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Introduzione, discorso introduttivo a un’opera. Può essere parte di questa, come ogni prefazione o introduzione, oppure autonomo, come per es. i p. ai Vangeli e quelli alle epistole di s. Paolo.

Nella tragedia antica dell’età classica (Eschilo, Sofocle, Euripide), il p. era la scena che precedeva l’entrata del coro (parodo) e introduceva l’azione, senza avere necessariamente funzione di esposizione dell’antefatto e dello svolgimento del dramma. Tale funzione cominciò ad assumere in alcune tragedie di Euripide, nelle quali è costituito da un monologo che spiega i termini della vicenda, ne ricorda gli antefatti e accenna alla conclusione. Il p. euripideo divenne poi il p. tipico del teatro antico, dalla commedia nuova al teatro romano, tragico e comico.

Nel teatro medievale il p. era rappresentato da un annuncio che, recitato per lo più da un attore in veste di angelo, ricalcava il p. tipico dell’antichità. Nel Rinascimento al p. era affidato, più che la funzione di antefatto, l’incarico di manifestare i propositi artistici, le ragioni poetiche dell’autore. Nella commedia dell’arte il p. era una apostrofe al pubblico pronunciata dalla prima attrice per salutare e ingraziarsi la città e gli spettatori e annunciare l’argomento della rappresentazione. Col tempo si giunse, sia nella tragedia sia nella commedia, all’abolizione del p., assumendo nella tessitura del dialogo l’esposizione della situazione iniziale, nella cui progressiva rivelazione anzi consiste la natura stessa della tensione drammatica. Il p. riappare sporadicamente nel teatro moderno (F. Schiller, J.W. Goethe, P. Cossa ecc.) con la formula classica; nel teatro contemporaneo compare talvolta con funzioni polemiche, talvolta per iniziare un commento, spesso affidato a un personaggio-coro, che accompagna l’azione, ma non ha mai la caratteristica di riassumere l’argomento.

In campo musicale si ha a volte il p. come scena introduttiva (che può talora costituire un atto intero) di un’opera oppure di un balletto.

Vedi anche
monologo Discorso continuato, soprattutto orale ma anche scritto, tenuto da una sola persona che si rivolge a sé stessa o ad altri, dai quali non attende o non ammette risposte o critiche, e con i quali non intende stabilire un dialogo. letteratura monologo interiore Tecnica narrativa, sperimentata da É. Dujardin ... tragedia Opera e rappresentazione drammatica che si caratterizza, oltre che per il tono e lo stile elevato, per uno svolgimento e soprattutto una conclusione segnati da fatti luttuosi e violenti, da gravi sventure e sofferenze. 1. L’età classica 1. La tragedia greca. La tragedia di Eschilo, Sofocle, Euripide, ... Eurìpide Eurìpide (gr. Εὐριπίδης, lat. Euripĭdes). - Poeta tragico ateniese (Salamina 480 a. C. - Pella 406), nato secondo la tradizione il giorno stesso della battaglia di Salamina (5 sett.), figlio di Mnesarco, o Mnesarchide, e di Clito, che secondo le tendenziose notizie tramandateci dai comici greci sarebbero ... parodo Nell’antico teatro greco, l’accesso laterale al luogo delle rappresentazioni; quando fu costruita la scena, la parola passò a indicare l’entrata all’orchestra ai due lati della scena. ● Nell’azione scenica, si chiamò parodo la prima apparizione che faceva il coro nell’orchestra, cioè quella parte del ...
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  • ASPETTI TECNICI in Musica
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  • RINASCIMENTO
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Vocabolario
pròlogo
prologo pròlogo s. m. [dal lat. prolŏgus, gr. πρόλογος, comp. di προ- «avanti» e λόγος «discorso»] (pl. -ghi). – 1. Nelle antiche tragedie e commedie greche e latine, monologo o dialogo che introduceva l’azione, e serviva a esporre l’antefatto...
prologare
prologare v. intr. [der. di prologo] (io pròlogo, tu pròloghi, ecc.; aus. avere), letter. – Comporre o recitare un prologo.
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