suffisso Elemento formativo di una parola, con funzioni di derivazione e di determinazione morfologica e semantica, costituito da uno o più fonemi o sillabe, posposti alla radice o al tema: i s. diminutivi più comuni in italiano sono -ino, -etto, -ello. Il suffisso così definito è anche detto s. tematico, elemento di derivazione atto a fornire temi verbali (s. verbale) e temi nominali (s. nominale), per distinguerlo dal s. flessionale, elemento di flessione, che porta più comunemente il nome di desinenza, perché posto in fine di parola. Con il prefisso e l’infisso, il s. costituisce la categoria degli affissi.
Nella linguistica indoeuropea, s. in senso ristretto è ogni elemento postradicale e predesinenziale, distinto quindi dalla radice e dalla desinenza. Poiché l’indoeuropeo non fa uso, di regola, della prefissazione e possiede un solo tipo d’infisso, quello in nasale, i s. ne costituiscono l’elemento normale di derivazione. Una parola non composta non può avere, ovviamente, più di una radice e di una desinenza, ma può avere più s.: si distinguono quindi s. primari, aggiunti direttamente alla radice, e secondari, aggiunti a un tema già costituito; questo può essere formato dalla radice con uno o più s., oppure dalla sola radice (nome-radice o nome radicale o tema radicale). Alla categoria dei s. appartengono anche i determinativi radicali o ampliamenti, che sono propriamente s. primari che hanno perduto la loro piena funzionalità morfologica. Suffissoide Termine introdotto in linguistica da B. Migliorini per designare quel secondo elemento di parole composte che ha perduto parte del valore originario e si comporta come un s. (es., -colo in agricolo). Con significato più ampio, si usa includere tra i suffissoidi tutti quegli elementi compositivi che non sono semplici terminazioni ma hanno un proprio contenuto semantico indipendente, come sono, per es., gran parte dei s. di origine greca (-fono e -fonia, -grafo e -grafia, -morfo, -teca ecc.).