Nome comune del genere Hordeum (famiglia Poacee) e in particolare del complesso di specie coltivate.
Le specie coltivate sono piante annue con culmo basso (circa 60-90 cm), foglie corte e ruvide su entrambe le pagine, con ligula munita lateralmente di due grandi orecchiette, spiga con rachide appiattita, fragile, su ciascun nodo della quale sono inserite 3 spighette uniflore; ogni spighetta ha due glume lesiniformi e la glumetta esterna è per lo più aristata. La cariosside è simile a quella del frumento, più acuta alle estremità, gialla. La classificazione degli o. coltivati è varia secondo gli autori: alcuni li riuniscono tutti in una sola specie (Hordeum sativum), altri li distribuiscono in più specie: Hordeum vulgare (v. fig.), Hordeum hexasticum e Hordeum distichum. Vi sono numerose razze distinte per la precocità, la resistenza all’allettamento, o al freddo, o alla siccità, per la mancanza delle reste, per la composizione chimica dei granelli (alcuni più adatti alla maltazione, perché poveri di protidi e ricchi di amido; i buoni o. da malto non devono avere più del 10% di protidi), per la spiga eretta o nutante, per la capacità produttiva ecc. Alcune razze sono vestite, altre nude, ossia nelle prime le glumette sono aderenti al granello, anche a maturità, nelle seconde il granello è libero.
Per il ciclo vegetativo più breve di quello di altri cereali (circa 4 mesi), l’o. si presta per la coltivazione nelle regioni fredde (fino a 70° N in Norvegia) e in quelle aride. Preferisce terreni di medio impasto, non acidi né umidi. La tecnica colturale e antiparassitaria è simile a quella del frumento; gli o. da birra vanno abbondantemente forniti di concimi fosfo-potassici, per favorire l’accumulo di amidi nei granelli.
La coltura dell’o. è preistorica; riguardo all’origine degli o. coltivati le opinioni sono discordi: un centro d’origine pare sia l’Asia sud-occidentale, dove si trovano o. spontanei dai quali possono essere derivati alcuni degli o. coltivati. La coltura dell’o. dal 16° sec., specie in Europa, è stata in gran parte sostituita da quella del frumento, che fornisce farina più facilmente panificabile, nonché da quella del mais e della patata.
L’o. grezzo (svestito) presenta la seguente composizione percentuale media: umidità 10,2%; proteine 12,8%; sostanze grasse 2,1%; cellulosa 1,6%; carboidrati 71,2%; ceneri 2,1%. Il prodotto, privato del pericarpo e sottoposto a una specie di sbramatura, si presenta in forma di granelli bianchi arrotondati; prende il nome di o. perlato o brillato e la sua composizione, essendo stata eliminata la glumella e lo strato aleuronico, differisce da quella dell’o. greggio (diminuzione percentuale di sostanze proteiche e grasse, di ceneri e di cellulosa e aumento di sostanze amilacee). Può essere sottoposto a macinazione per ottenere semolini e farine.
L’o. è usato largamente come alimento nell’Africa settentrionale e nell’Estremo Oriente, in particolare per la preparazione di minestre. In Europa, viene coltivato soprattutto come foraggio o per la preparazione della birra (malto), dell’alcol e dell’amido. Un buon o. per la preparazione del malto (➔ birra) deve essere asciutto, di color giallo chiaro, perfettamente sano e soprattutto deve avere una facoltà germinativa (cioè la percentuale di semi che germinano in 5-8 giorni) pari almeno al 95-96%. Il malto e le farine di malto d’o., oltre che per la preparazione della birra, sono impiegate anche per la panificazione, per preparati dolciari, farmaceutici e per alimenti destinati all’infanzia. Il malto d’o. è particolarmente adatto all’alimentazione di bambini e anziani in quanto facilmente digeribile; infatti durante la maltizzazione quasi il 30% delle proteine viene trasformato in peptidi e amminoacidi, mentre buona parte dell’amido viene idrolizzato a maltosio. L’o. coltivato per foraggio s’impiega come erbaio primaverile o per la produzione di granella. 3. Produzione
I principali paesi produttori sono quelli nei quali l’o. è usato per produzioni industriali, soprattutto birra e alcol (Russia, Canada; Spagna, Germania, Francia, Turchia e Ucraina). L’apporto dei paesi nei quali l’o. è usato nell’alimentazione è in costante diminuzione in rapporto alle mutate condizioni economiche e di insediamento umano, scemando la consistenza numerica dei popoli nomadi per i quali l’o. rappresenta un alimento fondamentale grazie al suo breve ciclo vegetativo. Globalmente, negli ultimi anni del 20° sec. la produzione mondiale di o. ha registrato un calo progressivo (133,4 milioni di t nel 2007).