Una delle due forme (l’altra è la disputatio) che assumeva l’insegnamento nelle scuole medievali e nelle università fino a tutto il Rinascimento. Consisteva nella lettura, seguita da commento, delle opere di alcuni auctores: per l’insegnamento del trivio, Donato, Cicerone, Prisciano ecc.; per la filosofia, Aristotele (tenendo presenti i commentatori greci e arabi, soprattutto Averroè); per la medicina Galeno, il Canon di Avicenna ecc.; per la teologia le Sentenze di Pietro Lombardo e la Bibbia. Il maestro si chiamava quindi lector e l’insegnamento si esprimeva con il verbo legere.
L. difficilior Uno dei criteri della recensio nell’edizione critica di un’opera: tra due o più lezioni (nel significato che il termine ha nella critica testuale, cioè il modo con cui una parola o una frase si trova scritta in un codice o in un testimone), è preferibile quella rappresentata da un vocabolo o da una frase più rari o difficili, la quale ha maggiori probabilità di essere genuina, poiché è più facile che, nell’atto del copiare, l’espressione più ovvia (l. facilior) si sostituisca a quella più difficile.
L. divina Modo di meditazione usato tradizionalmente in ambiente monastico, ripreso e adattato soprattutto a partire dagli anni 1980. Si articola in quattro fasi: lettura di un brano della Sacra Scrittura, riflessione, preghiera e contemplazione. Alcuni autori contemporanei pongono come quinto momento l’azione.