In diritto del lavoro, a fronte del licenziamento illegittimo il legislatore ha approntato un sistema di tutele differenziato. La tutela reale trova applicazione quando il datore di lavoro occupa alle sue dipendenze complessivamente più di 60 lavoratori nell’intero territorio nazionale, oppure se occupa, presso l’unità produttiva o nel territorio del Comune nel quale ha avuto luogo il licenziamento, più di 15 lavoratori o più di 5 se trattasi di imprenditori agricoli. L’applicazione della tutela reale (ex art. 18 Statuto dei lavoratori) comporta che il giudice – quando accerti che il licenziamento è inefficace per difetto di forma scritta o per l’omessa comunicazione dei motivi, ovvero lo annulli perché intimato senza causa o giustificato motivo, ovvero lo dichiari nullo (per es. perché discriminatorio) – ordina al datore di lavoro «di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro». Inoltre, il giudice condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità che ha la funzione di risarcire il lavoratore del danno subito derivante dal recesso illegittimo e dalla eventuale mancata reintegrazione. Tale misura risarcitoria (che non ha natura retributiva) sconta, da un lato, l’eventuale aliunde perceptum e aliunde percipiendum (art. 1227, co. 2, c.c.) e, dall’altro, la presunzione legale relativa secondo cui non può essere inferiore «a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto» (ex art. 18, co. 4, l. 300/1970). La tutela obbligatoria viene invece applicata ai datori di lavoro che occupano fino a 15 dipendenti (fino a 5 se si tratta di imprenditori agricoli) nell’unità produttiva o nel territorio del Comune dove avviene il licenziamento e non più di 60 dipendenti nel territorio nazionale. In questo ambito, quando il licenziamento risulti intimato senza una giusta causa o un giustificato motivo, o in violazione delle garanzie procedimentali previste dall’art. 7 della l. 300/1970 (Corte cost., sent. 398/1994), il datore di lavoro è tenuto a riassumere (e non a reintegrare) il prestatore di lavoro entro il termine di 3 giorni o, in alternativa, a risarcire il danno, la cui entità è predeterminata dalla legge tra un minimo di 2,5 mensilità e un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.