico-economiche: il riconoscimento di questo percorso si è concretizzato prima nella sua ammissione alla Nato (1999) e poi, nel 2004, all’Unione Europea (Eu).
La Polonia, storicamente minacciata ad ovest dalla Germania e ad est dalla Russia, ha dunque cessato di considerare Berlino e Mosca come avversari, avviando un processo di normalizzazione che ha tuttavia conosciuto esiti non del tutto coincidenti. La Germania unita è ormai il primo partner commerciale di Varsavia e le relazioni bilaterali sono eccellenti: i due paesi mirano ad un partenariato forte in grado di determinare le politiche europee lungo linee condivise di politica economica e di sicurezza.
Più complessi invece i rapporti con Mosca. Superata la fase di confronto sterile vissuto durante l’esecutivo conservatore di Diritto e giustizia (Prawo i Sprawiedliwość – Pis), si è assistito durante il governo Tusk ad una ricerca del dialogo pur nel permanere di differenze e diffidenze di fondo. I due paesi rimangono divisi da un passato ingombrante e difficile e da un presente caratterizzato da posizioni contrastanti e da interessi discordanti, non ultimo sul tema dei corridoi energetici. Non a caso, è soprattutto in chiave antirussa che Varsavia ha coltivato, nella fase successiva al 1991, relazioni stabili e profonde con gli Usa, sia a livello bilaterale, sia nell’ambito della struttura transatlantica della Nato. In particolare, Varsavia ha assicurato a Washington la disponibilità polacca dapprima ad accogliere sul proprio territorio la base di missili intercettori che avrebbe dovuto essere parte dello scudo antimissile americano, poi – a seguito della revisione del progetto – il proprio interesse ad essere coinvolti nella nuova configurazione dello scudo.
Oggi la Polonia rimane un paese di notevole rilevanza strategica, tanto nel contesto dell’Eu, quanto nelle dinamiche proprie dell’Europa centro-orientale. Varsavia è ancora molto sensibile ai temi della sicurezza e ancor più a quelli collegati alle questioni energetiche. In questa prospettiva, l’approfondimento delle politiche comunitarie di vicinato nei confronti dell’Europa orientale costituiscono una priorità strategica. Assieme alla Svezia, la Polonia ha promosso in ambito Eu il cosiddetto Partenariato orientale, un accordo di associazione stretto tra l’Eu e Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia, Bielorussia e Ucraina. La Polonia è inoltre tra i promotori, assieme a Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria, del Gruppo di Visegrád (anche detto V4), un’alleanza regionale volta a favorire una più stretta cooperazione tra i suoi membri. Priorità dell’azione diplomatica polacca è il tentativo di rinvigorire il cosiddetto Triangolo di Weimar, un accordo tra Polonia, Francia e Germania finalizzato a incrementare l’interdipendenza politica ed economica. Concluso già nel 1991, era stato congelato durante gli anni della presidenza di Lech Kaczyński.
La Polonia è una repubblica parlamentare con un sistema legislativo bicamerale, composto dalla Camera bassa, il Sejm (460 seggi), e dal Senato (100 seggi). La legislatura ha una durata di quattro anni e l’accesso al Parlamento è limitato da una soglia di sbarramento equivalente al 5% dei voti per i partiti e all’8% per le coalizioni. Sebbene i suoi compiti siano essenzialmente cerimoniali, il presidente della repubblica è eletto direttamente dal popolo per un mandato quinquennale. L’ultima elezione presidenziale risale al luglio 2010, indetta anticipatamente a seguito della scomparsa dell’ex presidente, Lech Kaczyński, in un incidente aereo nei pressi di Smolensk, in Russia. L’elezione alla presidenza di Bronisław Komorowski, appartenente al partito di governo della Piattaforma civica (Platforma Obywatelska, Po), contro il fratello dell’ex presidente, Jaroslaw Kaczyński del partito Pis, ha rappresentato la conferma del cambiamento degli equilibri politici nazionali. Nonostante sia il Po, sia il Pis afferiscano all’area di centrodestra, gli anni di governo di quest’ultimo (2005-07) sono stati caratterizzati da un forte antieuropeismo e dal ritorno a una politica nazionalista. All’opposto, la nomina a primo ministro di Donald Tusk del Po, a seguito delle elezioni parlamentari del 2007, i cui risultati sono stati confermati da quelle dell’ottobre del 2011, ha modificato le direttrici della politica estera polacca, rilanciando i rapporti con l’Eu. Per quanto riguarda la compagine di governo, Janusz Piechociński, ministro dell’Economia ed Elżbieta Bieńkowska, ministro dei trasporti, infrastrutture, sviluppo regionale ed economia marittima sono i due vice primo ministro. Nonostante il rimpasto di governo, da un lato le tensioni all’interno del Po, dall’altro la costante perdita di consensi del partito di maggioranza relativa potrebbero costringere l’esecutivo a dover ricorrere ad elezioni anticipate.
La Polonia è lo stato più popoloso tra i paesi dell’Europa orientale che fanno parte dell’Eu. Tuttavia la popolazione è in calo e si stima che, dagli attuali 38 milioni di abitanti, il paese scenderà a 36,8 milioni nel 2030. Il tasso di crescita – negativo dal 1995 – appare destinato a rafforzarsi a causa del basso tasso di fecondità (1,3 figli per donna) e del fenomeno migratorio. Numerosi polacchi si sono trasferiti in altri paesi europei, soprattutto dal 2004, anno di ingresso nell’Eu.
La popolazione polacca è piuttosto omogenea, benché vi siano esigue minoranze tedesche, ucraine, bielorusse e rom. Nonostante le minoranze siano tutelate dalla legge e sostenute finanziariamente, la minoranza rom è vittima di discriminazioni, tanto che nel 2010 la commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro la Polonia per la mancata attuazione di alcune disposizioni di tutela.
La maggioranza della popolazione è cattolica (94%). Esistono alcune minoranze di cristiani ortodossi, testimoni di Geova, luterani ed ebrei. La tradizione cattolica è una componente centrale nella società polacca.
Il sistema educativo é solido: già durante l’epoca sovietica l’istruzione era una priorità e il tasso di alfabetizzazione era elevato. Tuttavia, la formazione era incentrata attorno alle necessità di un’economia pianificata e non ai settori importanti per un’economia emergente, quali la finanza e l’information technology.
La Costituzione polacca garantisce la libertà di espressione e vieta la censura. I media polacchi sono numerosi (tra di essi si contano circa 300 testate giornalistiche), per la gran parte privati e di proprietà di stranieri. La televisione di stato domina il settore, ma la concorrenza di canali privati e stranieri é sempre più incalzante.
La corruzione é diffusa e, spesso, impunita. Le donne, pur essendo impiegate in numerosi settori professionali, sono poco presenti e meno remunerate nelle posizioni dirigenziali pubbliche; inoltre sono sottorappresentate nelle principali istituzioni politiche, nei tribunali e nelle università. L’alto tasso di violenza domestica rappresenta un grave problema sociale.
Nel 2009 la Polonia è divenuta l’ottava economia dell’Eu in termini di pil. Il pil pro capite del paese rimane tuttavia piuttosto basso (poco oltre i 20.000 dollari) rispetto alla media europea (oltre 31.000).
Con la transizione all’economia di mercato negli anni Novanta i servizi hanno registrato il maggior sviluppo e contribuiscono oggi al 65% del pil. L’agricoltura, che conta per il 3,5% del pil, è ancora un settore di rilievo, poiché impiega circa il 13% della popolazione attiva. Proprio l’agricoltura ha potuto beneficiare di più di 13 miliardi di euro, ricevuti nell’ambito della politica agricola comune dell’Eu. L’industria, che contava ancora per il 37,5% del pil nel 1996, contribuisce oggi per il 31% e produce prevalentemente autoveicoli, macchinari e prodotti alimentari.
Le regioni occidentali del paese sono più ricche e hanno attratto più investimenti – le prime quattro regioni più produttive della Polonia, sulle sedici totali, contribuiscono insieme a circa la metà dell’intero pil nazionale.
Dall’inizio del 21° secolo la Polonia ha registrato una crescita sostenuta: persino nel 2009, anno di crisi per la massima parte delle economie europee, il pil polacco è cresciuto del 1,6%. Tra i fattori che hanno permesso tale risultato vi è la riduzione del deficit della bilancia commerciale (-4,3 miliardi di dollari nel 2009), grazie alla diminuzione delle importazioni e a nuovi investimenti nel settore delle esportazioni. Nel corso del 2012, il pil è cresciuto del 1,5% per merito di una forte domanda interna e delle esportazioni. Nel 2013 si è registrata però una decelerazione imputabile alla recessione dell’area euro e a una diminuzione della domanda interna. Il protrarsi della crisi economica nell’eurozona ha provocato un rallentamento nella crescita dell’economia polacca. Le cattive performance dell’economia nazionale hanno portato ad un cambio al vertice al Ministero delle Finanze: Jacek Rostowski è stato sostituito da Mateusz Szczurek, un economista vicino al premier Tusk. Coinvolti nel rimpasto di governo altri sette ministeri, tra cui Sławomir Nowak ai trasporti e Marcin Korolec all’ambiente, sostituiti rispettivamente con Elżbieta Bieńkowska e Maciej Grabowski. Un elemento di rischio per l’economia del paese, che pure non è mai caduta in recessione, è il deficit di bilancio, che resta ancora elevato (3,9% sul pil nel 2012). Il paese non riesce a ottemperare ai criteri di Maastricht che gli permetterebbero di accedere alla zona euro. Tale obiettivo, inizialmente previsto per il 2012 dal governo Tusk, non sembra destinato a realizzarsi prima del 2015.
Per ridurre il deficit di bilancio, sostenere lo sviluppo e diminuire le disparità socio-economiche – le regioni occidentali della Polonia sono più ricche e più capaci di attrarre investimenti –, il governo ha studiato un pacchetto di misure utili, da un lato, a favorire solvibilità del credito, dall’altro a garantire crescita e attrazione degli investimenti esteri. Tra le misure più importanti: un nuovo piano di rilancio degli investimenti (prevalentemente nel settore infrastrutturale), l’annullamento di alcune agevolazioni fiscali, l’introduzione di imposte per settori specifici (per esempio le accise sui carburanti e sul tabacco), alcune modifiche sulle aliquote di imposta iva e l’avvio di riforme strutturali (pensioni e privatizzazioni di aziende statali, in primis).
Per quanto concerne il commercio internazionale, la Polonia esporta tradizionalmente materiali grezzi e prodotti semilavorati. Recentemente, le esportazioni sono passate a essere costituite anche da macchinari, prodotti alimentari, tessili e d’arredamento. Principale partner commerciale é la Germania, seguita da Italia e Francia. L’Eu nel suo complesso é il principale partner commerciale già dagli anni Novanta, anche se la Russia é ancora un grande fornitore di energia e gli scambi commerciali con la Cina sono in costante aumento.
La Polonia è un’importante produttrice di carbone (che fornisce il 54% dell’energia consumata dal paese). Produce anche piccole quantità di gas e petrolio. Varsavia ha iniziato a portare avanti un piano di sviluppo di estrazione di shale gas, di cui dispone di grandi riserve, fra le maggiori in Europa. Tuttavia, le nuove norme eccessivamente restrittive a livello europeo in materia di fracking e l’eccessiva lentezza della burocrazia polacca potrebbero ridimensionare l’esplorazione dei giacimenti di idrocarburi non convenzionali.
Il petrolio è attualmente importato prevalentemente dalla Russia tramite l’oleodotto Druzhba (letteralmente ‘amicizia’, dal momento che tra gli anni Sessanta e la fine degli Ottanta il gasdotto collegava l’Unione Sovietica ai paesi europei del Patto di Varsavia), che transita attraverso la Bielorussia. In vista di una diversificazione dei partner petroliferi la Polonia, assieme ad altri paesi europei interessati al progetto (Austria, Slovacchia e Ungheria), sostiene la costruzione dell’oleodotto Odessa-Brody-Danzica.
Il declino dell’industria pesante ha provocato una contrazione nelle emissioni di anidride carbonica e di gas serra, e lo stesso effetto è stato accelerato dall’introduzione di una più solida legislazione ambientale. Tuttavia Varsavia è al sesto posto nell’Eu per emissioni di CO2.
La Polonia mira a ridurre la quota di carbone nell’energia consumata, ma quest’ultimo resta l’unica alternativa al gas e al petrolio russi e contribuisce alla produzione di circa il 94% dell’elettricità. Il paese ha espresso forti dubbi sugli obiettivi ambientali della strategia Europa 2020, che prevedono di ridurre entro quella data le emissioni di CO2 del 20% e di ottenere il 20% di energia tramite fonti rinnovabili. Varsavia rivendica la necessità di poter disporre di tempi maggiori: nel caso polacco il raggiungimento degli obiettivi nei tempi prefissati potrebbe comportare prezzi troppo elevati per l’elettricità, e quindi per lo sviluppo economico, o aumentare eccessivamente la dipendenza energetica da Mosca.
Storicamente, Varsavia ha sempre avvertito le minacce delle mire espansionistiche dei suoi vicini e l’accerchiamento di potenze ostili: per questo, il paese pone a tutt’oggi la sicurezza dei confini in prima linea tra gli interessi vitali di politica estera. Attualmente, i rapporti transatlantici con gli Usa rappresentano la prima garanzia. L’ingresso nella Nato, nel 1999, ha costituito il principale strumento per garantirsi la protezione statunitense nel quadro della difesa transatlantica comune. Tuttavia, negli ultimi due anni Varsavia ha anche migliorato sensibilmente i rapporti con la Russia, potenziale fonte di preoccupazione a est.
Sebbene l’ex presidente statunitense George W. Bush avesse avviato un progetto per l’installazione di sistemi antimissilistici sul territorio polacco – progetto che incontrava il favore di Varsavia –, l’attuale amministrazione Obama ha cancellato la proposta, permettendo alla Polonia di avviare la distensione dei rapporti con la Russia.
Una brusca frenata al processo di distensione tra Polonia e Russia è però arrivata in occasione della crisi che ha interessato l’Ucraina all’inizio del 2014. La controversia circa la firma o meno dell’Ucraina dell’Accordo di associazione con l’Unione Europea e la seguente risposta russa a favore dell’allora governo di Janukovyč hanno inizialmente causato preoccupazioni nella stessa Polonia. Quest’ultima, del resto, aveva prontamente appoggiato le proteste filoeuropee e antirusse nelle piazze di Kiev, tentando di far volgere la situazione contro Mosca. Nel momento in cui il governo russo ha reagito alla deposizione di Janukovyč, con l’invio di proprie truppe direttamente in suolo ucraino e l’occupazione di fatto della regione della Crimea, la politica della Polonia nei confronti della Russia si è fatta man mano più assertiva. Varsavia ha guidato il fronte dei ‘falchi’ all’interno dell’Eu circa l’atteggiamento da seguire nei confronti di Mosca. Se, da un lato, infatti, Bruxelles avesse condannato fermamente l’operato della Russia in Ucraina e l’annessione della Crimea, dall’altro si è trovata divisa al proprio interno. A rassicurare la Polonia, sono intervenuti comunque gli Stati Uniti, tramite la visita del vicepresidente Joe Biden a Varsavia e a Vilnius, in Lituania. In quest’occasione è stato ribadito l’appoggio statunitense ai propri partner dell’Europa orientale in caso di ulteriori tensioni con la Russia.
Il congelamento del progetto dello scudo antimissile non ha del resto destato preoccupazione o risentimenti nei confronti di Washington e la Polonia ha dimostrato di voler mantenere gli stretti legami con gli Stati Uniti, che si sono andati sviluppando nell’ultimo decennio. L’attuale governo Tusk, responsabile della decisione di ritirare il contingente polacco dall’Iraq nel 2008 (nonostante l’opposizione dell’allora presidente Kaczyński), ha incrementato il contingente polacco schierato in Afghanistan, rispondendo positivamente all’appello di Barack Obama circa un maggiore sforzo da parte di tutti i partecipanti alla missione Isaf della Nato. Le truppe polacche in Afghanistan sono al settimo posto per numero. Inoltre, il governo polacco ha scelto di concentrarsi maggiormente sulle missioni militari in ambito Eu e Nato, ritirando i propri contingenti da tutte le missioni delle Nazioni Unite, come quelle in Libano, in Ciad e sulle Alture del Golan. In tal modo la Polonia ha potenziato la cooperazione in ambito europeo e transatlantico, ma a scapito del suo impegno sul fronte del peacekeeping internazionale.
Il Gruppo di Visegrád è stato costituito nel 1991 da Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia, tre paesi dell’Europa centro-orientale che condividevano comuni radici culturali e un recente passato di soggezione all’influenza sovietica. Nel 1993, alla Cecoslovacchia sono subentrati i due stati in cui si è suddivisa, la Repubblica ceca e la Slovacchia. La costituzione del gruppo tendeva a superare le reciproche diffidenze e instaurare una stretta cooperazione politico-economica, volta a facilitare la transizione verso il libero mercato e la democrazia e ad accelerarne il processo di integrazione europea. Nei primi anni Novanta il Gruppo ha avuto un ruolo di rilievo nello sviluppo dei negoziati con l’EU e la NATO. In seguito, però, la cooperazione ha subito un rallentamento, anche per l’ammissione nell’EU di tutti e quattro i paesi, nel 2004. Recentemente la Polonia ha ripreso a promuovere la cooperazione nell’ambito del gruppo, proponendo una sorta di ‘cooperazione rafforzata’ nell’ambito della comune appartenenza all’EU. Allo stato attuale i membri di Visegrád possono disporre di 58 voti al consiglio dell’Unione europea. Nel 2011 la presidenza semestrale del consiglio è stata prima ungherese e poi polacca. Le priorità, come indicate anche nella Dichiarazione di Bratislava del febbraio 2011, sono la competitività economica, l’attrazione di investimenti, la sicurezza energetica, la politica di vicinato con i paesi dell’Europa dell’est e dei Balcani, i rapporti euro-atlantici e il legame con la NATO. Nell’ottobre 2012, sotto la presidenza polacca, si è svolta una riunione fra i ministri degli esteri del gruppo con gli omologhi dei Balcani occidentali per accelerare l’adesione dei paesi balcanici all’EU. Nell’aprile dello stesso anno il Gruppo di Visegrád ha emesso una dichiarazione (‘Responsibility for a Strong NATO’) in cui i quattro paesi partecipanti ribadiscono la loro disponibilità a contribuire ai tre compiti chiave dell’Alleanza, ossia difesa collettiva, crisis management e sicurezza cooperativa.
La religione è un elemento fondamentale dell’identità polacca. La Polonia è un paese prevalentemente cattolico e ciò lo differenzia dai vicini tedeschi, in gran parte protestanti, e dai russi, ortodossi. La Chiesa cattolica, ben ramificata su tutto il territorio con una fitta rete di parrocchie, rappresenta non soltanto un punto di riferimento religioso, ma anche culturale e sociale. Quest’ultimo aspetto è emerso durante gli anni della Guerra fredda e del regime comunista, in particolare dopo l’elezione a pontefice del cardinale polacco Karol Wojtyła, nel 1978. Da quel momento il ruolo della Chiesa come elemento aggregante della protesta anticomunista si è andato sempre più intensificando, anche grazie al sostegno offerto al movimento Solidarnos´c´. Ancora oggi le parrocchie fungono da perno della vita sociale e garantiscono servizi di assistenza alla popolazione in ambito sociale, sanitario ed educativo. La Chiesa svolge un ruolo attivo anche in politica, e la società civile polacca risulta spesso divisa sulla sua ingerenza nella vita pubblica. La polemica sull’influenza della Chiesa si riflette anche in ambito legislativo: Varsavia, per esempio, dispone di una delle leggi più restrittive sull’aborto in Europa. Nel 2009, inoltre, la Polonia ha ratificato il Trattato di Lisbona con una clausola di esenzione (opting out) nei confronti della Carta sui diritti fondamentali dell’Unione Europea in quanto il partito PIS temeva che il paese potesse perdere la propria sovranità su alcune materie come aborto, matrimoni tra persone dello stesso sesso e eutanasia.
La Polonia sarà il primo paese a produrre gas di scisto in Europa. Dall’estate 2013 il pozzo di Le˛brok a Łebien, nei pressi di Danzica, ha iniziato a produrre giornalmente 8000 metri cubi di gas di scisto. Secondo i rilevamenti dell’Istituto geologico polacco (PIG) e dell’Agenzia per l’informazione sull’energia (EIA), le riserve di gas di scisto del paese ammonterebbero a 768 miliardi di metri cubi, più della Francia, che, fra l’altro, ha recentemente bandito l’attività estrattiva. Il governo di Varsavia ha concesso i permessi di esplorazione a una decina di compagnie petrolifere
straniere – principalmente statunitensi –, che agiscono in joint-venture con il gruppo nazionale PGNig. Questa situazione permetterebbe al paese di ridurre la dipendenza dalla Russia e, allo stesso tempo, produrrebbe ricadute positive sull’economia polacca, che sarà in grado di creare almeno 100.000 posti di lavoro. Inoltre diminuirebbe il ricorso al carbone, molto più inquinante, che copre gran parte della produzione di energia elettrica. A livello mondiale, finora, solo due nazioni hanno le conoscenze tecnologiche in grado di estrarre ricchezza dalle rocce scistose: USA e Canada. Altri paesi europei stanno esplorando il sottosuolo per valutarne le riserve: tra questi, il Regno Unito, la Danimarca e la Norvegia
Oltre a essere un forte consumatore del gas e del petrolio russi, la Polonia è anche un paese di transito di entrambe le risorse energetiche, che, in gran parte, sono dirette verso l’Europa occidentale attraverso il gasdotto Yamal Europa e l’oleodotto Druzhba. La Russia, tuttavia, ha interesse a diversificare le rotte energetiche verso l’Europa occidentale al fine di evitare il transito da Ucraina, Bielorussia e Polonia, paesi che a oggi beneficiano di prezzi del gas scontati proprio in virtù dei diritti di transito. Per questo la Russia ha così fortemente sostenuto il progetto di gasdotto sottomarino Nord Stream, che collegherà direttamente Russia e Germania (anche quest’ultima forte consumatrice del gas russo) passando dal Mar Baltico. Allo stesso tempo, nel novembre 2010 Russia e Polonia hanno firmato un nuovo contratto per la fornitura e il transito di gas russo, che dovrebbe aumentare la fornitura di metano a Varsavia di circa 11 miliardi di metri cubi tra il 2012 e il 2022. L’accordo ha temporaneamente risolto una controversia iniziata nel 2006 sulle tariffe di transito del gasdotto Yamal Europa: all’epoca la Polonia chiedeva l’aumento da 1,94 a 2 euro per 1000 metri cubi di gas ogni 100 chilometri, mentre l’impresa russa Gazprom rivendicava la legittimità della tariffa di un precedente accordo tra Polonia e Russia. Nel 2012 Gazprom ha ridotto il prezzo per le forniture di gas di circa il 15%, e ciò dovrebbe far risparmiare alla Polonia circa 1 miliardo di dollari all’anno.