Il legislatore del codice del 1942 ha sostituito alla «perizia» del codice precedente la consulenza tecnica. Questa è disciplinata dalle norme che regolano l’istruzione probatoria e che precedono sia quelle che hanno a oggetto l’assunzione delle prove, sia quelle che regolano i singoli mezzi di prova. Dalla collocazione sistematica della consulenza tecnica deriva che sia un mezzo istruttorio e non, diversamente da quanto disposto nel codice previgente, un mezzo di prova. La consulenza non determina, cioè, il convincimento del giudice in ordine alla verità o non verità dei fatti di causa, ma è strumento integrativo dell’attività del giudice. Il consulente tecnico è, infatti, l'ausiliare dotato di conoscenze tecniche di cui il giudice non dispone, che riceve l’incarico dal giudice quando le sue conoscenze si rendono necessarie ai fini del processo. Al consulente vengono rivolti dei quesiti. La consulenza tecnica è la risposta, scritta o orale, alle questioni sottoposte al consulente e ha diverse funzioni. Può servire per valutare un fatto di causa o una prova, oppure per la soluzione di questioni che necessitano di specifiche conoscenze. Secondo la giurisprudenza, la consulenza può anche essere un mezzo di prova, qualora sia l’unico mezzo in grado di accertare un fatto di causa. Il contenuto della consulenza tecnica non è vincolante e può essere disatteso nella decisione, ma in tal caso il giudice deve, secondo un principio giurisprudenziale consolidato, motivare le ragioni del proprio dissenso. Di perizia si continua a parlare con riferimento alla perizia stragiudiziale, che la parte produce nel processo, in qualsiasi momento. Perizia stragiudiziale è anche la memoria che il consulente tecnico di parte deposita in seguito alla consulenza tecnica. Si ritiene che la perizia stragiudiziale sia uno scritto difensivo a contenuto tecnico e non un mezzo di prova.
Consulente tecnico. Diritto processuale civile
Consulenza. Diritto processuale penale
Prova. Diritto processuale civile