socioanalisi Procedimento di analisi che ha per oggetto di studio le strutture organizzative istituzionali e le loro dinamiche. Storicamente il termine è stato introdotto a indicare l’analisi dell’istituzione psichiatrica, ma è stato successivamente esteso anche ad altri ambiti (strutture organizzative di vario tipo, non necessariamente terapeutiche).
Alla fine degli anni 1940 in Gran Bretagna, grazie alla comunità terapeutica proposta da M. Jones, e qualche anno prima in Francia, con il lavoro di François Tosquelles, ebbe inizio una progressiva liberalizzazione del regime custodialistico psichiatrico e una parallela considerazione dei fattori sociali sia nell’eziologia della malattia mentale sia nella descrizione psicopatologica; termini quali psichiatria sociale o sociopsichiatria sono stati utilizzati per indicare quell’insieme di esperienze.
In Francia ebbe inizio in quegli stessi anni un movimento detto di psichiatria istituzionale che si proponeva di portare la psicanalisi (specialmente la prassi psicanalitica freudiana) in seno all’istituzione. L’ambiente sociale, e in particolare l’organizzazione manicomiale, erano descritti quali responsabili dell’insorgere della malattia mentale; una volta individuati i meccanismi patogeni, si pensava di poter rovesciare la situazione e di utilizzare l’istituzione stessa quale primario agente terapeutico.
Nel caso della comunità terapeutica, l’organizzazione psichiatrica è considerata prevalentemente quale strumento per la terapia; nell’ambito della psichiatria istituzionale, la struttura organizzativa è piuttosto considerata quale oggetto di un processo di analisi permanente. In questo secondo caso appare quindi più corretto il riferimento a una prassi socioanalitica.
Ispirandosi a un concetto di istituzione come sistema di valori, norme, modelli culturali, che attraversa l’organizzazione nelle sue differenti articolazioni, in Inghilterra e in Italia nasceva, a partire dalla seconda metà degli anni 1960, il movimento dell’antipsichiatria (➔), che sottoponeva a un’analisi critica non solo l’organizzazione psichiatrica ma il sistema sociale nella sua globalità socioeconomica.
Successivamente in Francia si è sviluppata una corrente socioanalitica che si differenzia nettamente dal movimento antipsichiatrico sia per il diverso ambito d’intervento, sia per il diverso ruolo degli operatori che vi appartengono: non si tratta infatti di psichiatri che operano nelle organizzazioni terapeutiche, bensì di sociologi e psicosociologi che si pongono quali consulenti di organizzazioni scolastiche, di aziende ecc. Il discorso della s. tende quindi ad allargarsi (divenendo la s. stessa piuttosto una psicosociologia), recuperando il significato analitico dei propri metodi di studio piuttosto che sottolineare il momento d’intervento attivo e di militanza, e proponendo una diversa e autonoma concezione del cambiamento organizzativo, della dinamica istituzionale, che rivaluta le nozioni di elaborazione terapeutica e di resistenza inconscia, quali sono espresse nella teoria psicanalitica, al fine di una loro trasposizione sul piano sociale.