A. commerciale Con l’espressione avviamento commerciale si indica l’attitudine del complesso aziendale di un’impresa a conseguire profitto, in virtù di fattori oggettivi e/o soggettivi che lo caratterizzano. Si suole, perciò, distinguere l’avviamento in oggettivo o soggettivo: il primo è riconducibile a fattori intrinseci dell’azienda, non suscettibili di modifica a seguito di variazione del titolare dell’azienda (per es. la disponibilità di un brevetto o la posizione dei locali); il secondo è dovuto alle abilità manageriali dell’imprenditore ad accrescere e mantenere la clientela. L’avviamento è spesso destinato a rimanere inespresso, fintantoché non si abbia un trasferimento del complesso aziendale. In tale occasione, il maggior valore del complesso aziendale trasferito rispetto alla sommatoria dei valori dei singoli cespiti ceduti trova evidenza nel corrispettivo versato dall’acquirente a titolo di avviamento. In questo senso, l’avviamento può essere annoverato tra i beni immateriali dell’impresa La somma così pagata può essere inserita nell’attivo dello stato patrimoniale del bilancio d’impresa (art. 2424 c.c.), previo consenso, ove esistente, del collegio sindacale, e deve essere ammortizzata entro un periodo di 5 anni o più, purché non oltre la durata di utilizzazione dell’avviamento e con adeguata motivazione nella nota integrativa del bilancio (art. 2426 c.c.).
La parte ‘invisibile’ del valore di un’impresa. Il valore di un’impresa si compone di parti visibili (edifici, macchinari, materie prime, prodotti finiti in magazzino) e di parti invisibili (il buon nome dell’impresa, la notorietà del marchio, la rete di clienti e di fornitori, il saper fare che sta dietro al processo produttivo, una favorevole localizzazione geografica, la qualità del personale e del management). Nella valutazione di un’impresa, l’a. diventa una misura sintetica della sua capacità di reddito e viene quantificato quando l’impresa viene ceduta o quando si fonde con un’altra impresa. L’a., quando deriva da un acquisto di un’altra impresa o da una fusione, può diventare parte delle attività nel bilancio patrimoniale dell’impresa e può essere ammortizzato, come se fosse un macchinario o un edificio.
Nelle macchine motrici, il periodo durante il quale esse iniziano il moto e raggiungono la condizione di regime. Per quanto riguarda le macchine elettriche occorre, durante l’a., variare opportunamente le caratteristiche dei circuiti agendo su adatti dispositivi (reostati d’a., avvolgimenti d’a. ecc.). I motori a combustione interna hanno bisogno, per avviarsi, di una sorgente esterna di energia che faccia loro compiere un certo numero di giri. Si può operare immettendo nei cilindri, in fase opportuna, aria compressa prelevata da bombole, con l’ausilio di valvole d’a. o di distributori che mettono in comunicazione i cilindri con la bombola. Per i motori degli autoveicoli ci si serve in genere di un motorino d’a. (fig.): all’atto della messa in moto l’elettromagnete a provvede, per mezzo della leva a forcella b, a spostare il pignone c in modo che ingrani con la corona dentata d ricavata sul volano, e, immediatamente dopo, a far partire il motorino elettrico e, che può così trasmettere la coppia motrice all’albero motore; il dispositivo a ruota libera f, che permette la trasmissione dello sforzo in un solo senso, impedisce che il motore, una volta avviato, trasmetta una velocità di rotazione eccessiva al motorino; quest’ultimo è poi automaticamente disimpegnato per mezzo della molla di richiamo g: h, induttore; i, indotto; l, collettore; m, spazzola. Per i piccoli motori a benzina l’a. può essere a pedale (motocicli) o a strappo mediante funicella (fuoribordo). Le turbine a gas si avviano con un motore di lancio, che le porta a una certa velocità minima di rotazione, o con altri procedimenti.