Il contratto di rendita è quello col quale una persona si obbliga a corrispondere a un’altra la prestazione periodica di una somma di denaro o di una certa quantità di cose fungibili, quale corrispettivo dell’alienazione di un immobile o della cessione di un capitale. La rendita è perpetua quando è dovuta per una durata senza limiti, cioè fino a quando non sia stata riscattata o sia prescritta; è vitalizia quando sia dovuta per la durata della vita del beneficiario o di altra persona. La rendita perpetua si chiama fondiaria quando sia stata costituita mediante alienazione di un immobile; semplice, se costituita mediante cessione di un capitale. Quest’ultima deve essere garantita con ipoteca sopra un immobile; altrimenti il capitale è ripetibile. Il diritto nascente dal contratto di rendita è un diritto di credito personale e non un diritto reale corrispondente a un onere reale a carico del debitore della rendita. Essa, quindi, è dovuta anche quando l’obbligato non sia più titolare dell’immobile ottenuto in cambio della rendita. La rendita perpetua è redimibile a volontà del debitore, nonostante qualunque convenzione contraria, mediante il pagamento della somma che risulta dalla capitalizzazione della rendita annua sulla base dell’interesse legale. Può, però, essere convenuto che il riscatto non possa eseguirsi durante la vita del beneficiario o prima di un certo termine, che non può eccedere i dieci anni nella rendita semplice e i trent’anni nella rendita fondiaria. Si fa luogo a riscatto forzoso qualora il debitore sia in mora nel pagamento di due annualità; o non abbia dato le garanzie promesse; o quando, per effetto di alienazione o di divisione, il fondo su cui è garantita la rendita è diviso fra più di due persone; o, infine, in caso di insolvenza del debitore.