Famiglia di attori, il cui capostipite è Giuseppe (n. Livorno - m. Palmanova 1844). Insegnante di lettere e filodrammatico, sposò l'attrice Guglielmina Zocchi. Attori furono i loro figli Alessandro e Tommaso. Alessandro (Padova 1827 - Firenze 1886), dapprima pittore, fu poi ottimo attore promiscuo, detto Salvinetto; fu anche commediografo. Più noto il fratello Tommaso (Milano 1829 - Firenze 1915), grande attore tragico. A 14 anni entrò col padre a far parte della compagnia di G. Modena, che lo apprezzò subito; ma preferì passare prima (1845) nella Compagnia reale di Napoli, poi in quella di L. Domeniconi, in cui fu messo a fianco di A. Ristori. Diede a Roma (1847), nell'Oreste, il primo saggio del suo grande talento. Fervido patriota, si guadagnò, due anni dopo, la lode di Garibaldi e l'affetto e la stima di A. Saffi, che con lui condivise il carcere, per l'eroica condotta tenuta durante l'assedio del '49: a cui si aggiunse, malgrado la fede mazziniana pubblicamente professata, la stima di Vittorio Emanuele II. Diresse con G. Pieri la compagnia Astolfi (1854-56); fu poi (1856) nella compagnia di C. Dondini con Clementina Cazzola che sposò, ma perdette dopo qualche anno (1868). Da allora egli iniziò la serie di grandi trionfi all'estero, recitando in ogni parte del mondo. Ritiratosi dalle scene (1890), ritornò per serate di beneficenza e (1903) per una appassionante gara con E. Zacconi nella Morte civile, che egli aveva interpretato per primo, e nell'Otello. Artista di eccezionali doti fisiche e interpretative, portò nell'esercizio dell'arte una serietà d'intenti, una profondità di vedute, un'originalità di stile, che lo imposero all'ammirazione del pubblico e della critica. Creatore di un metodo basato sul minuzioso studio dei personaggi, fu maestro ad attori e registi anche stranieri: ai suoi criterî attinse anche Stanislavskij nella pratica scenica del suo Teatro d'arte di Mosca. Fu grande nella tragedia e nella commedia (goldoniana e borghese). Tra i suoi scritti: Ricordi, aneddoti e impressioni (1895). Dei suoi numerosi figli (ebbe quattro mogli): Gustavo (Livorno 1857 - Marina di Pisa 1930) s'impose nell'Edipo Re di Sofocle e nel Tartufo di Molière, diede una propria interpretazione antizacconiana degli Spettri e interpretò tra i primi la Francesca da Rimini di D'Annunzio; Alessandro (Firenze 1861 - ivi 1896), negli USA dal 1882, vi esordì e fu attore acclamatissimo in lingua inglese; Mario (Reggio nell'Emilia 1863 - Firenze 1940), fu scultore, pittore, ceramista. Figli di Mario furono Celso (Fiesole 1889 - Firenze 1947), valido critico drammatico, e Guido (Firenze 1893 - ivi 1965). Quest'ultimo fu regista, allievo e collaboratore di M. Reinhardt, tra i primi a dedicarsi in Italia alla regia teatrale; scenografo, poi regista (prima regia di Questa sera si recita a soggetto, 1930) della Compagnia del Teatro d'arte diretto da L. Pirandello, gli successe infine nella direzione. Insegnante di regia all'Accademia nazionale d'arte drammatica in Roma (1938-44), diresse la Compagnia del teatro nazionale (1950-52) e svolse fortunate tournées all'estero. Nell'evoluzione della scena italiana occupa un posto di rilievo per l'equilibrio che seppe manifestare fra tradizione e sperimentalismo.