Principale carboidrato di riserva delle piante (C6H10O5)n, con n uguale a 20 o più; costituisce per l’uomo la più cospicua parte dei carboidrati (➔) alimentari. Si forma nelle parti verdi delle piante per fotosintesi da acqua e anidride carbonica e si accumula nelle radici, nei tuberi e nei semi in forma di granuli. Si estrae macinando i cereali o raspando le patate, sospendendo in acqua la farina ottenuta e separando poi meccanicamente, per decantazione, i granuli di a., più pesanti, dagli altri costituenti delle cellule vegetali. Si presenta sotto forma di polvere bianca i cui granuli al microscopio mostrano aspetti caratteristici per ogni singola specie vegetale. In natura, è presente in due forme: l’ amilosio (fig. A), per circa il 27%, solubile in acqua surriscaldata, e l’ amilopectina (fig. B), per circa il 73%, insolubile. L’amilosio, costituisce la parte interna del granulo ed è formato da molecole di glucosio unite con legame α-1,4-glicosidico, in lunghe catene non ramificate di 300-400 unità. L’amilopectina, o amilone, forma invece la parte esterna ed è altamente ramificata; nei punti di ramificazione, le molecole di glucosio sono unite con legame α-1,6-glicosidico. Il peso molecolare dell’a. può raggiungere i 100 milioni.
Nelle piante si distinguono vari tipi di a.: l’ a. primario (o autoctono, o di assimilazione) si forma nei cloroplasti di molte piante, una volta idrolizzato lo zucchero che ne deriva migra verso altri organi, dove i leucoplasti lo ricondensano in a. secondario (o di riserva): questo si accumula particolarmente negli organi di riserva, in forma di granuli spesso con strie concentriche attorno a un punto, detto ilo. Si distinguono granuli semplici, composti (risultanti da più granuli) e semicomposti. Si denominano inoltre a. transitorio, quello che si trova nei tubi cribrosi di alcune piante, a. statolitico, il complesso dei granelli di a. che si trova nelle cellule della parte centrale della cuffia della radice, funzionanti da statoliti; a. delle Floridee, un idrato di carbonio che si riscontra in queste alghe sotto forma di granelli sparsi nel citoplasma.
Sebbene l’a. nativo trovi numerosi impieghi, il maggiore interesse industriale è rivolto ai cosiddetti a. modificati, ottenuti sottoponendo l’a. a trattamenti chimici e fisici quali ossidazione ed esterificazione, e alle destrine ottenute per degradazione parziale della molecola in presenza di calore, acidi o di enzimi. L’a. si usa nell’industria alimentare, nella produzione di dolcificanti quali maltitolo e sorbitolo, nell’apprettatura della carta, dei tessuti, nella preparazione di adesivi, di detersivi e dei materiali di imballaggio.
Studi sulla genetica dei vegetali da cui si ottiene l’a. (mais, per l’80% circa, patata, grano, manioca, riso) hanno condotto alla produzione di piante geneticamente modificate capaci di sintetizzare a. con caratteristiche particolari. Nel mais sono state osservate varie mutazioni naturali che alterano le caratteristiche dell’a.: la mancanza dell’enzima amidosintetasi associato ai granuli porta alla formazione di a. praticamente privo di amilosio, mentre la mancanza di isoforme dell’enzima di ramificazione accresce il contenuto relativo di tale componente. Questo tipo di produzione è assai controverso sia per il timore di ripercussioni negative sull’ambiente e (nel caso di usi alimentari) su uomini e animali, sia perché può comportare una contrazione della resa dei raccolti. La maggior parte di piante transgeniche che producono a. sono patate. In tali piante il gene glgC del batterio Escherichia coli codifica l’enzima ADP-glucosiopirofosforilasi (AGPasi) con proprietà allosteriche alterate, producendo tuberi contenenti una quantità di a. pari al 50% in più del normale. Inibendo un’isoforma dell’enzima amidosintetasi associato ai granuli con l’uso di un costrutto antisenso, si è ottenuto a. completamente privo di amilosio. Un altro mutante è stato ottenuto introducendo nella patata un gene chimerico formato dalle regioni geniche che codificano due proteine della patata e dal gene glgA di Escherichia coli, che codifica l’enzima glicogenosintetasi (coinvolto nella sintesi del glicogeno). I tuberi ottenuti da queste piante mostrano un ridotto accumulo di a., un aumento di zuccheri solubili, una riduzione della dimensione dei granuli, un abbassamento del rapporto amilosio/amilopectina e del contenuto di fosforo e un aumento del grado di ramificazione dell’amilopectina.