Libro sacro dell’islam, costituito dall’insieme delle rivelazioni ricevute da Maometto, in lingua araba, per bandire la sua nuova religione e dare assetto alla società dei fedeli. Inizialmente affidate alla memoria dei primi seguaci, le rivelazioni vennero fissate su carta dopo la morte di Maometto, durante il califfato di ῾Othmān (644-656), nel tentativo di porre fine alle diverse letture e interpretazioni che di esse più o meno disinteressatamente venivano date.
I versetti furono raccolti in 114 capitoli (sūra), ordinati, prescindendo dal contenuto, in ordine decrescente rispetto alla loro lunghezza, con l’eccezione della prima sūra, detta al-fātiha («l’Aprente»), di soli 7 versetti, inno di lode a Dio, l’orazione più usata dai musulmani. Un’altra suddivisione è quella in sūra meccane e sūra medinesi, con riferimento alle due città sante, Mecca e Medina, dove si svolse la predicazione di Maometto. Nelle sūra meccane si trovano predizioni escatologiche sul giorno del giudizio annunciato da cataclismi, alternate alle esortazioni a prepararsi a esso, e leggende, di probabile derivazione ebraica, relative ai profeti che precedettero Maometto. Le sūra medinesi, rivelate dopo l’egira (622 d.C.), dettano norme e precetti al primo nucleo della comunità musulmana, ponendo le basi della giurisprudenza islamica.
Il C., ritenuto verbo divino increato, derivato da un celeste Archetipo, inimitabile nella forma e nel contenuto e, secondo un’interpretazione rigorista, intoccabile dai non credenti, costituisce il riferimento costante dei comportamenti religiosi e sociali che informano la vita dei musulmani. È imparato integralmente a memoria dai credenti, insegnato e studiato in apposite scuole dove si apprende la scienza del taǵwīd, ovvero recitazione salmodiata.
La prima traduzione del C. in Occidente fu quella latina di Roberto di Chester (12° sec.), eseguita su incarico di Pietro il Venerabile, abate di Cluny.