Nelle marine militari nordiche del 17° sec., tipo di unità leggera e veloce che disimpegnava funzioni esplorative e di collegamento, analoghe a quelle del naviglio sottile nelle marine militari moderne. In epoca più recente la parola è stata adottata dal linguaggio marinaresco italiano per designare le navi da diporto, a vela e a motore, di una certa importanza che, molto diffuse al Nord, scarseggiavano in Italia. Con il termine y. si indica ora generalmente un’unità di almeno qualche decina di tonnellate di dislocamento mentre le unità più piccole se a vela sono indicate con lo stesso nome della loro attrezzatura (cutter, yawl, ketch, goletta ecc.), se a motore, con la denominazione generica di motoscafo, accompagnata dalla specificazione da crociera (cruiser) e da corsa (racer) a seconda dei casi.
La forma dello scafo, l’attrezzatura, i mezzi di propulsione, il materiale di costruzione hanno subito grandi variazioni attraverso il tempo e anche a seconda del luogo di impiego. Dai grandi y. a vapore con scafo di ferro, veri piroscafi, e dalle golette oceaniche a più alberi della fine del 19° sec. e principio del 20°, si è giunti ai moderni y. a motore di 50-500 t di dislocamento fino ai motoscafi di più modeste dimensioni e alle golette bermudiane, ai grossi cutters e ketches fino alle stelle e ai dragoni ecc. La forma delle carene varia a seconda che si tratti di unità da corsa, dove tutto è sacrificato alla velocità, oppure di barche da crociera, per le quali prevalgono le qualità marine e una buona abitabilità. Lo scafo, sempre pontato, è in legno di alta qualità e di accurata costruzione per ottenere la massima resistenza con il minimo peso, oppure in speciali leghe di metalli leggeri; si sono sperimentati anche scafi a guscio o semiguscio in plastica. Gli apparati motori, principali o ausiliari, sono a combustione interna, ad accensione comandata o Diesel ad alto numero di giri per guadagnare in peso e in potenza, ma di maneggio semplice e sicuro.