naïf, arte Forma d’arte che non ha un legame immediato con il mondo culturale, sia esso accademico o d’avanguardia, e non s’inserisce neppure in una tradizione di tipo artigianale, distinguendosi anche dal dilettantismo e dalla pittura dei bambini e dei malati di mente. Professata da autodidatti per lo più di modesta estrazione sociale, quest’arte tende a rappresentare gli aspetti comuni della vita quotidiana in una visione poetica e magica della realtà. L’arte n. ha assunto una dimensione storica particolare soltanto dall’inizio del Novecento per l’interesse che ha suscitato in artisti, scrittori e collezionisti.
L’inizio della storia della pittura naïf si apre con l’esposizione, al Salon des Indépendants del 1886, delle opere di H. Rousseau il Doganiere, che occupa certamente un posto notevole per la portata della sua arte. Nota è la sua amicizia con A. Jarry, G. Apollinaire, P. Picasso, i Delaunay; l’arte di Rousseau produsse un’impressione profonda in questi artisti, anche se la sua scoperta era in un certo senso posta sullo stesso piano e suscitava lo stesso fascino delle arti delle popolazioni primitive (non a caso i pittori naïf vengono anche chiamati neo-primitivi o primitivi del 20° sec.).
L’arte n. si è sviluppata in vari paesi. Il critico e collezionista W. Uhde nel 1912 scopriva un’altra pittrice naïf di grande valore, Séraphine de Senlis; subito dopo la Prima guerra mondiale era messa in luce l’opera degli artisti francesi L. Vivin (1861-1936), C. Bombois, A. Bauchant. Nel 1927 a Parigi G. Courteline esponeva, suscitando grande interesse, la sua collezione di pittori naïf; nuove esposizioni in Europa, la donazione della raccolta Uhde, nel 1948, al Musée d’art moderne di Parigi e l’istituzione (dal 1966) di una triennale d’arte n. a Bratislava hanno portato molta fama al mondo dei naïf. Notevole è la scuola iugoslava: sostenuta da K. Hegedušić, annovera, tra gli altri, il croato I. Generalić, M. Virius (1889-1943), E. Feješ (1904-1969), I. Rabuzin (1921-2008) e I. Lacković (1932-2004), che prediligono tematiche sociali del mondo contadino e ricorrono a tecniche tradizionali, come la pittura su vetro. Notevole importanza hanno anche gli statunitensi M. Hirschfield (1872-1946), di origine russo-polacca, e A.M. Robertson Moses (1860-1961), conosciuta come Grandma Moses, lo svizzero A. Dietrich (1877-1957), gli italiani O. Metelli e A. Ligabue (il più celebre), l’olandese S. Meijer (1877-1965), l’haitiano H. Hyppolite (1894-1948). Ancora va ricordata la scultura, dalle realizzazioni complesse e monumentali, come il Palais idéal che il postino francese J.-F. Cheval costruì in più di trent’anni a Hauterives, o le attualissime composizioni del minatore tedesco E. Boedeker (1906-1971).
L’inserimento nel mercato d’arte ha fortemente influito sull’arte n. nei tempi più recenti, insinuando il dubbio sulla genuinità di talune sue espressioni, peraltro condizionate anche dalla comunicazione visiva dei mass media. Il candore dell’arte n. la presenta come testimone del decadimento delle credenze popolari più antiche e radicate, e dell’incomprensione del mondo industriale. Notevole è l’influsso che la dissociazione dalla realtà contemporanea degli artisti naïf, o la loro capacità d’intuirne i valori simbolici e trascendenti, ha avuto sull’arte colta.