Medico e antropologo (Stoccarda 1886 - Heidelberg 1957). Prof. di neurologia, dedicò i suoi studi al rapporto tra la malattia ed il profilo psicologico del malato e a quello tra medico e paziente. Manifesto del suo pensiero fu Patosophie (1956).
Iniziò la sua carriera scientifica come fisiologo sperimentalista e dal 1923 insegnò neurologia a Heidelberg. In base alle sue ricerche giunse a una teoria dei rapporti fra percezione e movimento fondata sul principio della mutua esclusione della percezione oggettiva e della percezione degli effetti del movimento eseguito per attuarla (principio della "porta girevole", Drehtürprinzip). Su tale principio sviluppò una teoria biologica generale del rapporto fra soggetto e oggetto, il "ciclo della forma" (Gestaltkreis): le forme (nel senso della psicologia della Gestalt) percepite sono il prodotto di un processo di interazione fra percezione e movimento, mente e corpo, soggetto e oggetto in cui i due termini, se pur non emergono simultaneamente, sono connessi nel "ciclo" come un tutto organico. Ispirandosi alle dottrine del suo maestro, l'internista L. von Krehl, all'esistenzialismo di M. Heidegger e alla psicanalisi, W. applicò alla medicina le sue concezioni teoriche, insistendo sulla necessità di considerare la malattia organica in rapporto alla personalità del malato, sul significato psicologico ed esistenziale che la malattia esprime per l'individuo malato e sulle implicazioni che ne risultano per il rapporto medico-paziente e la terapia in generale. Espose queste sue concezioni, da lui denominate patosofia, nell'opera dallo stesso titolo. Fu pioniere in Germania dell'applicazione al trattamento delle malattie organiche e funzionali di procedimenti psicanalitici rielaborati nel quadro di una "patologia antropologica" di notevole originalità e profondità speculativa. Tra le altre opere: Gestaltkreis (1940); Der kranke Mensch (1946); Natur und Geist. Erinnerungen eines Arztes (1954).