antropologia Spoglie degli animali e dei nemici uccisi, indossate o conservate non solo come segno del valore del proprietario, ma anche allo scopo di ‘impossessarsi’ dello spirito della vittima, propiziandosela così per nuove imprese. Tra i t. umani il più importante è la testa (➔ cranio), la cui conservazione rituale dà luogo a forme di culto (Daiacchi, Maori, Nuova Guinea, Jívaro): ma t. sono lo scalpo (Amerindi dell’America Settentrionale, Ostiachi, Voguli e Samoiedi); la mandibola o i denti (Caribi, Tupi), i genitali (Danachili, Gamo dell’Etiopia meridionale); la pelle (che gli Aztechi indossavano ancora sanguinolenta). Le spoglie animali entrano spesso a far parte del vestiario: così tra gli Abissini solo chi ha abbattuto un leone può indossarne la pelle; e tra i Conso dell’Etiopia meridionale solo l’uccisore di elefanti ha diritto a portare speciali bracciali d’avorio. storia e arte Segno di vittoria eretto, presso gli antichi Greci e Romani, dai vincitori con le spoglie dei vinti. Già nella leggenda greca si incontra il ricordo di t. nella forma detta antropomorfica: il vincitore di un duello appendeva a un albero dai rami mozzati, o a un palo, le armi del vinto nella stessa disposizione con cui quello le indossava. Il primo t. storico fu quello innalzato dagli Egineti nel loro tempio di Afaia, con gli sproni delle navi dei Sami (520 a.C. ca.). Il numero dei t. era segno della gloria conseguita da un generale. Il t. era sacro e inviolabile, e veniva solitamente situato nei pressi del campo di battaglia, in un tempio o sacello. Altro tipo di t. era quello a tumulo, formato con le armi dei caduti ammucchiate. I Romani presero il nome del t. dai Greci, ma l’uso esisteva già presso gli Italici. Al t. si collega il rito della consacrazione delle spoglie opime nel tempio di Giove Feretrio. Oltre ai leggendari t. di Enea e Romolo, si ricordano i t. eretti da Marcello, vincitore dei Galli Insubri (222 a.C.); da Domizio Enobarbo e Fabio Massimo, vincitori degli Allobrogi (121); da Mario, vincitore di Giugurta e poi dei Cimbri e Teutoni; da Silla, dopo Cheronea; da Lucullo, vincitore degli Armeni; da Pompeo, dopo i successi in Spagna.
Nell’arte antica, il t. è sfruttato come elemento architettonico e decorativo nell’arte greca (t. nella balaustra nel tempietto di Atena Nike sull’Acropoli, fregio di armi nei parapetti dell’acropoli di Pergamo), e si moltiplica nell’arte romana sugli archi di trionfo, sui basamenti di monumenti, su tombe di militari, su colonne istoriate, nel motivo della Vittoria che innalza o reca il t.; le monete dette vittoriati recavano sul verso una vittoria coronante un trofeo. T. navali erano le columnae rostratae come quella di Duilio, i Rostra Iulia nel foro. Tra i monumenti architettonici due esempi sono il t. di Augusto a La Turbie nelle Alpi Marittime e quello di Traiano ad Adam-Clissi. Come elemento decorativo il t. fu ripreso tanto in pittura nelle decorazioni a fresco della fine del 17° sec. e principio del 18°, quanto nelle boiseries (decorazioni di legno applicate) del 18° sec. e del periodo neoclassico, e nelle decorazioni scultorie neoclassiche. zoologia Le corna che ornano la testa degli Ungulati. Il t. è espressione dello stato fisiologico e del vigore degli animali. Nei Cervidi, in cui le corna cadono annualmente, il t. raggiunge il massimo sviluppo a piena maturità dei maschi.
Ciascuno dei sette pezzi (o mascelle) che costituiscono l’apparato masticatore dei Rotiferi, situato nella faringe, ognuno dei quali è distinto con una denominazione propria.