Con l’espressione avviamento commerciale si indica l’attitudine del complesso aziendale di un’impresa a conseguire profitto, in virtù di fattori oggettivi e/o soggettivi che lo caratterizzano. Si suole, perciò, distinguere l’avviamento in oggettivo o soggettivo: il primo è riconducibile a fattori intrinseci dell’azienda, non suscettibili di modifica a seguito di variazione del titolare dell’azienda (per es. la disponibilità di un brevetto o la posizione dei locali); il secondo è dovuto alle abilità manageriali dell’imprenditore ad accrescere e mantenere la clientela. L’avviamento è spesso destinato a rimanere inespresso, fintantoché non si abbia un trasferimento del complesso aziendale. In tale occasione, il maggior valore del complesso aziendale trasferito rispetto alla sommatoria dei valori dei singoli cespiti ceduti trova evidenza nel corrispettivo versato dall’acquirente a titolo di avviamento. In questo senso, l’avviamento può essere annoverato tra i beni immateriali dell’impresa La somma così pagata può essere inserita nell’attivo dello stato patrimoniale del bilancio d’impresa (art. 2424 c.c.), previo consenso, ove esistente, del collegio sindacale, e deve essere ammortizzata entro un periodo di 5 anni o più, purché non oltre la durata di utilizzazione dell’avviamento e con adeguata motivazione nella nota integrativa del bilancio (art. 2426 c.c.).