Polisaccaride largamente diffuso nel regno vegetale, dove costituisce il componente base della parete cellulare.
La c. è sintetizzata nei vegetali a partire da carboidrati più semplici, a loro volta ottenuti da anidride carbonica e acqua mediante la fotosintesi. Sotto questo profilo, la c. e gli altri polisaccaridi vanno considerati il principale mezzo per l’accumulo dell’energia solare. Analoga all’amido nella composizione, ma diversa nella configurazione del legame glicosidico, la c. è un polimero lineare del D-glucosio, con formula bruta (C6H10O5)n. Il grado di polimerizzazione medio n può essere desunto da misure viscosimetriche su soluzioni di c., mentre la sua curva di distribuzione può essere ricavata tramite permeazione su gel. Il grado di polimerizzazione varia secondo l’origine della c. e, soprattutto, secondo i trattamenti subiti: nella c. allo stato nativo esso è dell’ordine di alcune migliaia (fino a 8-10.000 circa), ma può scendere a poche centinaia a seguito di drastici trattamenti estrattivi, ossidativi ecc. Il suo valore è considerato un indice molto significativo dello stato di conservazione dei materiali cellulosici, dal momento che nell’invecchiamento la molecola tende a frammentarsi e a questo fenomeno è legato anche il decadimento delle caratteristiche meccaniche. La formula di struttura della c. si scrive comunemente nella forma sottoindicata:
I monomeri di D-glucosio in forma piranica si legano tra loro con legami β (I-4) glicosidici con eliminazione di una molecola d’acqua e formano lunghe catene che nei vegetali risultano disposte le une vicino alle altre con andamento talora parallelo, con conseguente presenza nella c. di zone amorfe e di zone cristalline. La c. in natura generalmente si trova associata ad altri componenti, costituiti da lignina, gomme, cere ecc., come nel legno e in altre parti dei vegetali dei quali in genere la c. costituisce il 40-60%.
La c. è una sostanza bianca, quasi completamente insolubile in acqua e nella gran parte dei solventi, solubile in alcune soluzioni saline. Viene idrolizzata dagli acidi minerali, specie a caldo, per dare prodotti di diversa complessità molecolare: se l’idrolisi è parziale si ottengono prodotti indicati col nome di idrocellulose, se è totale si ottiene come unico prodotto finale glucosio. La c., contenendo diversi gruppi alcolici liberi, può reagire con gli acidi organici e con l’acido nitrico per dare esteri di grande interesse pratico (vernici, fibre, tessili, esplosivi ecc.).
La c. si ottiene industrialmente sottoponendo a trattamenti meccanici e chimici il legno di molte conifere e latifoglie e le fibre di numerose materie prime vegetali (alfa, sparto, canna comune ecc.) e di residui agricoli (paglia); si ottengono così le cosiddette paste di legno. Con soli trattamenti meccanici si ottiene dal legno la pasta meccanica (con resa superiore al 92%); essa si prepara ripulendo i tronchi, scortecciandoli e poi sfibrandoli a mezzo di mole, in presenza di acqua; è formata da tutti i costituenti del legno, a eccezione dei sali solubili in acqua, ridotti in forma di fibra. Trattamenti in autoclave con agenti chimici, seguiti da trattamenti meccanici di sfibratura per separare dal legno e dalle fibre le sostanze incrostanti e le emicellulose, consentono di ottenere la pasta chimica costituita da c. più o meno pura. I vari processi usati prendono nome dal reattivo chimico impiegato. Il processo più utilizzato è quello al solfato, che fornisce pasta di elevata resistenza meccanica e buona opacità: il legno, ridotto in minuzzoli, viene trattato in autoclave con la liscivia di cottura, a temperatura elevata (fino a 160-170 °C); la liscivia è composta principalmente da idrato e solfuro sodico che gradualmente solubilizzano la lignina e le emicellulose, oltre a saponificare le resine. La liscivia esausta ha un contenuto in sostanze organiche che consente di autoalimentarne la combustione in appositi bruciatori, ricavandone energia. Essa viene pertanto bruciata, previa aggiunta di solfato sodico che è ridotto a solfuro e che serve a reintegrare le perdite; le ceneri, che contengono solfuro e carbonato sodico, vengono caustificate con idrato di calcio, ripristinando la liscivia originale. Questa procedura consente anche di limitare i problemi di inquinamento.
La c. ha notevole interesse tecnico nella fabbricazione dei vari tipi di carta; allo stato puro si usa come materia prima per la preparazione di alcune varietà di fibre tessili, cellofan, materie plastiche da stampaggio, pellicole fotografiche, esplosivi, vernici e altro ancora.
I più importanti derivati sono rappresentati dagli esteri con acidi inorganici e con acidi organici (acetato, propionato, butirrato di c.), dagli eteri, alcuni dei quali solubili in acqua (carbossimetilcellulosa), altri insolubili in acqua ma solubili nei solventi organici (benzilcellulosa, etilcellulosa, idrossietilcellulosa ecc.).
Acetilcellulosa Estere della c. con l’acido acetico (detto anche, impropriamente, acetato di c.); poiché nella c. sono presenti più gruppi ossidrilici che possono essere tutti o solo in parte sostituiti, si avranno esteri di diverso tipo che si distinguono in base al grado di sostituzione, cioè al numero dei gruppi acetilici presenti (mono-, bi- e tri-acetilcellulosa). Si usa di solito acetilcellulosa con grado di sostituzione compreso fra 2 e 3. L’acetilcellulosa si ottiene per acetilazione della c. con una miscela di acido acetico e anidride acetica a bassa temperatura, in presenza di acido solforico come catalizzatore; il prodotto della reazione corrisponde alla tri-acetilcellulosa che viene trasformata in un prodotto a minor grado di sostituzione per parziale idrolisi, ottenuta aggiungendo al prodotto acido solforico diluito. Il prodotto commerciale si presenta sotto forma di polvere incolore grossolana, più o meno dura e friabile, solubile in molti solventi. Si usa come materiale termoplastico da cui si ottengono molteplici manufatti chiari, leggeri; si impiega, tra l’altro, per lacche, vernici, come materiale isolante per elettrotecnica.
Carbossimetilcellulosa Sale sodico della c.; si prepara industrialmente sotto questa forma eterificando l’alcalicellulosa con cloroacetato sodico. Si presenta sotto forma di polvere bianca, inodore, insapore, che nell’acqua si scioglie o si rigonfia a seconda del grado di sostituzione del prodotto. Per il suo carattere idrofilo, per l’elevata viscosità delle sue soluzioni diluite, per le buone proprietà adesive, trova largo impiego nella finitura dei tessuti insieme all’amido, nell’industria della carta, nella preparazione di adesivi, di colloidi protettori, di agenti emulsionanti, di fanghi, nella trivellazione dei terreni ecc.
Etilcellulosa È un solido granulare, bianco, inodore, insapore, non tossico che viene preparato riscaldando per diverse ore l’alcalicellulosa con cloruro d’etile a 90-150 °C a una pressione di 10-20 bar. Terminata l’operazione, la pressione viene diminuita consentendo così l’allontanamento delle sostanze più volatili formatesi insieme all’etile (cloruro di etile, alcol etilico, etiletere); l’alcol etilico e l’etiletere possono essere recuperati e nuovamente convertiti a cloruro di etile; il residuo viene filtrato, lavato con acqua ed essiccato, e infine stabilizzato (addizionando piccole quantità di antiossidanti). Si usa come materia plastica da stampaggio, nella preparazione di vernici (perché è facilmente solubile in solventi economici e produce film sottili, flessibili, dotati di buona resistenza agli agenti atmosferici, alle radiazioni ecc.), e come componente nella produzione di adesivi.
Idrossietilcellulosa Etere della c., ottenuto trattando l’alcalicellulosa con ossido di etilene o con cloridrina etilenica; sostanza bianca, fibrosa, inodore, insapore, stabile alla luce, solubile in solventi organici (etanolo, acido formico ecc.). Si usa come addensante (per pitture, adesivi, inchiostri ecc.), come impermeabilizzante per carta, nella preparazione di cosmetici ecc.