Per crisi di governo si intende generalmente il venire meno del rapporto di fiducia intercorrente tra il Governo e il Parlamento (Fiducia parlamentare), a cui consegue l’obbligo di dimissioni da parte del primo (art. 94, co. 1, Cost.). Le crisi di governo attengono alla patologia del sistema parlamentare, ma, storicamente, esse si sono rivelate un indicatore assai prezioso del passaggio da una forma di governo monarchico-costituzionale a una parlamentare (Forme di Stato e forme di governo): gli studiosi sogliono, infatti, collocare la definitiva affermazione del sistema parlamentare in Inghilterra e nel Regno di Sardegna proprio a partire da due crisi di governo, che investirono, rispettivamente, il Gabinetto di North (dimessosi nel 1782, in quanto non riteneva di avere più la fiducia da parte della Camera dei Comuni) e il Gabinetto Cavour, che, proprio in virtù della favorevole soluzione della c.d. crisi Calabiana del 1855, finì per spostare definitivamente gli equilibri costituzionali a favore del raccordo tra Governo e maggioranza parlamentare, a scapito del Monarca (Capo dello Stato).
La crisi di governo può essere parlamentare o extraparlamentare. Si parla di crisi di governo parlamentare quando il Governo è colpito da una mozione di sfiducia da parte di una delle due Camere (art. 94, co. 5, Cost.), ovvero quando il nuovo Governo non riesce ad ottenere la fiducia iniziale da parte di queste (art. 94, co. 3, Cost.) o, infine, in caso di voto contrario da parte di una Camera quando il Governo abbia posto una questione di fiducia (art. 161, co. 4, reg. Senato; art. 116 reg. Camera). In tutti gli altri casi di dimissioni da parte del Governo, per il venir meno della maggioranza parlamentare, si parla di crisi di governo extraparlamentari. Generalmente, nel caso di una crisi di governo extraparlamentare, è prassi che il Presidente della Repubblica rinvii il Governo alle Camere, allo scopo di «parlamentarizzare» la crisi, ma è ben raro che la discussione parlamentare si concluda con un voto esplicito: nell’ambito della storia costituzionale repubblicana, infatti, tutte le crisi di governo sono state di tipo extraparlamentare, tranne quelle che hanno investito il Governo Prodi I nel 1998 e il Governo II nel 2008, determinate, rispettivamente, da un esplicito voto contrario da parte della maggioranza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
A seguito di una crisi, il governo dimissionario resta in carica fino alla formazione di un nuovo Governo e solo per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione: la sua posizione giudica è simile, di conseguenza, a quella del Governo appena formatosi e in attesa della fiducia da parte delle Camere.