Se si considerano, da un punto di vista privatistico, le spese come diminuzioni patrimoniali subìte per tenere in buono stato o migliorare una cosa, il problema giuridico si pone per le spese fatte su cosa altrui, o che ad altri occorra restituire. La classificazione delle spese, e le norme relative, risalgono al diritto romano. Si distinguono le spese in necessarie, utili, voluttuarie: necessarie, quando servono a tenere in buono stato la cosa; utili, quando aumentano il reddito che da essa si può trarre; voluttuarie, quando aumentano la bellezza della cosa, senza per questo aumentarne il reddito. Le spese necessarie si distinguono poi in ordinarie e straordinarie: ordinarie, quando sono fatte per trarre frutto dalla cosa o per provvedere alle modiche, periodiche riparazioni; straordinarie, quando sono fatte per la conservazione stessa della cosa, minacciata nella sua esistenza o da circostanze accidentali o da assenza di periodica manutenzione. Il problema delle spese si pone, tanto per addurre alcuni esempî, in materia di rei vindicatio e di hereditatis petitio, quando il possessore deve restituire la cosa al proprietario; di azioni personali, quando il debitore è tenuto alla restituzione; di giudizî divisorî, se un condomino o un coerede fa valere la sua ragione per spese sulla cosa comune. Il regime delle spese è diverso nel diritto classico e nel giustinianeo: le norme giustinianee, ispirate al principio che a nessuno è lecito arricchirsi con danno altrui, sono sostanzialmente più eque delle classiche e sono passate nel diritto moderno. Un'esposizione di tutte le ipotesi in cui si fa luogo a rimborso delle s. non è qui possibile: basti ricordare il principio generale, che le spese necessarie sono sempre rimborsate; le spese utili lo sono entro determinati limiti, variabili secondo la buona o la mala fede di colui a cui deve essere effettuato il rimborso; le spese voluttuarie non lo sono mai, salva la possibilità di applicare lo ius tollendi (di togliere cioè gli abbellimenti) quando è permesso.