(o teoria della Gestalt) Indirizzo della psicologia moderna svoltosi in due distinte fasi: psicologia delle qualità formali (Gestaltqualitäten) e psicologia della forma (Gestaltpsychologie) propriamente detta. La prima fase appartiene all’ultimo decennio dell’Ottocento, e ha sede nelle università di Vienna e Graz (C. von Ehrenfels, A. von Meinong, V. Benussi) e in quella di Monaco di Baviera. (H. Cornelius); la seconda, iniziata da M. Wertheimer a Berlino e poi a Francoforte e negli USA, ha avuto i propri maggiori esponenti in W. Köhler, K. Koffka, W. Metzger e K. Lewin. Importanti indirizzi psicologici orientati in senso gestaltico si ritrovano anche nella scuola di Lipsia (Ganzheitspsychologie: F. Krueger, H. Volket, W. Ehrenstein, A. Wellek) e nella dottrina del Gestaltkreis di V. von Weizsäcker.
Comune a tutto l’indirizzo è la critica all’elementarismo e all’associazionismo, ai quali viene contrapposta l’unità strutturata dei contenuti o quella strutturante delle attività percettive. In polemica con la psicologia associazionistica, la G. afferma che ogni percezione si presenta all’esperienza come un tutto unico, cioè come fenomeno non risolvibile in una serie di unità elementari giustapposte, nel senso che queste, nell’organizzarsi nelle strutture definitive, si modificano reciprocamente assumendo una forma individualmente determinata (Gestalt). Considera pertanto l’analisi sperimentale praticata dalla psicologia associazionistica come astratta e deformatrice e ritiene legittima solo quella orientata a riconoscere le leggi secondo cui le strutture definitive si determinano. Si vanno delineando tentativi per armonizzare i principi della G. con quelli di altri indirizzi scientifici: comportamentalismo, funzionalismo, psicanalisi. In questo senso ha operato soprattutto Lewin.