La decadenza è un istituto giuridico in forza del quale, decorso un determinato periodo di tempo, non può più essere esercitata una pretesa volta alla produzione, alla modificazione o all’annullamento di uno stato o rapporto giuridico. È disciplinata dagli artt. 2964-2969 c.c. e, secondo un’opinione piuttosto diffusa, sarebbe una causa di estinzione di un diritto soggettivo, ma si osserva in contrario che effetto della decadenza è l’impossibilità di esercitare un potere in un singolo caso, nonostante che il potere medesimo rimanga in vita per tutti gli altri casi in cui ricorre. La decadenza può essere legale, quando è prevista dal legislatore, oppure convenzionale, quando è stabilita dalle parti mediante contratto: in questo caso, però, deve avere ad oggetto una materia non sottratta alla disponibilità delle parti (art. 2968 c.c.) e non possono essere pattuiti termini che rendano eccessivamente difficile ad una delle parti l’esercizio del diritto (art. 2965 c.c.). La decadenza ha la funzione di assicurare che lo stato di incertezza relativo ad alcune situazioni giuridiche sia limitato a periodi assai contenuti nel tempo: ciò spiega perché sono irrilevanti le circostanze soggettive ed oggettive che abbiano impedito ad un soggetto di esercitare il diritto e che siano invece idonee a interrompere la prescrizione o, salvo che sia disposto altrimenti, a sospenderla (art. 2964 c.c.; v. Prescrizione. Diritto civile). La decadenza non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice debba rilevare le cause d’improponibilità dell’azione (art. 2969 c.c.). In giurisprudenza si ritiene invece applicabile anche in tema di decadenza l’art. 2939 c.c., in forza del quale la prescrizione può essere opposta dai creditori e da chiunque vi ha interesse, qualora la parte non la faccia valere ed anche se vi abbia rinunziato.