Procedura introdotta dal d. lgs. n. 276/2003, finalizzata a ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro. Mediante questa procedura le parti di un rapporto di lavoro subordinato diverso da quello a tempo pieno e indeterminato, o di un rapporto di lavoro coordinato o autonomo, possono chiedere ad apposite commissioni istituite presso una delle sedi individuate dalla legge (direzioni provinciali del lavoro, enti bilaterali, università, consulenti del lavoro) il rilascio di un provvedimento che attesti l’esatta corrispondenza tra qualificazione formale del contratto e il suo contenuto effettivo. La finalità della certificazione dei contratti di lavoro è, quindi, quella di rendere più difficile l’instaurazione del contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro. La procedura non ha tuttavia un valore risolutivo. Infatti, il lavoratore può comunque agire in giudizio, davanti al tribunale ordinario in funzione di giudice del lavoro, per chiedere il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato ogniqualvolta rivendichi la difformità tra il contratto certificato e il lavoro in concreto svolto, o l’erroneità del provvedimento di certificazione. Inoltre, il provvedimento può essere impugnato davanti al TAR qualora presenti i vizi tipici dei provvedimenti amministrativi. Gli effetti della certificazione dei contratti di lavoro del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto con sentenza un eventuale ricorso. Ciò significa che qualora un contratto sia stato certificato è preclusa, fino all’emanazione di un’eventuale pronuncia giudiziale, la possibilità per i servizi di vigilanza (ispettorato del lavoro, INPS ecc.) di irrogare sanzioni per fatti attinenti alla qualificazione del contratto certificato. Tali soggetti potranno procedere contro questi contratti solo promuovendo un’azione giudiziale, davanti al tribunale ordinario o quello amministrativo a seconda dei vizi lamentati, e ottenendo una sentenza di merito che rimuove l’efficacia del provvedimento di certificazione. Con la l. n. 183/2010 alla certificazione è stato dato un nuovo “imput”, in quanto sono state introdotte alcune ipotesi di volontà individuale assistita con la previsione di clausole che sono valide solo se certificate, quali: tipizzazione di giusta causa e di giustificato motivo di licenziamento di cui il giudice deve tener conto, in precedenza consentite liberamente; elementi e parametri per la determinazione in concreto, nei limiti della legge, della indennità per il licenziamento ingiustificato prevista dall’art. 8 l. n. 604/1966; clausole compromissorie per la devoluzione ad arbitri delle controversie nascenti dal rapporto di lavoro. Sempre con la l. n. 183/2010 un’ulteriore funzione assegnata agli organi di certificazione è la facoltà di istituire camere arbitrali irrituali per la definizione di controversie di lavoro pubblico e privato (art. 31, c. 12).
Controversie in materia di lavoro