Scrittore austriaco (Klagenfurt 1880 - Ginevra 1942). Dopo essersi lasciato alle spalle un'insostenibile situazione familiare e la frequentazione di collegi e accademie militari, si diplomò in ingegneria meccanica al politecnico di Brünn, fece assistentato presso il politecnico di Stoccarda, e si laureò, nel 1908, a Berlino con una tesi su E. Mach, scienziato e filosofo della scienza. Da Mach, che aveva proclamato l'"insalvabilità dell'io", mero aggregato di relazioni psichiche la cui unità risulta puramente "economica", M. trasse lo scetticismo circa l'unità dell'io e la validità generale di ogni legge scientifica e soprattutto del principio di casualità. Oltre alla lettura dei principali scrittori tedeschi ed europei, fondamentale fu per M. la lezione tratta da Nietzsche che aveva dissolto l'idea stessa di soggetto, la sua identità e la sua unità in un'anarchia di atomi; mentre il suo Übermensch, l'"oltreuomo", indicava un nuovo stadio antropologico, proiettato oltre i tradizionali confini dell'io umanistico, era una pluralità di nuclei psichici liberata dalla rigida corazza dell'identità, che bloccava il fluire della vita. Inoltre M. ricaverà da Nietzsche la consapevolezza che la vita non dimora più nella totalità in un Tutto organico e concluso, ossia la diagnosi della vita orfana della totalità che pervaderà tutta la sua opera. Il primo romanzo, Die Verwirrungen des Zöglings Törless (1906), si soffermava sul divario tra l'esperienza, indicibile nella sua epifania, e la parola che, nel tentativo di pronunciarla, la svaluta e la tradisce. La crisi gnoseologica era vissuta dal protagonista sul piano morale e sensibile, e i turbamenti del giovane cadetto si trasformavano in uno spassionato laboratorio d'osservazione scientifica: M. intendeva così sanare lo iato apertosi, nella cultura del suo tempo, tra poesia e scienza, "anima ed esattezza". Su questo motivo s'impernierà Der Mann ohne Eigenschaften, il grande romanzo incompiuto cui egli aveva lavorato dal 1898 fino alla morte, lasciandolo interrotto e aperto a diverse soluzioni possibili. L'opera si poneva quale epopea della fine e dell'impossibilità dell'epica, come romanzo della "realtà al congiuntivo" opposta a quella tradizionale all'indicativo. La disarticolazione della totalità, come aveva intuito Nietzsche, infrange il grande stile: nel caotico brulicare della vita che si sottrae ad essere ordinata dal pensiero e dalla scrittura, i particolari acquistano una selvaggia autonomia, reclamano "eguali diritti per tutti" (anche negli sterminati Diari [Tagebücher, post., a cura di A. Frisé, 2 voll., 1976] il reale si dissolverà in un'inesauribile "anarchia degli atomi", liberati da ogni progetto unificante). Il romanzo si proponeva di rappresentare tutta la realtà nel suo mutevole divenire ed era perciò destinato a rimanere un frammento, privo di un centro e di una conclusione, così come non ha un centro Ulrich, l'uomo senza qualità, che è fatto di qualità senza l'uomo. Né ha un centro l'Azione Parallela, la trama principale del racconto, che è un'azione che non esiste: il comitato preposto all'organizzazione dei festeggiamenti per il settantesimo anniversario di regno di Francesco Giuseppe, alla ricerca di un'idea centrale da celebrare quale fondamento della civiltà austriaca, non la trova: la vera Austria - come dice Diotima, l'ispiratrice dell'Azione Parallela - è tutto il mondo, è lo specchio della realtà contemporanea, priva di un'unità e di un centro. Il romanzo è anche significativo per la sua storia esterna: l'immenso materiale inedito, di cui solo le prime due parti erano state pubblicate dall'autore, si è offerto a diverse sistemazioni che delineano diversi romanzi, e che hanno dato luogo a differenti edizioni del libro (per la storia delle edizioni, v. Uomo senza qualità, L'). Nei racconti Vereinigungen (1911) e Drei Frauen (1924), M. si concentra sulle sfumature dei processi psichici, il soggetto s'indebolisce fino a svanire, e l'esistenza risulta un campo enigmatico, sospeso e fluttuante. Come dice l'ironico titolo delle pagine postume pubblicate in vita, Nachlass zu Lebzeiten (1936), M. è consapevole del tramonto dell'epica e della figura stessa dello scrittore, la cui scrittura registra eventi minimi. Sismografo del tramonto dell'impero asburgico, M. se ne era fatto interprete anche nei numerosi saggi, animati da una lucida analisi e da uno struggente amore per la realtà. Anche le due commedie musiliane, Die Schwärmer (1921) e Vinzenz und die Freundin bedeutender Männer (1924), sono pervase da ironia e passione, fredda analisi e sguardo amoroso e partecipe.