Periodo di assenza dal lavoro spettante a entrambi i genitori dopo il parto e fino all’ottavo anno di vita del bambino. L’istituto è finalizzato a consentire a entrambi i genitori di conciliare la cura dei figli nei primi anni di vita con l’attività lavorativa. Ai sensi del d. lgs. 151/2001, noto come Testo unico in materia di sostegno alla maternità e paternità, il congedo parentale spetta per ciascun bambino. Il congedo parentale può essere fruito sia separatamente sia contemporaneamente. Il periodo complessivo di durata dei congedi che possono essere fruiti dai due genitori è di 10 mesi, ma ciascun genitore ne può fruire per un periodo massimo di 6: questa disposizione scaturisce dalla finalità della legge di evitare che tutto il periodo di congedo parentale sia utilizzato solo dalla madre. In altri termini, il legislatore cerca di stimolare una partecipazione attiva del padre alla gestione di questo particolare momento della vita del bambino. Questa partecipazione è ulteriormente stimolata dalla norma che innalza a 11 mesi il periodo complessivamente fruibile da entrambi i genitori, nel caso in cui il padre eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo di almeno 3 mesi. I genitori di minori diversamente abili hanno diritto all’innalzamento fino a 3 anni del periodo di durata massima. Nei periodi di fruizione del congedo parentale sia la madre sia il padre hanno diritto a un compenso, ma in misura parziale. A essi infatti spetta un’indennità, erogata dall’INPS, pari al 30% della retribuzione, nel caso dei congedo parentale fruiti entro i primi 3 anni di vita del bambino, e comunque per una durata massima di 6 mesi. Per i periodi successivi (dopo i 3 anni di vita del bambino, o dopo i 6 mesi di congedo), l’indennità spetta ai genitori solo nel caso in cui questi non superino una soglia reddituale predeterminata. Sotto il profilo normativo, i periodi di congedo parentale devono essere computati ai fini dell’anzianità di servizio e delle progressioni di carriera.
Permessi e aspettative del lavoratore