Autore di un libro tra i più celebri dell'antica letteratura cristiana greca, il Pastore (Ποιμήν), generalmente compreso nella collezione dei Padri apostolici e datato ai primi decenni del 2º sec.
Dalla sua opera il Pastore si ricava che E. fu uno schiavo cristiano (forse arcade) venduto in Roma: liberato dalla padrona, Rhode, si diede al commercio, prese moglie ed ebbe dei figli. Durante una persecuzione, per le menzogne e le chiacchiere della moglie e le denunce dei figli, si ridusse in povertà; visse coltivando un campicello. Mentre si dirigeva verso Cuma, ebbe le rivelazioni e l'ordine di trascriverle in due copie, mandandone una a "Clemente" che a sua volta le avrebbe fatte pervenire alle altre città. Difficile credere alla storicità di questi dati, dispersi in un contesto di trasparente carattere simbolico; purtroppo altrettanto difficile è accogliere la menzione del Canone muratoriano (e del Catalogo liberiano) che dice E. fratello del vescovo Pio (cioè papa Pio I, 140-155) perché difficilmente accordabile con quanto è detto nel Pastore stesso: come potrebbe E., se fratello di un vescovo di Roma, parlare di "Capi" della Chiesa e di presbiteri, senza menzionare l'episcopato monarchico, rivelando così un atteggiamento diverso da quello ufficiale? Come potrebbe egli, schiavo, aver conosciuto un suo fratello? Il Pastore, per ragioni interne, va datato comunque ai primi decenni del 2º sec. Diviso in 5 visioni, 12 precetti (mandata) e 10 similitudini (la composizione non è però unitaria, giacché il Pastore compare solo dalla quinta visione), esso narra della rivelazione fatta a E., che vede la sua antica padrona, quindi la Chiesa, prima come una vecchia poi sempre più ringiovanita; assiste poi alla costruzione d'una torre (l'edificio della Chiesa) con pietre di diversa provenienza (le varie categorie di cristiani) di cui quelle imperfette son buttate via; infine appare un mostro, segno di imminente tribolazione. Il Pastore spiega poi le similitudini: la più importante è quella della torre, di cui il padrone esamina le pietre, alcune trattenendo, altre facendo riquadrare. Questo "riquadramento" è il fatto capitale della rivelazione di E., la possibilità, cioè, d'una resipiscenza da parte di quanti hanno peccato dopo il battesimo; questa penitenza è però straordinaria, unica, e riguarda solo coloro che siano cristiani da qualche tempo. Questa possibilità è data in vista dell'imminente tribolazione che precederà la parusìa del Signore: c'è tempo finché la torre è in costruzione; ma sarà ultimata presto. La datazione suggerita concorda bene con le preoccupazioni escatologiche di E., proprie di un cristianesimo che, nel continuo differimento della parusìa, aveva ripreso il suo dialogo col mondo.