Terra
Un sistema complesso in evoluzione
Da sempre il pianeta in cui viviamo è oggetto di studio. Il dibattito sui suoi moti astronomici ha alimentato fondamentali dispute filosofiche e lo studio della sua forma e della sua struttura ha impegnato diverse discipline scientifiche, spesso promuovendone lo sviluppo. Oggi, forse ancor più che nel passato, i processi planetari rappresentano un campo di sfida aperto per la conoscenza. La consapevolezza che la Terra costituisce un sistema complesso richiede alla scienza un modello globale in cui comprendere vari fenomeni che interagiscono tra loro
La consapevolezza che la Terra è uno dei pianeti del Sistema Solare, in rotazione sul proprio asse polare e in orbita intorno al Sole, è un’acquisizione relativamente recente. Soltanto dopo la cosiddetta rivoluzione copernicana si affermò definitivamente l’idea della Terra come pianeta mobile. L’astronomo polacco Nicola Copernico pubblicò le sue speculazioni astronomiche nel 1543 in un libro intitolato Le rivoluzioni delle sfere celesti. A fare accettare che la Terra fosse un pianeta in movimento contribuirono in maniera fondamentale sia le tre leggi di Keplero sul movimento dei pianeti, di circa mezzo secolo posteriori al lavoro di Copernico, sia l’affermazione della legge di gravitazione universale, proposta da Newton, che forniva la causa per quei movimenti (la gravitazione).
È anche vero che nei secoli precedenti erano stati considerati modelli che prevedevano il movimento della Terra; già Seneca (1° secolo d.C.) aveva affrontato la questione sul movimento o sulla fissità del nostro pianeta, come testimoniano le sue parole nelle Questioni Naturali: «L’analisi particolareggiata di questi problemi servirà anche al preciso scopo di farci sapere se l’Universo ruota mentre la Terra sta ferma oppure la Terra gira mentre l’Universo sta fermo». Tuttavia successivamente si era definitivamente affermato il sistema geocentrico tolemaico, così chiamato dal nome del grande astronomo greco-alessandrino Claudio Tolomeo, che nel 2° secolo d.C. collocava la Terra al centro dell’Universo e considerava stelle e pianeti in movimento intorno a essa, descrivendo con apprezzabile accuratezza i loro spostamenti sulla volta celeste. La sua precisione e la concordanza con le posizioni aristoteliche, e quindi della Chiesa di Roma, su astri e firmamento ne garantirono il predominio per più di 15 secoli, anche a dispetto di una struttura alquanto complicata, necessaria a giustificare alcune irregolarità nel moto dei pianeti.
La Terra è sottoposta simultaneamente a diversi movimenti nello spazio. Alcuni producono effetti in tempi relativamente brevi (moto di rotazione e moto di rivoluzione), altri in tempi molto più lunghi (moti millenari). Altri ancora sono associati ai movimenti del Sole nella Galassia e della recessione della Galassia nell’espansione dell’Universo, e non comportano conseguenze al momento note.
Gli effetti prodotti dalle brevi periodicità dei moti di rotazione e rivoluzione sono a tutti conosciuti: la costanza della velocità di rotazione intorno all’asse polare determina la durata del giorno, circa 24 ore, e l’alternanza del giorno e della notte; la permanenza dell’asse di rotazione parallelo a sé stesso nel compimento dell’orbita della Terra intorno al Sole, inclinato di 23°27' rispetto al piano di rivoluzione, causa il susseguirsi delle stagioni durante l’anno.
Meno noto è invece ciò che accade quando si considerano questi moti così familiari su intervalli di tempo molto più lunghi. Lo sviluppo di orologi ad altissima precisione, basati sulle vibrazioni specifiche di alcuni atomi o molecole, ha permesso per esempio di misurare che la rotazione della Terra rallenta, di un valore però molto piccolo (pari a 2 millesimi di secondo per secolo), probabilmente a causa dell’attrito provocato dalle maree (tempo, misura del).
Anche il moto di rivoluzione subisce variazioni millenarie. Infatti l’asse di rotazione della Terra compie un movimento doppio conico con fulcro nel centro della Terra, detto di precessione luni-solare perché causato dall’attrazione gravitazionale esercitata dal Sole e dalla Luna, soprattutto sui rigonfiamenti equatoriali terrestri. Inoltre l’asse maggiore dell’orbita terrestre si muove in senso antiorario, facendo perno sul Sole. I due moti si compongono insieme in modo che ogni duemila anni circa le tradizionali costellazioni (cielo e costellazioni) di riferimento dei vari periodi dell’anno (segni zodiacali) slittano di un posto verso quella precedente; gli astrologi non sanno che le loro attribuzioni zodiacali, stabilite nel 6° secolo a.C., non corrispondono alle attuali posizioni reciproche di Terra, Sole e astri! L’orbita terrestre è sottoposta ad altri due moti millenari: la variazione di eccentricità, che in un periodo di 92.000 anni ne esaspera e ne riduce la forma ellittica; il cambiamento dell’inclinazione dell’asse terrestre, che in 40.000 anni varia avendo come estremi un massimo di 24°20' e un minimo di 21°55'. Il gioco di composizione di tutti i moti millenari ha effetti rilevanti sulle variazioni climatiche (glaciazioni).
L’osservazione della Terra dallo spazio permette di visualizzarne la forma. L’impressione che ne deriva è quella di un pianeta sferico. In realtà non è esattamente così: la Terra infatti tende a una forma assolutamente specifica, non identificabile con solidi geometrici, che è denominata geoide. Essa è definita da tutti i punti della superficie terrestre rispetto ai quali la forza di gravità è diretta perpendicolarmente verso il centro della Terra. Se il mare occupasse completamente la superficie del globo, avremmo la forma perfetta del geoide. La forma della Terra è la risposta macroscopica all’azione delle forze di gravità e centrifuga, che si compongono collocando la materia in posizioni di equilibrio. Il risultato non è comunque molto distante da un ellissoide di rotazione, con asse polare leggermente più corto dell’asse equatoriale (12.713,56 km contro 12.756,32 km), da cui il geoide si discosta al massimo per 120 m.
Lo schiacciamento polare della Terra non è così grande da offuscare la sua apparente sfericità d’insieme. La geodesia, la scienza che si propone di misurare forma e dimensioni del pianeta, dispone di metodi di calcolo e tecnologie di misura avanzati (geologia e geodinamica), ma bisogna riconoscere agli antichi il merito di aver saputo calcolare la circonferenza della Terra con sorprendente approssimazione rispetto al valore che oggi consideriamo più attendibile. Nel 3° secolo a.C., il greco Eratostene di Cirene con semplici calcoli geometrici stabilì che questa grandezza dovesse essere di 39.375 km, un valore molto vicino alla lunghezza della circonferenza equatoriale e del circolo meridiano (40.076,594 e 40.009,152 km rispettivamente).
L’interno della Terra è una grande regione inaccessibile, una gigantesca quantità di materia (circa 6,31024 kg) su cui abbiamo soltanto dati indiretti. In superficie affiorano minerali e rocce che provengono dalle regioni interne del Pianeta, tra cui alcuni preziosi frammenti di roccia chiamati xenoliti, inglobati in lave di provenienza profonda, che portano informazioni sulla composizione delle parti più superficiali del mantello (la porzione della Terra sottostante la crosta terrestre). Tuttavia le profondità di provenienza di questi materiali, al massimo qualche decina di chilometri, rappresentano una frazione minima dei 6.370 km circa che separano la superficie dal centro del Pianeta. Malgrado questo severo limite, la qualità e la quantità dei dati indiretti forniti dagli studi di diverse discipline permettono oggi di costruire un modello molto dettagliato dell’interno della Terra.
La complessità, e allo stesso tempo l’importanza dell’obiettivo scientifico, hanno promosso un metodo multidisciplinare cui contribuiscono la sismologia, la geodesia spaziale, la petrologia sperimentale, la geochimica, la geodinamica. Ne scaturisce un quadro d’insieme in cui la classica visione un po’ statica di un Pianeta suddiviso in sfere concentriche (nucleo, mantello e crosta), caratterizzate da diversa composizione chimica, si sviluppa in un modello in cui le varie parti interagiscono e promuovono l’evoluzione geologica complessiva del sistema Terra.
L’interpretazione dinamica dei fenomeni relativi alla parte più superficiale del Pianeta (litosfera, orogenesi), espressa dalla teoria della tettonica delle placche, si è così estesa alle regioni più profonde.
Le onde sismiche scatenate da un terremoto viaggiano nell’interno della Terra. Gli sviluppi recenti della sismologia hanno messo a punto una tecnica (tomografia) che permette di ottenere informazioni sulle caratteristiche dei materiali attraversati durante il loro propagarsi. Si ottiene in questo modo una sorta di radiografia tridimensionale del Pianeta. I risultati di queste ricerche hanno confermato le principali superfici di discontinuità che separano il nucleo interno solido dal nucleo esterno fluido, il nucleo dal mantello e le varie zone del mantello che corrispondono a cambiamenti di composizione o transizioni di fase.
In più, però, essi hanno svelato – in particolare nel mantello a profondità maggiori di 670 km – la presenza di zone ad alta e bassa velocità di propagazione che non presentano simmetria sferica regolare e che probabilmente sono caratterizzate da viscosità diverse rispetto alle regioni limitrofe.
Combinando gli studi tomografici con le misurazioni dei movimenti attuali e remoti delle placche, si è anche giunti alla conclusione che la rotazione terrestre possa avere importanti effetti sulla dinamica interna della Terra. È noto che i movimenti delle placche e della materia nel mantello provocano oscillazioni minime dell’asse di rotazione terrestre (oscillazioni di Chandler, da non confondere con i moti millenari dell’asse). Non deve quindi sorprendere che i dati forniscano indizi di slittamenti complessivi di interi gusci sferici, gli uni rispetto agli altri (per esempio, dell’intera litosfera rispetto al mantello), causati da effetti di marea e con importanti conseguenze tettoniche.
In questo senso sembra superata l’idea che l’energia per alimentare la tettonica delle placche provenga esclusivamente dal calore interno della Terra, sia quello primordiale sia quello preponderante, dovuto al decadimento radioattivo degli elementi chimici, attraverso i flussi convettivi di materia.
La storia della Terra è una storia di cambiamenti. Questa è la chiave di lettura che può accompagnare l’interpretazione di fenomeni molto lontani nel tempo, come la formazione del Pianeta e i processi di stratificazione, ancora in atto, degli elementi chimici pesanti nelle sue parti più interne. Più di 4,6 miliardi di anni fa, lo sviluppo del Sistema Solare determinò l’aggregazione di rocce e metalli che costituì i pianeti interni in accrescimento (Mercurio, Venere, Terra e Marte). Da allora, nel nostro pianeta la materia costituente è in continua trasformazione, alla ricerca dell’equilibrio chimico-fisico. Il nucleo interno solido, costituito da ferro, nichel, con percentuali di altri elementi più leggeri, secondo recenti studi non esisteva prima di 2 miliardi di anni fa, mentre secondo altri avrebbe cominciato a solidificare soltanto da 500 milioni di anni. Sembra comunque che il processo di accumulo degli elementi più pesanti nelle regioni più interne, sia del nucleo sia del mantello, non sia ancora terminato.
Alla logica del cambiamento appartiene anche una suggestiva interpretazione dei fenomeni geodinamici della Terra che costituisce un’alternativa alla teoria della tettonica delle placche: secondo tale interpretazione la Terra sarebbe in continua espansione e negli ultimi 600 milioni di anni il raggio terrestre sarebbe più che raddoppiato. Anche se la maggior parte degli scienziati considera l’ipotesi di una Terra in espansione per ora soltanto una congettura, sono significativi alcuni argomenti geofisici e geologici a suo favore, che in alcuni casi soddisfano evidenze sperimentali per le quali la tettonica delle placche non dà risposte adeguate: per esempio, nel migliore accordo con il fenomeno dei pennacchi di materia calda in risalita dal mantello verso la crosta (plume). Pur essendo largamente minoritaria, questa ipotesi va tenuta presente per ricordare che il modello globale del Pianeta è in continuo aggiornamento.
La geoterma è una curva che rappresenta come varia la temperatura nella Terra con la profondità. La temperatura aumenta rapidamente nella litosfera, fino a raggiungere la temperatura di fusione delle rocce (circa 1.200 °C) alla profondità dell’astenosfera (litosfera). A profondità superiori, la temperatura aumenta in modo meno marcato, ma costantemente, fino al centro della Terra (dove risulta superiore ai 4.000 °C). È interessante sottilineare che anche nel nucleo esterno la temperatura è superiore a quella di fusione della materia costituente.
La geoterma scaturisce dal modello della struttura interna del nostro pianeta, risultato degli studi multidisciplinari nel campo delle scienze della Terra.
È proprio così. Tutti potrebbero osservare la rotazione della Terra mentre avviene. Sarebbe sufficiente avere la possibilità di essere collocati in una cabina posta all’estremità di un lungo pendolo. Come insegna la fisica, il piano di oscillazione del pendolo rimane fisso nello spazio ed è svincolato dalla rotazione del Pianeta. Ne consegue che, aspettando pazientemente nella nostra postazione, minuto dopo minuto (per meglio dire: ora dopo ora), vedremmo girare intorno a noi gli oggetti fissi al suolo. Celeberrima fu un’esperienza di questo tipo (ma senza ‘passeggero’ sul pendolo!) realizzata pubblicamente nel 1851 dal fisico francese Jean-Bernard-Léon Foucault nel Pantheon di Parigi.
La Terra è circondata da un campo magnetico che si estende nello spazio circostante, la cui origine si trova nei flussi di ferro fuso presenti nel nucleo esterno fluido del Pianeta. Il ferro è un buon conduttore di elettricità e i suoi movimenti, dalle complesse linee spiraliformi, sono in grado di dare luogo a un campo geomagnetico che si autoalimenta. Questo modello viene chiamato geodinamo, e può spiegare, attraverso variazioni intervenute nella velocità di spostamento della materia nel nucleo terrestre, anche le inversioni del campo magnetico terrestre più volte ripetutesi nel tempo geologico.