Giurista e filosofo (Napoli 1636 - ivi 1714). Figura di spicco nel panorama culturale della Napoli del Seicento, al rinnovamento culturale della quale contribuì dando nuova vita all'Accademia degli Investiganti e formando una ricca biblioteca, che offriva un ampio panorama della cultura europea contemporanea, fu autore, tra l'altro, dell'Istoria filosofica (composta tra il 1697 e il 1704; la stampa, 1703-04, restò interrotta), primo tentativo napoletano d'una storia della filosofia.
Figlio di un povero sarto poi arricchitosi, dette nuovo impulso alla cultura della sua città, oltre che con l'istituzione, a sue spese, di una cattedra di greco presso l'università, con la raccolta nella propria casa della più ricca biblioteca privata esistente allora in Italia. Aperta a tutti gli studiosi cittadini, tra i quali Giannone e Vico, la biblioteca fu frequentata anche da molti stranieri (Mabillon, Germain, D'Orville, Burnet, Shaftesbury, ecc.). Dopo la morte di V., essa fu acquistata nel 1726 dai padri dell'Oratorio e costituisce ora il fondo più importante della Biblioteca oratoriana dei Gerolamini. Come giurista, V. fu incaricato dalla Deputazione napoletana di scrivere sul problema dei tribunali dell'Inquisizione e ne nacque il trattato, in forma di lettera al papa Innocenzo XII, Intorno al procedimento ordinario e canonico nelle cause che si trattano nel Tribunale del santo Officio nella città e nel Regno di Napoli (degli anni 1691-94): inserendosi in un dibattito europeo sui metodi dei tribunali dell'Inquisizione, V., da un lato, nettamente distingueva la società civile dalla società ecclesiastica, la prima retta da una "ragione di stato" tutta "profana", la seconda da una finalità spirituale da perseguire con la persuasione, l'amore e la pace; dall'altro, indicava essere contrari al "diritto di natura" i metodi dei tribunali ecclesiastici che non rispettavano la pubblicità dei processi e i diritti della difesa. Di questa lettera V. ha lasciato varie stesure; ma in tutte è presente, dietro la polemica giuridica, la difesa della "libertà filosofica" contro le censure ecclesiastiche, e della "filosofia moderna" contro l'aristotelismo antico e scolastico. Questo tema costituisce il nucleo della sua opera maggiore, l'Istoria filosofica, in cui V. vuole mostrare come la filosofia "moderna", con la sua fisica corpuscolare e con la sua polemica antiaristotelica, sia in realtà la ripresa di un'antichissima tradizione che risale a Mosè dal quale è poi passata alle varie "sapienze" orientali, quindi a Pitagora, Democrito, Platone ed Epicuro; tradizione filosofica questa, sostanzialmente omogenea, rispetto alla quale l'aristotelismo si pone come radicale deviazione e come causa, nel cristianesimo, di tutte le eresie. V., riprendendo una tematica non nuova nella cultura europea, si poneva così sulla linea avanzata della cultura napoletana assumendo le difese della filosofia "moderna" rappresentata essenzialmente, per il Seicento, dall'indirizzo sperimentale e corpuscolare, e soprattutto da Bacone, Gassendi, Descartes. Nella stessa prospettiva V. aveva già scritto la Lettera in difesa della moderna filosofia e de' coltivatori di essa (nel 1693-97, edita nel 1732) che può considerarsi una prima stesura dell'Istoria. V., oltre a numerose lettere, ha lasciato vari inediti, tra cui di particolare rilievo la Risposta ad Amico sopra le ragioni della città di Napoli per l'assistenze domandate alla fabrica della nuova moneta.