semilibertà diritto Modalità di esecuzione della detenzione, prevista dalla l. 354/1975, che attenua lo stato di privazione della libertà consentendo al condannato o all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto nel quale sconta la pena, per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. Il tempo trascorso in s. vale come pena detentiva scontata. storia Nell’ordinamento sociale di molti popoli antichi, condizione intermedia tra libertà e schiavitù, cui corrispondeva il godimento di solo alcune libertà e capacità giuridiche. Le categorie di semiliberi nel mondo greco e romano furono molte e non omogenee tra loro (per es., i claroti cretesi, servi agricoli; i liberti romani, schiavi liberati; i coloni agricoli dell’età imperiale). Presso le popolazioni germaniche, all’atto delle invasioni barbariche, esisteva una categoria di semiliberi (gli aldi presso i Longobardi, i liti o laeti presso i Franchi, i Sassoni, gli Angli e i Frisi): servi affrancati o anche popolazioni sottomesse che i vincitori avevano aggiogato alla terra. Erano in possesso dello status libertatis, ma vincolati al fondo dal quale non potevano allontanarsi senza il permesso del padrone; avevano una limitata capacità patrimoniale ed erano rappresentati in giudizio dal padrone, che poteva esigere la composizione pecuniaria per le offese arrecate al servo. L’equiparazione tra le diverse classi rurali durante l’età feudale, con la costituzione della classe unica dei servi della gleba, portò alla scomparsa delle diverse categorie dei semiliberi.