(o trovadore) Il poeta-musicista provenzale. Troviere è invece il poeta in lingua d’oil della Francia settentrionale. I due termini derivano dal verbo ‘trovare’ (trobar), d’etimo discusso; l’opinione prevalente riconnette la voce all’ambiente monastico: trobar sarebbe il succedaneo del basso latino tropare, cioè tropum invenire (ricercare i tropi, ovverossia i versetti, le prose ritmiche).
Il t. rappresenta il nuovo poeta proprio della civiltà romanza, sorto dalla società feudale, e il contenuto della sua arte conferma i caratteri originali e aristocratici di una poesia che tende alla solitudine ideale. Nei sec. 12° e 13° la poesia provenzale fiorì per opera di oltre 300 t.; di questi, alcuni appartennero alle più alte classi sociali, altri, di origine più modesta, furono attivi presso le corti dei signori, in Catalogna, Aragona, Castiglia, Italia, diffondendovi i nuovi modi della lirica amorosa e aggiungendo con i loro sirventesi politici una voce poetica alla storia del tempo. L’esempio dei t. agì sulle letterature volgari, non soltanto dei popoli neolatini, ma di tutta l’Europa occidentale e centrale (anche i Minnesänger della Germania sono un loro riflesso). Con il 14° sec. la tradizione trovadorica si ridusse ai ‘giochi floreali’ di Tolosa. Ignorata per quattro secoli, solo all’alba del Romanticismo rinacque l’interesse per l’antica poesia provenzale (➔ provenzale), prima nelle forme letterarie, alquanto manierate, del genre troubadour, poi negli studi sempre più estesi e rigorosi della filologia romanza.
Della lirica trovadorica sono pervenuti circa 2600 componimenti poetici, ma solo 260 melodie. Tra i più importanti t., di cui si sono conservati pezzi con musica, vi sono Guglielmo IX duca d’Aquitania, Jaufré Rudel, Bernardo di Ventadorn (1130-1200 ca.), Peire Vidal (1183-1204), Raimbault de Vaqueiras e Guiraut Riquier (1230-1292). Dei trovieri, che alla fine del 12° sec., si conformarono ai modelli della poesia provenzale specialmente nella lirica amorosa, sono giunti circa 4000 componimenti e 1400 melodie. Tra i trovieri più importanti si ricordano Conon de Béthune (1160-1219 ca.), Thibaut de Champagne (1201-1253), Adam de la Halle (1240-1287 ca.).
Se notevoli differenze separano la poesia provenzale dalla settentrionale, uno solo è il linguaggio musicale delle due scuole, alle cui radici sta probabilmente il movimento culturale irradiato nell’11° sec. dai conventi limosini nella società profana. Così si spiega l’ispirazione religiosa di tante liriche provenzali non meno che il tono intensamente spirituale. Di una derivazione benedettina risentono certi aspetti strutturali delle melodie trovadoriche e troveriche che riportano a intonazioni religiose medio-latine, come la litania, la sequenza e l’inno. Al tipo derivato dalle litanie appartengono le intonazioni della chanson de geste (un solo modulo melodico, qua e là interpunto da ritornelli strumentali), della lassa strofica, propria delle chansons de toile (la frase melodica abbraccia due versi, ripetendosi poi a ogni coppia di versi fino a concludersi con un breve ritornello diverso), della rotruenge (il ritornello si canta sul motivo che termina la melodia della strofa) e della chanson à refrain (con l’ampio sviluppo dato al ritornello). Alla sequenza, caratterizzata dal variare della melodia dall’una all’altra coppia di versi, si richiamerebbero il lai strofico o ridotto. All’inno, la cui melodia si svolge senza ripetizione lungo tutta la singola strofa, il vers e la canso senza ritornello. Tutte queste forme non sono rigorosamente legate ai vari generi di poesia, ma anzi spesso passano dall’uno all’altro.
Il trobar clus («poetare chiuso») è uno stile intenzionalmente difficile, ermetico, che si esprime attraverso parole rare, strutture ritmiche e sintattiche complesse, raffinatezze formali e concettuali. Esponenti più rappresentativi ne furono Marcabruno e Raimbaut d’Aurenga. Una varietà di tale stile, accentrata quasi esclusivamente su figure di parola e di suono, è il trobar ric («poetare ricco»); trobar leu («poetare leggero») è invece lo stile agevole e piano di quei poeti provenzali, come per es. J. Rudel e Bernardo di Ventadorn, che rifiutavano polemicamente le acrobazie retoriche e metriche del t. in nome di una poetica semplice e facilmente accessibile.