Elemento chimico di numero atomico 49, peso atomico 114,82, avente simbolo In, di cui sono noti due isotopi naturali e un gran numero di isotopi artificiali, la cui vita media varia da pochi secondi a qualche giorno. Il suo nome deriva dal latino Indium, derivato dell’inglese ind(igo) «indaco», perché le linee spettroscopiche che lo caratterizzano si presentano nella zona dell’azzurro indaco. Fu scoperto (1863) e in seguito isolato da F. Reich e T. Richter. È un metallo che in natura si trova in diversi minerali, ma sempre in quantità molto piccola; in particolare è contenuto nelle blende, con una percentuale massima di 0,1-0,2%. L’i. si ottiene come sottoprodotto della metallurgia dello zinco. I residui di tale lavorazione sono attaccati con acido solforico e dalla soluzione viene riprecipitato l’i. insieme a rame, argento ecc., sotto forma di idrossidi; l’i. viene separato dagli altri metalli per precipitazione di questi con idrogeno solforato in ambiente acido; successivamente viene purificato mediante elettrolisi. Si può anche precipitare selettivamente l’i. dalle sue soluzioni impure sotto forma di fosfato, che poi viene trasformato, per aggiunta di soluzioni di idrossidi alcalini, in idrossido di i. e quindi, per calcinazione di questo, in ossido. La preparazione del metallo allo stato puro è fatta per riduzione del sesquiossido o per elettrolisi di soluzioni del cloruro o del nitrato o del solfato. Ha colore bianco argenteo; è molto tenero, duttile, si può deformare e lavorare allo stato plastico senza che incrudisca; fonde a 156 °C e bolle a oltre 2200 °C. All’aria, a temperatura ordinaria non si ossida, ma per riscaldamento brucia con fiamma blu dando il sesquiossido In2O3; con il cloro e con lo zolfo si combina direttamente, si discioglie negli acidi minerali, mentre non è attaccato dall’idrossido potassico né dall’acqua bollente.
L’i. metallico si usa principalmente nella preparazione di semiconduttori, di leghe a basso punto di fusione (la lega eutettica, formata dal 76% di gallio e dal 24% di i., fonde a 16 °C) per fusibili o per modelli di fonderia, e per rivestire altri metalli (processo di indiatura). Tali rivestimenti si possono ottenere per immersione in i. fuso, oppure per spruzzamento di i. fuso, oppure per elettrodeposizione; servono a proteggere dall’azione degli agenti atmosferici oppure a formare strati superficiali in leghe antifrizione (dove la tendenza dell’i. a diffondere nel piombo si associa alla proprietà di resistere molto bene agli acidi organici contenuti negli oli lubrificanti). L’i. è inoltre impiegato nella preparazione di leghe dentarie in unione con oro, palladio, argento e, allegato con stagno e piombo, nella preparazione di leghe da saldatura resistenti agli alcali. I. in lamine è usato in fisica nucleare per la rivelazione di neutroni: questi, colpendo una lamina di i., provocano emissione di raggi β.
I composti più importanti dell’i. sono quelli nei quali il metallo si comporta da trivalente; i composti dell’i. mono- e bivalente in soluzione si dismutano in composti dell’i. trivalente e nel metallo. Gli alogenuri di i. allo stato di vapore si presentano in forma dimera; in acqua sono tutti molto solubili, a eccezione del fluoruro; il cloruro, InCl3, si usa in galvanoplastica. Il solfato, In2(SO4)3, forma sali doppi, della serie degli allumi.